Una lettera, datata 13 febbraio 1524, inviata a Ludovico Ariosto da parte del duca Alfonso I d’Este: è questa la scoperta effettuata a Verona, dove all’interno di una libreria era stata collocata nel reparto dedicato alla vendita di antiquariato e in seguito offerta all’Archivio di Stato di Modena per 15mila euro.
La direttrice dell’Archivio, dopo aver riconosciuto l’entità del documento, aveva avvisato la scuola archivistica di Roma. La segnalazione è arrivata anche alla Procura di Verona che si è subito attivata con la Direzione Generale Archivi e con il Ministero della Cultura.
La lettera è stata sottoposta a una perizia con il fine di verificare l’autenticità del documento. La verifica ha avuto esito positivo ed è stata definita “bene culturale proprietà inalienabile dello Stato”.
Ricostruendo i precedenti passaggi di proprietà di questo bene, è risultato che era stata acquistata per 250mila sterline da un privato all’asta di Sotheby’s negli anni ‘70 per poi comparire nella libreria cinquant’anni dopo.

L’Indagine
La lettera è stata intercettata a Verona, dove una libreria l’aveva collocata nel reparto dedicato alla vendita di antiquariato e in seguito offerta all’archivio di stato di Modena per 15mila euro. La direttrice, dopo aver riconosciuto l’entità del documento,aveva avvisato la scuola archivistica di Roma. La segnalazione arrivò anche alla Procura che collaborò con la Direzione Generale Archivi e con il Ministero della Cultura.
La lettera è stata sottoposta a una perizia con il fine di verificare l’autenticità del documento. La verifica ha avuto esito positivo ed è stata definita “bene culturale proprietà inalienabile dello Stato”.
Ricostruendo i precedenti passaggi di proprietà di questo bene, è risultato che era stata acquistata per 250mila sterline da un privato all’asta di Sotheby’s negli anni ‘70 per poi comparire nella libreria cinquant’anni dopo.
Il contenuto
In questo documento il duca riferisce ad Ariosto di aver catturato il sicario autore di un omicidio avvenuto poco prima e di averlo successivamente rinchiuso nelle carceri con i ferri alle caviglie. In seguito informa il destinatario del messaggio di pensare alla soluzione del problema del clero corrotto in Garfagnana, che accoglie banditi all’interno delle proprie canoniche proteggendoli.
Per capire meglio il contenuto di questo documento bisogna dire che a quell’epoca l’autore de l’Orlando Furioso svolgeva il ruolo di commissario generale in Garfagnana che, come accennato, rappresentava una zona turbolenta e di conseguenza complicata da tenere sotto controllo a causa della presenza di briganti al servizio di signorotti locali.