
In questo periodo è comune avere la sensazione di essere limitati, fisicamente e mentalmente. Ora come ora si sente sempre di più la necessità di evadere da un ambiente per molti ormai monotono, di osservare quello che ci sta attorno senza un muro che limiti la nostra vista, di ascoltare suoni diversi rispetto al computer che va in ventilazione e di respirare a pieni polmoni.
E cosa soddisfa maggiormente tutte queste esigenze se non la natura? Proprio di recente si sta diffondendo una pratica particolare incentrata sul rilassamento e sulla meditazione nei boschi: la Terapia Forestale.
Questa disciplina andava di moda in Giappone in Cina già prima del Covid, ma la sua conoscenza ora dall’estremo oriente si è allargata in tutto il mondo, tanto da presentarsi come strumento di medicina complementare a disposizione del Servizio sanitario nazionale.

In cosa consiste però questa pratica? Consiste nel percorrere itinerari guidati dove mettere in pratica precise attività, come ad esempio camminata consapevole, esercizi di respiro, yoga, meditazione e lavori manuali.
Queste esperienze, in cui si alternano momenti di informazione sugli elementi che animano la natura con momenti di recettività sensoriale e immaginazione, sono generalmente organizzate in programmi a lungo termine, quindi le sessioni sono ripetute.
Lo scopo della terapia forestale è fondamentalmente quello di ridurre lo stress e l’ansia, di lasciare per un attimo le preoccupazioni e concentrarsi su sé stessi per ricaricarsi d’energia e per liberarsi.
Qualcuno potrebbe domandarsi: «Questi benefici dati dal contatto con elementi naturali hanno una valenza scientifica?» A questa domanda risponde il libro “Terapia Forestale”, pubblicato a inizio gennaio da Cnr Edizioni.
Il volume è infatti frutto di un anno e mezzo di ricerche da parte dell’Istituto per la BioEconomia del Consiglio nazionale ricerche (Cnr-Ibe) e del Club alpino italiano (Cai) che per la prima volta hanno raccolto dati ed analisi confermando la valenza scientifica del ruolo terapeutico che la natura esercita sull’uomo.
«Abbiamo voluto creare un quadro di riferimento scientifico delle evidenze raccolte in tutto il mondo in merito agli effetti diretti degli ambienti forestali sulla salute mentale e fisiologica dei visitatori. In dettaglio volevamo esporre i risultati della ricerca scientifica rispetto ai benefici offerti dalla frequentazione dei boschi grazie alla mediazione di tutti i nostri sensi. Si tratta di benefici significativi, ad ampio spettro e spesso duraturi, per esempio rispetto alla salute mentale e alle difese immunitarie» afferma Federica Zabini di Cnr-Ibe, curatrice dell’opera.
Sono state infatti effettuate numerose sessioni di Terapia Forestale guidate da psicologi professionisti seguendo procedimenti standardizzati, ottenendo sempre risultati eccellenti in linea con altre esperienze condotte all’estero.
Medici, biologi, forestali, fisici e psicologi impegnati nella ricerca hanno osservato e concluso che le foreste sono centri di aromaterapia naturale che offrono effettivamente benefici consolidati per la salute mentale, oltre che fisica.

Nello studio viene detto che passare almeno 120 minuti alla settimana (anche non consecutivi) in foreste e parchi, o semplicemente contemplando gli alberi, fa aumentare significativamente le probabilità di buona salute e benessere.
Osserviamo i risultati di una ricerca: 200 persone sono state condotte da personale qualificato nell’esperienza di terapia forestale secondo il protocollo messo a punto da Cai e Cnr, quindi sono entrate nel bosco lasciando andare pensieri ed emozioni pesanti, hanno applicato una tecnica specifica di respirazione per assorbire le energie dell’ambiente, hanno usato un approccio polisensoriale e infine hanno sperimentato la “meditazione con l’albero”, punto che rappresenta l’incontro finale con sé stessi.
I risultati, raccolti dai ricercatori durante tutta l’esperienza e da questionari di autovalutazione, sono molto incoraggianti: «Nell’85% dei casi si è avuto un regresso o un annullamento dei sintomi che vanno dall’ansia alla depressione, dal senso di ostilità a quello di confusione. Si verifica una riduzione dello stress, una normalizzazione della frequenza cardiaca e un abbassamento della pressione del sangue» comunica Francesco Meneguzzo, l’altro curatore dell’opera.
È stato quindi provato che la Terapia Forestale aiuti le difese immunitarie, riduca lo stress, diminuisca la pressione sanguigna, migliori lo stato d’animo e induca rilassamento anche solo con una stimolazione tattile, infatti un contatto con alcuni tipi di legno provoca effetti del genere rilevabili a livello fisiologico.
Proprio per gli importanti e impressionanti benefici sulla salute mentale, si sta proponendo questo tipo di attività come cura complementare a pazienti con problemi psicologici. «Ora che il quadro scientifico è stato chiarito, uno dei prossimi importanti passi sarà inviare pazienti presso Stazioni qualificate e osservare i risultati: noi siamo molto fiduciosi» dice Fabio Firenzuoli, direttore del Cerfit.
In ogni caso la ricerca e lo sviluppo della Terapia non si fermano qui: «Oltre a proporre nuove modalità di conduzione delle esperienze, abbiamo già pianificato la qualificazione di numerosi rifugi e sentieri ad essi attestati, quali Stazioni di Terapia Forestale, sia sugli Appennini che sulle Alpi, così da creare un’offerta diffusa e professionale, disponibile ad accogliere anche i pazienti che auspicabilmente vi saranno inviati dalle strutture del Servizio sanitario nazionale» conclude Giovanni Margheritini, vicepresidente del Cai-Csc.