E’ morto divorato dalle fiamme Aldo Diallo, un uomo di 35 anni di origine senegalese, rifugiatosi tra quelle tende in attesa di essere trasferito in un centro di accoglienza. I carabinieri di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria, stanno indagando per accertare l’origine del rogo, verosimilmente scaturito da un piccolo falò acceso da alcuni migranti con l’intento di riscaldarsi dal freddo. Nell’incendio sono rimaste bruciate anche una ventina di baracche.
Dall’inizio del 2018 è il terzo incendio che avviene nella baraccopoli di San Ferdinando; nei due precedenti sono morti altri due ragazzi migranti. Tra le possibili motivazioni, spiegano carabinieri e abitanti del luogo, oltre a quella di un incidente, c’è anche una possibile rivalità tra i migranti che vivono nel campo improvvisato. Da parecchi mesi, infatti, molti degli abitanti della baraccopoli chiedono al comune di essere trasferiti in posti più sicuri e dignitosi.
Questa baraccopoli, gioverà ricordare, era stata costruita per ospitare i braccianti che lavoravano nei vicini agrumeti della piana di Gioia Tauro; questi – piuttosto che tornare a casa – preferivano restare vicini al proprio posto di lavoro, rimanendo a dormire in alloggi di fortuna. Nel 2014, quando i braccianti avevano oramai abbandonato questi luoghi, il comune calabrese aveva disposto la rimozione delle baracche. La qual cosa però non avvenne, in quanto la baraccopoli fu progressivamente occupata dai migranti che nel frattempo si erano riversati nella zona per svolgere anche loro i lavori nei campi.
“Sgombereremo la baraccopoli, l’avevamo promesso e lo faremo, anche perché illegalità e degrado provocano tragedie come quella di poche ore fa. Basta abusi e illegalità”, ha dichiarato il ministro dell’Interno Matteo Salvini.