Il primo passo avvenne durante il regime fascista, per poi proseguire nel dopoguerra, fino al XX secolo… tutto è cambiato con l’arrivo della pandemia e quest’anno ci sono state nuove trasformazioni. L’esame di Stato ha cambiato più volte connotati, ma lo scorrere del tempo non ha intaccato le finalità dell’esame: saggiare le competenze dei futuri diplomati.

La prima Maturità nasce ai tempi di Mussolini
Nel 1923 ha visto la luce il primo esame di Maturità, grazie al Ministro dell’Istruzione del tempo, Giovanni Gentile. Il cosiddetto ‘padre’ dell’esame di Stato pensò subito a una tipologia molto rigida, diremmo quasi inconcepibile per i maturandi di oggi. Infatti, a quei tempi, le prove scritte erano ben quattro e la prova orale copriva il programma scolastico dell’intero triennio. A complicare ulteriormente l’esame, la commissione d’esame era formata da soli membri esterni, spesso docenti universitari. E per questo motivo durante il periodo fascista c’è stata un’alta percentuale di studenti bocciati.
La prima trasformazione avviene durante la Seconda Guerra Mondiale

Nel 1937 l’esame subì il primo cambiamento. La modifica si concentrò in particolare sui programmi scolastici oggetto delle prove finali, che si ridussero a quelli dell’ultimo anno.
Con l’avvicinarsi del conflitto mondiale le novità inaspettate arrivarono anche per l’esame di Stato: l’Italia stava per entrare in guerra e il Ministro dell’Educazione Nazionale (così si chiamava il dicastero che si occupava del mondo dell’istruzione) Giuseppe Bottai, apportò un’altra variazione all’esame, senza dubbio a favore degli studenti, molti dei quali erano scossi dal periodo delicato: la commissione d’esame divenne interna, ad eccezione del presidente e del vicepresidente. Poi, durante il conflitto, l’esame venne ridotto ad un semplice scrutinio di fine anno.
Nel Dopoguerra torna la Maturità Gentile

Nel periodo successivo al conflitto, il ritorno alla “normalità” fu senza dubbio traumatico per molti maturandi. Infatti nel 1951 il ministro Guido Gonella decise di far ritornare l’esame firmato Gentile, con quattro prove scritte e una prova orale. Ci furono comunque delle modifiche per quanto riguarda la commissione perché furono inseriti anche membri interni e il contesto dell’esame fu limitato ai programmi del quarto e quinto anno del quale occorreva conoscerne solo i punti più importanti.
La Maturità targata Sullo: l’esame più longevo di sempre
Nel 1969 il Ministro fiorentino Sullo, propose un esame durato fino al 1996: circa trent’anni. Inizialmente fu inteso come un esperimento, ma in seguito fu accolto come una norma definitiva. Questo tipo di esame prevedeva una commissione prevalentemente esterna con la presenza di un solo membro interno, due prove scritte e due materie all’orale, di cui una scelta dallo studente. Il voto veniva espresso in sessantesimi.
Con Berlinguer arrivano il “quizzone” e la commissione mista
Dal 1996 al 2002 rimane in vigore la maturità ideata da Sullo, fino a quando il Ministro Luigi Berlinguer volle mandarla in pensione, introducendo quella che negli anni successivi sarebbe stata conosciuta come la “Maturità del quizzone”.

L’esame ideato e progettato da Berlinguer durò a lungo. Si trattava infatti di una formula equilibrata, che preannunciò alcuni elementi diventati dei pilastri delle Maturità successive. Tra questi il credito scolastico, ovvero la parte del voto finale ottenuta dalla media scolastica degli ultimi tre anni, che all’inizio ammontava a un totale di 20 punti. Non meno importante fu l’introduzione di quattro diverse tipologie di traccia nella prima prova di italiano: analisi del testo, saggio breve, tema di ordine generale e tema storico.
L’esame Berlinguer è ancora oggi ricordato per la famigerata terza prova, meglio conosciuta come “quizzone”. Si trattava di una prova scritta a carattere multidisciplinare, composta da varie domande sui programmi di tutte le materie del quinto anno. Anche l’orale, incentrato solo sulle materie del quinto anno, fu facilitato con la stesura di una tesina multidisciplinare, realizzata a piacere dai singoli candidati. La commissione divenne “mista”: tre membri interni e tre esterni, senza contare il presidente esterno. Infine, cambiò anche il punteggio: come scala di valutazione, si passò dai sessantesimi ai centesimi.
Primi anni duemila: dal 100 e lode al giudizio di ammissione

Tra il 2002 e il 2006, il Ministro Letizia Moratti apportò delle modifiche alla composizione delle commissioni. Era composto da tutti membri interni, lasciando solo il presidente come esterno. Negli anni seguenti il numero massimo dei crediti attribuibili in base alla carriera scolastica si alzò da 20 a 25 punti e fu introdotto come voto il 100 e lode (fino a quel momento il punteggio più alto era 100/100).
Da non dimenticare sono senz’altro le controversie sui criteri di accesso all’esame, con l’introduzione del ‘giudizio di ammissione’. In questo periodo l’Italia è stata funestata da due devastanti terremoti nella stagione primaverile (Abruzzo 2009 ed Emilia Romagna 2012): nei territori più colpiti la Maturità fu solo orale.
2017: benvenuto PCTO, addio alla tesina e al quizzone
Il 2016 volgeva alla conclusione e, come sorpresa per il nuovo anno, ecco un nuovo stravolgimento dell’esame di maturità. Il Ministro Valeria Fedeli eliminò, per la gioia di numerosi studenti, la terza prova e la tesina all’orale. Furono aumentati i valori del credito scolastico raggiungibili nel corso dell’ultimo triennio da 25 a 40 punti. Un cambiamento ci fu anche per i criteri di ammissione all’esame: per accedere alle prove finali è necessario avere la sufficienza in tutte le materie, oltre che ad avere un buon voto in condotta.

Un nuovo requisito fu introdotto con la legge 62/17 l’ex Alternanza scuola-lavoro, quella che oggi conosciamo come PCTO. Prevede lo svolgimento di un tirocinio nel corso del triennio finale delle superiori. Per ultime arrivano le prove INVALSI, il cui voto vale per l’ammissione.
Tornando all’esame in sé, gli scritti diventano solo due. Nel primo, al posto del saggio breve, subentra il testo argomentativo, mentre si sdoppiano le tracce del tema di attualità e di analisi del testo. La seconda prova invece diventa multidisciplinare, con la possibilità di dover affrontare ben due materie di indirizzo nello stesso compito. Infine, durante il colloquio, il candidato è chiamato a esporre le competenze maturate durante il percorso di Alternanza Scuola-lavoro, oltre che ad una riflessione su Cittadinanza e Costituzione (oggi Educazione Civica).
L’esame viene però ricordato soprattutto per la pratica delle famose “buste”, un’innovazione che consisteva nel far sorteggiare allo studente una di tre buste preparate dai professori, contenenti lo spunto da cui partire per l’interrogazione orale. Questa innovazione fu causa di numerose proteste da parte degli studenti e per questo motivo fu eliminata al termine dello stesso anno dal Ministro “lampo” Fioramonti del Governo Conte II, a cui dopo pochi mesi subentrò il Ministro Lucia Azzolina.

Arriva la pandemia: l’esame si riduce al maxi-orale con elaborato
Il 2020 si è aperto con una novità non poco rilevante: la pandemia Covid-19. La conseguente emergenza sanitaria ha spinto infatti il Ministero dell’Istruzione a “correre ai ripari”.
Per due anni un maxi-orale ha sostituito le prove scritte, che ha assegnato fino a 40 punti, giudicato da una commissione di tutti membri interni, eccetto il presidente. Tutto il resto del voto, fino ad un massimo di 60 punti, è venuto dai crediti scolastici. Queste novità furono introdotte da Azzolina e confermate dal suo successore Patrizio Bianchi. L’unica differenza era la possibilità di non essere ammessi all’esame, tolta però nel 2020.
Con il 2022 ritornano le prove scritte, ma le commissioni rimangono interne
L’anno 2022 vide la fase conclusiva della pandemia. Questa situazione mise il Ministro Bianchi di fronte a un bivio: o il proseguimento sulla strada del solo colloquio orale oppure ritornare all’impianto vigente del 2019. Venne scelta una via di mezzo, con il ritorno delle prove scritte ma con alcune “facilitazioni” per i maturandi. Solo la prima prova, quella di Italiano, ha avuto carattere “nazionale” (uguale per tutti gli studenti).

Il secondo scritto, quello sulle materie d’indirizzo, è stato invece predisposto dai docenti titolari della materia oggetto della prova, presenti nelle singole commissioni, che hanno continuato a essere tutti interni (tranne il Presidente). L’interrogazione è stata quella che, probabilmente, ha assunto di più le sembianze della versione pre-pandemia. In più è stato ridotto il peso delle prove: quella di italiano ha avuto un valore di 15 punti, la seconda prova solo di 10, mentre il colloquio orale poteva portare massimo 25 punti. Il ministro ha dato invece grande valore al credito scolastico, che ha contribuito al voto di diploma fino a un massimo di 50 punti.
Maturità 2023: i cento anni dell’esame all’insegna della “normalità”

Ormai è quasi terminato il percorso liceale per gli attuali maturandi. L’emergenza sanitaria è oggi solo un ricordo, motivo per cui l’attuale titolare del Ministero dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha optato per un ritorno definitivo alla “normalità”. Quello di quest’anno è infatti un esame completo che riprende la legge del 2017. Il peso del credito scolastico torna quello regolare (40 punti); alla prima prova “nazionale”, con sette tracce relative a tre diverse tipologie di compito, si accompagna la seconda prova, anch’essa uguale in tutta Italia per i vari indirizzi.
Infine vi è il colloquio orale, durante il quale i candidati dovranno affrontare un’interrogazione a partire da uno degli spunti presentati dalla commissione. Gli insegnanti riservano lo spazio, come prevede la norma, anche alla relazione sull’esperienza del PCTO e alla riflessione su un tema di Educazione Civica. A comporre la commissione d’esame saranno tre membri esterni e tre membri interni, con un Presidente esterno.