«Karl Lagerfeld è stato molte cose: un amico, un artista consumato, un paradosso. Era uno stilista che viveva di attenzioni, ma conduceva anche una vita intensamente privata. Era un intellettuale colto che adorava le luci inebrianti della cultura popolare. La sua scrivania era piena di libri e carta, ma aveva sempre a portata di mano la tecnologia più recente. E, naturalmente, dichiarava che la moda non apparteneva a un museo: doveva guardare avanti, non essere consegnata alla storia». Queste le parole di Anna Wintour, direttrice del mensile Vogue America, per descrivere l’iconico stilista tedesco e la straordinaria ventata di rivoluzione e innovazione che ha portato nel mondo della moda tramite la sua inimitabile personalità e le sue numerose creazioni.

Nella copertina del numero di maggio, Vogue ripercorre la storia di Karl Lagerfeld, il suo lavoro come direttore artistico per importantissime e svariate case di moda quali Chanel, Chloé e Fendi, ma anche la creazione della sua stessa linea di abbigliamento. Si tratta di un portfolio celebrativo finalizzato non solo a rendere omaggio allo stilista ma anche a promuovere la mostra retrospettiva di cui è protagonista presso il Costume Institute del Metropolitan Museum of Art, a New York. Andrew Bolton, curatore del Costume Institute, ha infatti deciso di allestire una nuova esposizione per la primavera 2023 dedicata a Lagerfeld e intitolata Karl Lagerfeld: A Line of Beauty. La mostra presenta circa 150 look del grande stilista con i relativi bozzetti originali e sarà proprio questa a fornire il tema per la prossima edizione del Met Gala, in programma per il 1º maggio.
Per la realizzazione del numero, dieci designer da tutto il mondo sono stati chiamati a disegnare e realizzare dieci look ispirati alla figura di Karl ma soprattutto in grado di rispecchiare i suoi modi irrequieti ma allo stesso tempo eleganti e raffinati, la sua gioia e curiosità e il suo fervido interesse nei confronti di tutto ciò che gli stava attorno. Le incredibili creazioni sono state indossate poi da famosissime modelle tra cui Shalom Harlow, Naomi Campbell, Gigi Hadid e Kendall Jenner. Le foto, firmate Annie Leibovitz, affiancata dal fashion editor Alex Harrington, sono invece state scattate al Grand Palais di Parigi, padiglione espositivo in cui Lagerfeld aveva presentato varie volte le sue collezioni Chanel, ma che è attualmente in fase di ristrutturazione.
Anna Wintour conclude: «Un tributo a Karl è come un tributo alla vita stessa, una celebrazione nella sua forma più pura. Manca molto a tutti noi». Per ognuno degli abiti prodotti, infatti, lo stilista che l’ha ideato rilascia una dichiarazione ricordando Lagerfeld con grande stima e ammirazione. Di seguito ne riportiamo alcune.
Pierpaolo Piccioli, Valentino
«Karl e io ci siamo conosciuti all’inizio degli anni ’90, da Fendi. Era come se una star venisse in ufficio. In un certo senso, ci portava le notizie dal mondo esterno, raccontandoci, per esempio, di come la bruttezza fosse la nuova bellezza. Queste sue affermazioni erano sempre molto acute e venivano enunciate con un tono che non ammetteva dubbi. Da Karl ho anche imparato a non dare mai nulla per scontato. Si può lavorare con tutto. Si può creare con tutto. Sono sempre stato molto colpito dal modo in cui studiava la modernità. Era ossessionato dal nuovo, dall’idea di rappresentare ciò che è contemporaneo. La nostalgia non faceva per lui. Il look che ho creato è direttamente ispirato alle sue parole, alla modernità e alla nitidezza della sua visione».

Donatella Versace
«Karl era un ottimo amico di Gianni: si piacevano molto e si rispettavano. Gianni non era il tipo di persona con molti amici, e nemmeno Karl ne aveva tanti, ma tra loro c’era sintonia. Dicevo sempre a mio fratello: «Ti prego, voglio conoscerlo». Così, una sera, mi portò con sé a casa di Karl, e io rimasi come ipnotizzata. Oggi, la sua è una figura di riferimento per i designer, soprattutto per me. Ci piace il suo spirito ribelle. Metteva insieme cose che non avevano senso, solo per dimostrarti che, invece, potevano avere senso. Non si prendeva troppo sul serio, cosa che è tipica dei geni. Per lui, era come se ogni sfilata fosse la prima. Amava circondarsi di donne, gli davano forza. La loro presenza era molto importante per lui: voleva sapere cosa pensavano di quello che faceva».

Olivier Rousteing, Balmain
«Il mio primo incontro con Karl risale al 2011. “Sei il nuovo ragazzo di Balmain?”, mi chiede. Gli rispondo di sì. E lui: “Anch’io sono stato il ragazzo di Balmain. Benvenuto nella moda”. Un paio di mesi dopo, ci siamo seduti vicini a una cena e abbiamo chiacchierato. Non volevo parlare di lavoro, così gli ho chiesto: “Com’è la vita fuori dall’atelier, Karl, intendo, fuori da Chanel?”. E lui mi ha risposto: “Non farmi questa domanda, perché il lavoro è la mia vita, è il mio amore”. È sempre stato la mia più grande fonte di ispirazione. Non ha seguito la moda, ha creato la moda e l’ha collegata alla cultura pop. Karl è stato il pioniere assoluto di tutto ciò che cerchiamo di fare oggi. E non ha mai smesso di essere curioso della vita. Il look che ho creato è un omaggio a lui. Ho studiato quello che faceva da Balmain: enfatizzare la vita sottile, le spalle larghe, giocare con i bottoni».

Chitose Abe, Sacai
«Karl era solito dire: “La moda non è arte, è business”. Da quando sono al timone di Sacai, ho sempre tenuto a mente queste sue parole. Al giorno d’oggi, il lavoro di uno stilista non consiste solo nel disegnare abiti, e questo è qualcosa che Karl aveva capito molto tempo fa. Era come un cyborg della moda. È sempre stato un grande stilista, ma era anche bravo a creare la sua immagine. Quando si pensa a Karl, si pensa a una camicia bianca, a volte a una cravatta e a gioielli dal disegno nitido. Ho cercato di catturare il suo stile, non di riprodurlo, ma di ibridarlo con l’estetica di Sacai e di trasformarlo in un abito elegante».
