Da ormai 49 anni i Volontari della Protezione Civile assistono la popolazione italiana in caso di emergenza nazionale sia collettiva sia individuale, come la recente alluvione in Emilia-Romagna oppure la ricerca di persone disperse durante un’escursione. Molti italiani però non immaginano quanti uomini e donne si mettano a disposizione per il bene della comunità e come funzioni questo organo gigantesco e molto importante.
Abbiamo avuto la possibilità di parlare con Luca Brandiele, coordinatore generale della Protezione Civile ANA della provincia di Verona, insieme a Gianfranco Lorenzoni, capo squadra, e Roberto Pilastro, amico degli alpini, in occasione della Montefortiana, a Monteforte d’Alpone.
Come nasce la Protezione Civile?
La Protezione Civile come la conosciamo oggi non esisteva fino al ’76, quando c’è stato il terremoto del Friuli. Da quella tragedia sono state messe le basi che negli anni hanno portato a questa realtà e che, allora, non era coordinata e non era gestita. Così si è iniziato a predisporre un’organizzazione per aiutare i civili, quindi una struttura ben oleata, e siamo arrivati nel 2025 ad essere una bella realtà dove le emergenze sono gestite meglio.
Come funzionano le chiamate di soccorso?
Le chiamate di soccorso sono di vario tipo, per esempio in caso di ricerca di persone scomparse, l’attivazione viene fatta dalla Prefettura, invece in caso di un’emergenza legata al territorio, come un alluvione, la criticità viene gestita dai sindaci stessi dei comuni, insieme sempre alla Prefettura. Poi a seconda della tipologia di richiesta vengono attivate le varie squadre: ad esempio, in caso di terremoto i primi ad essere chiamati sono i cinofili, seguiti subito dai settori logistici che seguono l’assistenza alla popolazione (allestimento di campi, mezzi, tende ecc.). Per tutto questo è necessario un centro di coordinamento, il COC, che attraverso personale specializzato coordina personale, mezzi ed attrezzature.

Qual è la differenza tra Protezione Civile ANA e non?
Vi è una legge nazionale che obbliga ogni singolo Comune ad avere una squadra di riferimento che può essere una realtà locale, come per San Bonifacio, oppure che può essere una realtà nazionale, come noi Alpini. Le squadre locali in genere si occupano di criticità all’interno del proprio territorio e per poter operare al di fuori devono avere il permesso della provincia, mentre noi ANA siamo più liberi da questo punto di vista. Quando vi è un’emergenza regionale o nazionale, noi veniamo attivati subito, mentre loro hanno tempi un po’ più lunghi. Questa è la differenza sostanziale. Ovviamente ci possiamo muovere sempre con il benestare della Regione dato che ogni attività deve essere comunicata a questa. Come un sistema piramidale, la Protezione Civile ANA della provincia di Verona fa riferimento al Terzo Raggruppamento del Triveneto, il quale fa riferimento al Coordinamento Nazionale della Protezione Civile



Che tipo di specializzazioni ci sono all’interno della Protezione Civile?
La Protezione Civile ANA di Verona è divisa in 15 squadre distribuite su tutto il territorio provinciale. Alcune specialità sono: i Cinofili, che sono squadre di ricerca, che operano con l’aiuto di cani addestrati; il Volo, attrezzati di droni per la ricerca; le Trasmissioni, che allestiscono i ponti-radio; i Rocciatori, che sono specializzati nel recupero e sulla messa in sicurezza del territorio, come in caso di alberi pericolanti e frane. Abbiamo poi gli Antincendio Boschivo che dipendono dalla Regione e che sono un supporto per i Vigili del Fuoco, e tanti altri. Una novità sono i SAF, che sono squadre attrezzate per il soccorso in acqua.

Come sostenete le varie attività?
Ogni squadra è autonoma. I vari Comuni riconoscono un contributo per la gestione della propria squadra. Ci sono poi dei bandi regionali o nazionali a cui possiamo accedere e abbiamo anche dei contributi da privati. La maggior parte dei mezzi sono sotto la responsabilità delle varie squadre. A livello di Terzo Raggruppamento spesso ci sono contributi più consistenti che arrivano dal Dipartimento della Protezione Civile, per acquisti come camion o autopompe.
Ogni volontario ha in dotazione una divisa e dispositivi di sicurezza, mentre la squadra è attrezzata con automezzi come furgoni, fuoristrada ecc. Attrezzatura specializzata come carrelli con motopompe, escavatori, camion e mezzi molto più imponenti. Il tutto dipende soprattutto dalle principali emergenze territoriali.
Cosa spinge una persona a diventare volontario protezione civile ANA?
Credo di parlare a nome di molti dicendo che si tratta di spirito di altruismo. Noi crediamo in quello che facciamo per il prossimo ed è questo che caratterizza la nostra Protezione Civile. Credo ci vogliano anche cuore e passione o comunque un qualcosa che devi sentire dentro. Ovviamente è una cosa molto personale.

Come fate a convincere i giovani a diventare volontari?
Non c’è più quel cambio generazionale che avveniva quando vi era il periodo di servizio di leva obbligatoria (NAJA) e ciò porta quindi a un calo di adesioni. Una delle idee che è maturata nel tempo è stata cercare di coinvolgere i giovani con i campi scuola, che sono di due fasce, organizzate in base all’età: la fascia dei giovanissimi, dai 14 ai 16 anni, e quelli dai 16 ai 24 anni. I più grandi vivono esperienze di convivenza di 15 giorni durante i quali vivono un qualcosa di simile alla leva obbligatoria (quindi gli orari, l’alza bandiera, il rispetto, la pulizia, le attività ecc.). Mentre nei campi scuola dei giovanissimi l’approccio è più giocoso, però sempre facendo conoscere le varie realtà.
L’obiettivo è di far comprendere che un domani avranno la possibilità di entrare in questa realtà ed essere utili al prossimo e a tutta la loro comunità.












