Tutto è iniziato il 31 ottobre 2018, quando Extinction Rebellion UK ha «dichiarato ribellione» – così si legge in un documento pubblicato sulla sua pagina Facebook – «al governo britannico». Il motivo? «Grave inazione di fronte alla crisi ecologica e al cambiamento climatico». È stato questo a muovere il gruppo ambientalista all’interno della capitale britannica.
La cosiddetta ribellione è iniziata con una marcia di protesta a cui hanno aderito anche molti civili, ma appena arrivati a Westminster i manifestanti si sono fermati e hanno occupato le due strade principali della zona: è come se avessero bloccato l’intera zona fiera di Verona al traffico di macchine, autobus, taxi e, se ci fosse, anche la metropolitana. L’enormità di questo evento ha attivato moltissimi reparti della London Police, le forze dell’ordine londinesi, che hanno effettuato circa 800 arresti durante il corso della manifestazione.
Il 21 aprile, il sindaco di Londra Sadiq Khan ha chiesto di allentare la presa con un comunicato ufficiale: «Condivido la passione in nome del cambiamento climatico di coloro che stanno manifestando», ha scritto, «e supporto il diritto democratico a protestare in modo pacifico e rispettoso della legge, ma tutto questo ha un costo per la nostra città». Il suo intervento ha spinto moltissime fra le persone presenti a tornare a casa, altrettanti però sono rimasti fermi su quelle strade.
I londinesi sono stati i più colpiti da questi eventi. Strade bloccate, comunicazione difficoltosa, anche camminare per andare a lavoro diventa complicato e il malcontento inizia farsi sentire. Non risulta difficile credere che alcuni scontri verbali fra i manifestanti e chi invece era contrario sia finito in litigi fisici, che ha richiesto un numero sempre maggiore di forze dell’ordine provenienti anche fuori da Londra.
Ora la situazione si è stabilizzata, ma ciò dimostra come questo problema sia al centro dell’attenzione dei giovani di oggi, che pensano al loro futuro e al modo per migliorarlo.