«Lo ricordo sempre con il sorriso». Così Davide Boifava, direttore sportivo di Marco Pantani alla Carrera Jeans durante i suoi primi anni di professionismo, parlando ai nostri microfoni a seguito della vendita all’asta dei cimeli che Pantani aveva donato alla Mercatone Uno. «Gli scalatori sono sempre stati nel cuore della gente, era da anni che non si vedevano più le imprese che faceva Marco, questo lo rendeva così amato». Lo scatto in salita, gli avversari che si staccano, il traguardo che in molti casi dista chilometri, il rischio nell’attaccare da lontano, ecco gli elementi che lo rendevano speciale.

Famosa la frase di Pantani all’incontro che i due ebbero per firmare il primo contratto da professionista: «Il contratto mi va bene… ma se vinco una tappa al Giro, se vinco una tappa al Tour…». Parole che sbalordirono Boifava; un ragazzo proveniente dai dilettanti che faceva questo tipo di affermazioni rischiava di apparire come un montato, ma il DS precisa «Era un ragazzo che sapeva dove voleva arrivare, aveva delle doti eccezionali e ne era consapevole. Non era un ciarlatano, parlava poco e andava subito al concreto».
Poi il racconto di un aneddoto risalente al Giro del 1994, palcoscenico delle prime vittorie di Pantani e importante proprio per sottolineare questo aspetto della persona di Marco: «Ricordo la sera del giorno in cui ha vinto a Merano la sua prima tappa. Lui mi fa: “direttur”, domani, altra vittoria. E io rispondo: ma dai Marco, stai tranquillo, poi ci pensiamo. Il giorno dopo vinse la sua seconda tappa staccando Miguel Indurain».

Quando gli chiediamo di tutte le attenzioni che sono state e che vengono riservate a Pantani dal giorno della sua scomparsa, ci fa notare un aspetto che, probabilmente, coloro che sono appassionati di ciclismo avevano già percepito: «Non so quante persone scrivono libri su di lui. Ne ho guardati molti di questi; sono tante le persone, con cui io neanche ho parlato, che riportano mie dichiarazioni copiandosi uno con l’altro; perché chi scrive su Pantani pensa sempre di vendere tanto; questo è molto triste. Purtroppo vediamo continuamente questa schiera infinita di opportunisti che rovinano la genuinità della figura di Pantani, approfittano del grande affetto delle persone».
Interessante un altro racconto di Boifava, risalente al 2003, che sottolinea tutto questo grande attaccamento nei confronti di Marco; erano gli anni difficili di Pantani, dopo la controversa squalifica del Giro 1999 e la batosta dal punto di vista del morale che ne era conseguita, nell’anno 2003 era tornato ad ottenere buoni risultati al Giro. «Era l’ultimo anno che ho gestito la Mercatone Uno con Marco; c’era Simoni in maglia rosa; quando arrivavamo alla partenza delle tappe, il nostro pullman era assediato dai tifosi: anche se c’era Simoni, correvano tutti da Marco. Gli volevano ancora più bene degli anni in cui aveva vinto il Giro e il Tour».
Boifava ci racconta infine uno degli episodi che ricorda più volentieri: «A fine 2002 vado a Imola e mi propongono di gestire la squadra per il 2003. Io rispondo: vediamo cosa dice Marco. Chiamiamo Marco, che era all’estero. Come dico “pronto”, ciao Marco, lui risponde: ah Davide sei tu? Non dirmi che l’anno prossimo vieni a fare la squadra, allora domani prendo l’aereo e torno subito».

Parlando con Davide Boifava, oltre a renderci conto della persona stupenda che stavamo ascoltando, abbiamo capito l’aspetto più importante che dovremmo ricordarci di Marco Pantani: molti vogliono creare il mito, vogliono creare l’eroe, perché alla gente piace sentire il sovrannaturale e lo si vede molto frequentemente; spesso viene quasi rimosso l’elemento umano che contraddistingueva i personaggi famosi che sono scomparsi, ancora di più se essi ci hanno lasciati giovani; ma Marco dovremmo ricordarlo in modo diverso, dovremmo apprezzare i racconti, guardare le immagini, i filmati, semplicemente ricordandoci che era un ragazzo unico e straordinario, che attraverso la sua semplicità rendeva memorabili le sue imprese.