Sembra essere a un punto di svolta la tensione che nelle precedenti settimane ha preso piede tra la Federazione Russa e la Repubblica di Ucraina. Nelle scorse ore la Russia ha annunciato la fine delle esercitazioni militari al confine e il ritorno ad est di gran parte dell’esercito russo. Una cauta mossa di distensione lanciata all’Europa e agli Stati Uniti dopo i continui scambi reciproci di accuse e di sanzioni (senza poi dimenticare tutti i diplomatici che in questi giorni si sono visti sollevare dall’incarico in ambo le parti). Inoltre, Vladimir Putin ha aperto al dialogo con il premier ucraino Zelensky.
I motivi
Il motivo ufficiale al centro di questa tensione è stato l’aumento dell’uso della forza da parte dell’esercito ucraino contro le repubbliche indipendentiste della regione del Donbass (regione all’estremo est), sostenute da Mosca e non riconosciute dal resto della comunità mondiale, le quali hanno una grande presenza di russofoni; questo avrebbe causato lo schieramento di truppe in massa sul confine pronte a intervenire nel caso l’Ucraina avesse tentato di riannettere le province ribelli con la forza. Si noti che in un momento successivo il ministro degli esteri russo avrebbe tuttavia detto che si trattava di una esercitazione su larga scala programmata già da molto tempo e non di un atto ostile.


Nonostante questo, i motivi ufficiosi potrebbero essere altri. Primo fra tutti, testare il grado di reazione della NATO e della nuova amministrazione americana a guida Joe Biden; secondo, usare la minaccia spettacolarizzata per distrarre l’opinione pubblica russa dalla crisi economica incombente e alzare il consenso politico (che il caso Navalny ha un po’ incrinato) dello stesso Vladimir Putin (visto dal popolo come un difensore della patria e degli interessi russi); terzo, riaffermare la capacità, la forza e l’abilità militare per mantenere lo status di potenza mondiale antagonista degli Usa che da qualche lustro ha perduto in favore della Cina, e terzo, fare pressione sull’Europa per un riconoscimento ufficiale dell’appartenenza della strategica penisola di Crimea alla Russia dopo il referendum del lontano 2014.
Stato cuscinetto
L’ucraina è diventato uno stato cuscinetto (alla pari della Bielorussia) tra NATO e Russia, tuttavia vorrebbe prendere delle distanze nette da Mosca. Più volte nei giorni passati ha accennato ad una entrata del paese nella Nato (sostenuta anche da Erdogan, il presidente turco, il quale non ha esitato ad aiutare l’Ucraina vendendogli droni da guerra), e non ha mancato di ricordarlo neppure nel vertice con Macron e Merkel.
Purtroppo però questo non è possibile per due motivi. Il primo riguarda il fatto che l’Ucraina è territorialmente instabile e al suo interno c’è un continuo scontro sotterraneo e silenzioso tra ribelli e regolari (dall’inizio dell’anno ci sono stati una trentina di morti in alcuni scontri) che non permette al paese, a causa di alcune clausole, di poter aderire all’Alleanza Atlantica (e si ritiene che i russi abbiano tirato un sospiro di sollievo nell’apprendere questa notizia);

il secondo motivo è più strategico, infatti l’Ucraina, anche se esplicitamente aiutata e alleata degli Usa (i quali non mancano mai di vendergli mezzi militari sempre moderni per permettergli una difesa efficace), non farebbe che allargare il confine della NATO più ad est, nelle vicinanze immediate di Mosca (che per questo potrebbe irritarsi e alzare ancora di più la tensione) rendendo indifendibile il confine. Infatti, mentre la Russia (dal 2014 ad oggi) ha creato numerose linee ferroviarie che possono portare in pochissimo tempo una divisione di carri armati sul confine (come si è visto concretamente nelle fasi iniziali delle tensioni), l’Ucraina non ha una logistica e delle strutture tali da permettere agli eserciti della Nato di arrivare rapidamente al confine in caso di una guerra calda. Quindi, un’entrata dell’Ucraina nella NATO (che ha già problemi da sé) sarebbe più un peso che altro.
Non possiamo, quindi, far altro che guardare con fiducia all’incontro tra Putin e Zelensky (sperando in una continua distensione) e attendere le prossime mosse nel delicato scacchiere dell’Europa orientale.