Dal campo alla direzione AIP: chi è Federico Centomo

Una carriera che unisce sport, studio e impegno per il futuro dei professionisti: conosciamo insieme il veronese che ha cambiato il futuro della pallavolo italiana.

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L’AIP, Associazione Italiana Pallavolisti, nasce nel 2020 con l’obiettivo di rappresentare e tutelare gli atleti e le atlete di pallavolo e beach volley. Tra i suoi membri spicca la figura di Federico Centomo, ex pallavolista italiano, che nel settore veronese è cresciuto e si è formato, fino ad arrivare a giocare nella massima serie. Dopo essersi ritirato dal mondo dell’attività agonistica, Federico ha intrapreso un nuovo percorso nel mondo sportivo-istituzionale, battendosi per i diritti dei giocatori, ottenendo il ruolo di Segretario generale di AIP.

L’abbiamo quindi intervistato per porgli qualche domanda riguardo all’Associazione Italiana Pallavolisti e alla sua esperienza in Serie A.

Perché è stata creata l’AIP e a quali necessità risponde?

L’AIP nasce nel giugno 2020, dopo mesi e mesi di call via Zoom, dato che ci trovavamo in piena emergenza Covid19, a seguito della nascita dei primi problemi tra i pallavolisti per il taglio degli stipendi, a causa della chiusura dei campionati. I giocatori hanno cominciato a capire che erano completamente privi di ogni diritto: già tre anni prima, avevo sollevato questo importante tema, quindi qualche giocatore che conoscevo si è ricordato di questo discorso e vari mi hanno contattato, dicendomi che c’era bisogno di fare qualcosa. Era marzo 2020 quando abbiamo cominciato ad incontrarci in due-tre: siamo poi diventati dieci, venti, coinvolgendo prima la Serie A3, poi la Serie A2 e la Serie A1 maschile. Una volta fatto ciò, abbiamo coinvolto le ragazze, contattandole sempre via Zoom a piccoli gruppi: da qui sono nati vari confronti accesi e dibattiti sulla possibilità di fare qualcosa, quando e perché. Abbiamo capito che era importante creare un qualcosa insieme, uomini e donne, perché anche gli uomini possono parlare di maternità, è un tema che deve essere condiviso e sostenuto da entrambi. AIP nasce ufficialmente il 26 giugno a Roma, abbiamo anche fatto un’emozionante video che si può trovare su Youtube. Inoltre, noi soci fondatori avevamo dalla nostra parte anche Damiano Tommasi, all’epoca Presidente dell’Associazione Italiana Calciatori, il quale ha spiegato più volte ai più giovani perché questo progetto fosse così importante.

Un articolo giornalistico sulla nascita di AIP e il ruolo di Centomo

Ovviamente le necessità di allora, rispetto ad ora, sono cambiate tantissimo: nel 2020 vi era il Covid19 e tutte le questioni ad esso legate. Fin da subito siamo intervenuti, aiutati anche dalle istituzioni non pallavolistiche (quindi governative): siamo stati accolti dal ministro Spadafora e in seguito abbiamo collaborato con il governo sulla questione del lavoro e dell’abolizione del vincolo sportivo. In pochi anni, non parliamo più di dilettantismo, di professionismo o di mancanza di diritti, ma oggi la pallavolo, come tanti altri ambiti sportivi, è finalmente parte del mondo del lavoro: esiste quindi il lavoro sportivo, grazie anche al nostro contributo e a quello di molte altre associazioni atleti, dal calcio al basket, al rugby. 

I membri dell'Associazione italiana pallavolisti alla sua nascita, nel giugno del 2020
I membri dell’Associazione italiana pallavolisti alla sua nascita, nel giugno del 2020

L’abolizione del vincolo sportivo è stato un altro tema molto importante, e le necessità sono continue, poiché i diritti del mondo del lavoro finalmente hanno riconoscimento.

Parliamo poi di mondo dello sport, di possibilità di studiare finché si fa sport, di essere in grado di smettere di fare sport e inoltrarsi nel mondo del lavoro, avendo la certezza di una buona preparazione, dato che è una tipologia di vita completamente differente. Si parla di maternità per le atlete, dove finalmente siamo riusciti a far cambiare le cose, per quanto possibile, sia grazie al governo del ministro Lotti, che ha fatto un programma specifico, sia grazie alla Federazione, che ha aggiunto 500 euro in più rispetto ai 1000 euro che il governo prevedeva. Insomma, ci sono tante questioni: siamo super attivi e ancora adesso abbiamo un rapporto molto importante con la UIL, uno dei tre sindacati principali d’Italia, con la quale collaboriamo per portare avanti determinate situazioni nel mondo del lavoro sportivo. 

Quali progetti sono stati portati avanti, in questi cinque anni, dall’Associazione? 

Durante tutto questo periodo abbiamo lavorato in relazione strettissima con le istituzioni nazionali, governative e anche europee, dato che siamo dentro l’Associazione europea degli atleti. In tutto ciò AIP rappresenta una piccola startup: noi attualmente ci stiamo strutturando e quando è possibile (in base alla sostenibilità economica) giriamo l’Italia facendo dei tour nelle squadre di Serie A.

Inoltre, abbiamo aderito a un progetto europeo sul match fixing, volto al dire no alle scommesse all’interno del mondo sportivo, soprattutto per gli atleti, in modo che non scommettano sul proprio sport. Un ulteriore progetto riguardante il post-carriera sportiva si chiama “Match Point”,  e lo abbiamo realizzato insieme a Gi GroupAIC (Associazione Italiana Calciatori), AIR (Associazione Italiana Rugbysti) e GIBA (Giocatori Italiani Basket Associati).

I pallavolisti sono riusciti ad essere maggiormente riconosciuti come atleti, anche sotto il punto di vista retributivo? Quanto ancora bisogna lavorare per permettere ciò?

Come ho già accennato, ora che esiste il lavoro sportivo chiaramente tutto il mondo dello sport deve entrare in una nuova era e in una nuova mentalità per cui tutto quello che esisteva prima, bello o brutto che sia, va completamente resettato. Ad oggi, le cose sono sicuramente cambiate, anche grazie all’esistenza di una legge che norma, tramite la trasparenza, il comportamento sia degli atleti, ma soprattutto dei dirigenti e delle società, il che è già un grande cambiamento. Dato che AIP è un’associazione molto recente, sicuramente serve del tempo per entrare nel meccanismo, per capire come predisporre tutto, ma è già un paio di stagioni che siamo entrati dentro questo mondo e, piano piano, stiamo cercando di informare tutti i possibili interessati su come comportarsi. Un argomento che non ho trattato è il fatto che, essendo ora il lavoro sportivo riconosciuto a livello statale, esso finalmente fa anche parte del mondo contributivo e fiscale. Ciò significa che, fino a prima del riconoscimento del lavoro sportivo, gli atleti non mettevano via un centesimo per la pensione o nelle tasse; invece, ad oggi, come dovrebbe essere normale nel mondo del lavoro, si parla di previdenza, di diritti e chiaramente anche di doveri. Sta poi al singolo atleta avere la capacità di mettere da parte il necessario. In realtà anche lo Stato avrà per metà un gettito fiscale che fino a prima del lavoro sportivo non possedeva, proprio perché a livello nazionale nessuno aveva idea di quanti fossero, non solo nella pallavolo ma in qualsiasi settore, i lavoratori sportivi, includendo anche chi insegna in palestra, chi fa attività, e molto altro. Oggi finalmente si arriva a normare questo mondo. 

Le parole di Federico hanno scatenato un vero e proprio dibattito su Facebook
Le parole di Federico hanno scatenato un vero e proprio dibattito su Facebook

La tua carriera in Serie A: ci potresti raccontare la tua esperienza e i motivi del tuo abbandono ancora così giovane?

È complicatissimo spiegarlo, ma ci provo: tieni conto che ho fatto tre anni di Serie A nella mia città come secondo libero, dal 2012 al 2015, se non ricordo male. È stata un’esperienza incredibile, però avevo cominciato nel 2011, quindi un anno prima, a studiare all’università Giurisprudenza; ho fatto una fatica infinita a riuscire a conciliare le due cose al punto che, nella stagione 2016-17, sono riuscito, insieme a Simone Anzani (un mio compagno di squadra), a far capire all’Università di Verona quanto fosse importante non tanto agevolare gli studenti atleti ma per lo meno dare loro degli strumenti aggiuntivi. Infatti, non era sostenibile frequentare l’università finché ci si allenava e sessioni d’esame che si svolgevano spesso nei periodi di trasferta. Siamo quindi riusciti a portare a Verona il progetto di Dual Career di Academic Coach. Dopo tre anni ho deciso di smettere: è un bellissimo mondo, con tantissimi ragazzi che ti chiedono foto e fan con richieste di autografi, ma dovevo pensare al mio futuro. Ho quindi preferito smettere e dedicarmi all’università: con estrema fatica sono riuscito poi a laurearmi, facendo una tesi proprio sul mondo della pallavolo e sulla necessità di riconoscere il lavoro sportivo nel sistema italiano. Inoltre, avevo visto le crisi di alcuni miei compagni di squadra, anche molto famosi, che arrivati a fine carriera non avevano idea di cosa fare, e da lì mi ero fatto delle paranoie.

Sull’esperienza in Serie A posso dire sicuramente tanto, poi, essendo rimasto nella mia città, ho cercato di fare il possibile, giocavo poco ma cercavo di promuovere questo sport al massimo. Durante questo periodo, ho conosciuto un sacco di gente da tutto il mondo, ho tuttora delle ottime relazioni di amicizia con giocatori dalla Spagna e dalla Bulgaria con cui ancora mi sento. Anche aver avuto come allenatore un uomo come Giani mi ha lasciato tanto: con lui sono in contatto per molte questioni. Non pensavo poi di rimanere nel settore pallavolistico in questo senso, ma ho giocato un paio di anni in Serie B, poi l’ho abbandonato del tutto perché avevo bisogno di staccare da questo mondo. In seguito è venuto il Covid19 nel 2020, AIP è nata a giugno dello stesso anno e oggi, 2025, sono segretario generale sin dalla nascita e socio fondatore insieme a molti altri. Il percorso che ha portato alla creazione di AIP è sicuramente bellissimo, dato che è un progetto creato interamente da noi: è come se questa fosse una vera e propria start-up. Siamo inoltre riconosciuti ufficialmente da un annetto nel sistema federale FIPAV, il che non è stato per nulla semplice, ma ci ha permesso di percorrere nuove strade con progetti e maggiori possibilità di movimento.

Sono anche cresciuti i numeri degli associati: ormai siamo più di 1500, perciò è anche una responsabilità procedere bene, ma è tutto molto stimolante. Questo non è il mio lavoro, mi interesso anche di altro: è come se fossero stati cinque anni di “volontariato”, ma resta l’idea di crescere e strutturarci sempre di più.

Articolo di giornale che parla dell'addio alla Serie A di Centomo

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