La giornata della Memoria, celebrata ogni 27 gennaio, ricorda i milioni di ebrei deceduti nei campi di sterminio nazisti. Ci fa ripensare alla grande speranza e alla forza delle persone che sono riuscite, nonostante tutto, a sopravvivere ai campi di concentramento, che sono emblema di un periodo tragico che riguarda la storia mondiale.
La vita nei lager fu peggio dell’inferno e proprio i lager sono diventati simbolo di un’epoca in cui la disumanità e la crudeltà dell’uomo regnavano sovrane, dal momento che nessuno osava ribellarsi.
Abbiamo conosciuto l’uomo anche nei campi di concentramento, cioè in un luogo dove veniva perduto tutto ciò che si possedeva: denaro, potere, fama, felicità, dignità; un luogo dove restava non ciò che l’uomo può “avere” ma ciò che l’uomo deve “essere”; un posto in cui l’uomo restava unicamente nella sua essenza, consumato dal dolore e dalla sofferenza.
Più di una volta, nel corso della storia, il genere umano si è mostrato nel suo lato negativo ed oscuro, infatti, pensiamo ai periodi di caccia alle streghe o alle discriminazioni di ogni genere, ma in particolare all’Olocausto che ha provocato milioni di morti innocenti a causa di un folle progetto di sterminio di massa.
Tuttavia, quello che potremmo domandarci è: chi è l’uomo? Un essere che porta in sé contemporaneamente la possibilità di abbassarsi al livello degli animali o di innalzarsi ad una vita santa e beata.
Non dimentichiamo che l’uomo è anche colui che ha inventato le camere a gas, i forni crematori, il lavoro forzato senza avere cibo e acqua, ma dall’altra parte l’uomo è anche colui che è entrato in questo incubo a testa alta, lasciandosi alle spalle la speranza e il desiderio di vivere, ma questo non vuol dire che i deportati non avessero degli interrogativi: “Come mai è potuto accadere tutto questo? Perché abbiamo dovuto e stiamo soffrendo? Perché così tanti sono morti nell’indifferenza del mondo?”
Tutto questo non trovò risposte, molti dei prigionieri per “sfuggire” anche per solo poco tempo da quella realtà terribile, si affidarono alla scrittura che in quella circostanza fu un farmaco per quel malessere. Ricordiamo Primo Levi, Viktor Frankl e molti altri, i quali trovarono nella scrittura lo stimolo per continuare e non cedere a quelle sofferenze: probabilmente scrivere consentì loro di metabolizzare il dolore, trasformandolo in nutrimento per l’anima, anche nostra che leggiamo questi capolavori quasi sempre con le lacrime agli occhi, poiché sono in grado di farci vivere in prima persona le ansie, le preoccupazioni, le paure, i pianti e la fame che provavano queste persone davanti ad una situazione simile e del tutto spietata.
Ad ogni modo i libri che noi tuttora abbiamo la fortuna di leggere, non sono solo ricettacoli di una sofferta saggezza, bensì lo strumento con cui questa è stata distillata e nonostante siano passati 76 anni da quando questi avvenimenti si tramutarono in realtà concrete ed ancora oggi questi eventi possono insegnare molto e specialmente ci dovrebbero far apprezzare ogni cosa che abbiamo, poiché anche una goccia d’acqua a quel tempo era percepita come un “miracolo”.
Nella fase “postbellica” nessuno voleva ricordare il terribile passato sopportato, bensì trovare prospettive di fiducia e di speranza per il futuro, dal momento che come disse Frankl: «La vita vale la pena di essere vissuta in qualunque situazione, o meglio, che l’essere umano è capace, anche nelle peggiori condizioni della vita, di “mutare una tragedia personale in un trionfo».
Infatti, cercare di trovare un lato positivo in situazioni simili, come era quella dei lager, in cui si era sottoposti quotidianamente a pressioni di livello fisico e morale, probabilmente è stata la salvezza e motivo per non “lasciarsi andare”.
D’altra parte per alcune delle persone, come Liliana Segre, che vissero in prima persone questa tragica esperienza, ne fecero tesoro e ricordo indelebile, ma che sicuramente ha fatto comprendere molte cose, a partire da chi fossero e poi quanto l’uomo nella sua totalità abbia sbagliato e raggiunto livelli di follia indicibili ed imperdonabili.
Pertanto, anche noi stiamo vivendo una situazione particolare a causa del Covid, stiamo tutti facendo dei sacrifici nel nostro piccolo per tornare alla “normalità”, ma anche se questa circostanza nello specifico non risulta una delle migliori, invece di demoralizzarci e “gettare la spugna” dobbiamo fare di tutto questo la nostra momentanea quotidianità, perché nella storia ci sono stati eventi peggiori, in cui migliaia di persone innocenti hanno dato la loro vita per convinzioni folli (per esempio, la caccia alle streghe) o i milioni di ebrei, emarginati e diversi che sono stati uccisi e sottoposti a lavori forzati, lontani dalle loro famiglie e dai loro amori, ma soprattutto costretti a vivere con la consapevolezza che probabilmente il giorno dopo non avrebbero più rivisto l’amico o il vicino di stanza.
Tutto questo ci deve far riflettere, perché nulla sarà più pesante e crudele di quello che è successo in passato e non sarà di certo un virus a piegare la nostra società, anche se è vero che non si tratta di uno dei momenti migliori, ma dobbiamo pensare che non è nemmeno uno dei peggiori, non ci viene chiesto di partire verso una meta sconosciuta e lavorare inutilmente tutti i giorni in attesa di morire, nulla di questo, semplicemente di stare a casa nel rispetto nostro e di chi ci sta accanto.
E’ irrispettoso verso questi eventi terribili rattristarsi solo perché non si va a scuola o non si esce con gli amici, purtroppo viviamo in una società che non si accontenta letteralmente mai di ciò che ha e non si dà un valore a nulla.
Per questa ragione il Giorno della memoria non è una semplice data da segnare sul calendario, dedicata al ricordo di tutti coloro che sono morti ingiustamente, ma sempre dovremmo pensarlo, dovremmo cercare di cogliere il valore della vita, poiché da un momento all’altro ci potrebbe venir tolta e solo allora capiremmo quanto quest’ultima sia un dono, che va al di là delle cose materiali.
La giornata della memoria a Verona
Come ogni anno il carro della memoria si stanzierà in piazza Bra, a Verona, fino al 30 gennaio, per ricordare la storia del nazismo e le conseguenze che ha portato, ma soprattutto per non dimenticare i veronesi morti nei Lager sparsi per l’Europa.
Anche le celebrazioni per il giorno della memoria saranno contenute per l’emergenza Covid, ma ciò non toglie la possibilità di riflettere su noi stessi e su ciò che è stato. Oggi, mercoledì 27 gennaio, alle ore 9 sarà deposta una corona al monumento dei Deportati in piazza Bra a Verona.
Tutte le autorità in un secondo momento si sposteranno in Gran Guardia, dove progressivamente avranno luogo degli interventi e riflessioni, dopo di che la cerimonia (trasmessa via streaming) si concluderà con il canto della preghiera ebraica per le anime dei defunti EI Male Rachami, a opera di Angel Harkatz, ossia il cantore della Sinagoga di Verona.
Nelle ore pomeridiane verranno deposte corone di alloro al cimitero ebraico, Sacrario del cimitero monumentale ed infine sotto la scultura “Filo spinato” in piazza Isolo.
