«Io sono un atleta, ecco ciò che ho scritto dentro». Alessandro Fabian, 33 anni, sportivo di origini padovane, è tra i più forti atleti internazionali di triathlon, disciplina che comprende nuoto, ciclismo e corsa in un’unica competizione. Dopo aver gareggiato alle Olimpiadi di Londra 2012 e Rio 2016, con un nuovo staff e nuovi obiettivi, parteciperà anche all’edizione giapponese della prossima estate.

In seguito al posticipo delle Olimpiadi di Tokyo 2020, è notizia del 29 gennaio quella data dal primo ministro giapponese Suga: «Siamo determinati a svolgere le Olimpiadi quest’anno. Il loro svolgimento sarà la testimonianza di un’umanità che prevale sulla pandemia». I Giochi partiranno regolarmente, anche se con un anno di ritardo, il prossimo 23 luglio. Ma come si sentono gli atleti, che lo scorso aprile hanno visto i loro sogni allontanarsi? Ecco le emozioni contrastanti raccontate da uno dei nostri triatleti italiani, Alessandro Fabian, che si rivolge anche a noi giovani.
Nel 2020 ci sarebbero state le Olimpiadi di Tokyo, poi annullate a causa della pandemia. Come è stato, dopo tempi di duro lavoro, vedere questa opportunità rimandata?
Devo dire la verità, inizialmente non pensavo venissero rimandate le Olimpiadi. Pensavo che la situazione fosse gestibile e che ci si riuscisse dunque ad organizzare. Ad aprile hanno comunicato che sarebbero state posticipate. Non ho accusato subito il colpo, ma nel corso del periodo successivo; ho lavorato duramente nella prima parte dell’anno e ho continuato a farlo anche dopo l’annuncio di posticipo, finché a settembre abbiamo cominciato la stagione. In quel momento è pesato di più, perché non vedevo tradotto in risultato tutto il lavoro che avevo svolto: mi ha fatto soffrire il pensiero di avere un altro anno di grande impegno davanti. Mentalmente e fisicamente ero stanco, sono stati momenti un po’ duri.

Appresa la notizia, ha sempre continuato ad allenarsi. Con quale atteggiamento e forza è andato avanti?
Non ho mai smesso di lavorare. Io stesso mi sono sorpreso: durante il lockdown sono riuscito ad essere molto concentrato, focalizzato anche se senza un obiettivo. Mi sono riscoperto, giorno per giorno continuavo ad allenarmi, a mantenere alte prestazione e motivazione, perché sapevo che in quel momento potevo fare comunque la differenza, potevo lavorare per migliorarmi. Questo era il carburante che alimentava la mia voglia di continuare ad allenarmi, la voglia di raggiungere un risultato sempre più soddisfacente.
Tokyo è stato rimandato al 2021. Con che atteggiamento, invece, affronterà la competizione? Pensa che la pandemia abbia potuto cambiare la sua visuale, il modo in cui guarda ai nuovi obiettivi?

Si dice che chiusa una porta si apra un portone. Con questo detto ho cercato di affrontare lo scorso anno. La pandemia ha cambiato il mio modo di vedere il mondo, mi ha aiutato a ridimensionarmi. Anche se ho infatti una certa esperienza e ho raggiunto certi risultati, non potevo fermarmi ed essere spettatore della mia vita, anzi. E’ stata la dimostrazione che non avevo imparato abbastanza, che avevo bisogno di mettermi in gioco fino in fondo.
Il 2020 è iniziato con grandi novità e cambiamenti e non poteva finire altrimenti. A dicembre il mio vecchio allenatore insieme a tutto il suo staff ha lasciato la federazione e con questa gli atleti che allenava, tra cui il sottoscritto. Sono rimasto senza una guida tecnica, uno dei pochi punti fermi. Questo è stato il mio portone: il mettermi nuovamente alla prova con un nuovo staff, nuovi stimoli e persone con una visuale diversa e molto più completa. Ho capito che ciò che conta davvero è avere al fianco persone che prima di tutto mi vogliano profondamente bene. Ho compreso che per me è importante, perché ci sono momenti in cui non si può sostenere tutta la fatica, i pensieri, dubbi e frustrazioni da solo, ma c’è bisogno di qualcuno che ti consigli e che ti stia vicino: un vero team. Un’opportunità diversa, una visione diversa. E ciò fa la differenza.
Come lei, molti giovani, nell’ultimo anno, hanno dovuto rimandare nuove esperienze, sogni e ambizioni. Cosa vorrebbe dire loro? Come perseguire obiettivi sempre con speranza e positività?
Dico sempre che in questo mondo cambiano i colori della pelle, la lingua, le culture, ma alla fine siamo tutti sulla stessa barca. Forse ora più che mai abbiamo preso atto di ciò: se non abbiamo unione, una stessa direzione, non si migliora. Come ha messo me in difficoltà, così questa pandemia lo ha fatto con moltissime altre persone insieme ai loro obiettivi. Ciò che mi sento di dire io ai giovani è che questa può essere un’opportunità di crescita o una scusa per non agire. Ogni ragazzo deve sentire in sé la propria strada, chiedersi chi vuole essere in futuro, cosa vuole perseguire. Se è un desiderio profondo la forza verrà fuori, perché è già in ognuno di noi. Certe volte ci si sorprende, come è successo a me, di avere qualità e forze nascoste che mai avremmo pensato di possedere: perseveranza, determinazione, impegno. L’importante è trovare la propria risposta, non smettere di crederci, credere in sé stessi. Ma la si deve prima cercare. Io sono una atleta, ecco ciò che ho scritto dentro.