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Votare a 16 anni: l’idea è stata lanciata nel 2019, e poi riproposta nella primavera di quest’anno, dal segretario PD Enrico Letta, che ha trovato l’appoggio di quasi tutto il mondo politico. Già nel 2015 la Lega Nord aveva presentato una proposta di legge costituzionale a riguardo. 

Secondo il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, “Se a 16 anni un giovane può lavorare e pagare le tasse, dovrebbe almeno avere il diritto anche di votare e scegliere chi decide della sua vita”. Persino Matteo Salvini si è detto d’accordo: “Ripresenteremo la proposta di legge costituzionale per abbassare a 16 anni il diritto di voto, perché ormai i ragazzi e le ragazze di oggi sono informati, svegli e partecipi”. 

Come funziona 

I limiti di età per poter votare sono stabiliti nella Costituzione italiana (art.48 e 58). Per esprimere il proprio voto per la Camera bisogna avere compiuto almeno la maggiore età (un tempo era 21 anni, ora 18). Per il Senato, solo dal 4 novembre di quest’anno possono votare anche le persone che hanno compiuto 18 anni (prima era necessario avere 25 anni).

I limiti di età nella storia

L’abbassamento del diritto di voto non è una questione così semplice. Solo grazie al percorso verso la democrazia, si è allargata la partecipazione alla vita politica ad un numero di persone sempre crescente.

L’accesso delle donne al voto è stato frutto di un lungo processo di maturazione e di lotte che ne ha visto il riconoscimento solo nel 1946.

Fino al 1975, per votare era necessario avere 21 anni: grazie alla legge che ha abbassato la maggiore età da 21 a 18 anni, anche i più giovani hanno avuto accesso al voto. Anche allora il dibattito aveva visto schierarsi i contrari, che puntavano sull’irresponsabilità dei giovani, ed i favorevoli.

Pro e contro 

Perché no.

I contrari sostengono che ci sia una distanza notevole fra i 16 e i 18 anni, sia in termini di sensibilità riguardo alla sfera politica che di maturità: per i 16enni difficilmente la politica è collocata al primo posto nella scala degli interessi.

Secondo alcuni è come se ci fosse bisogno di una tappa, di un rito: al compimento dei 18 anni si diventa automaticamente adulti. Prima, però, è ancora prematuro introdursi in politica e, anticipandolo troppo, potrebbe anche essere diseducativo. Del resto, per poter guidare un’automobile servono 18 anni.

Un sedicenne è nel pieno dell’età evolutiva, sia fisica che morale, è ancora immaturo ed impulsivo e si lascia dominare dalle emozioni. Il suo convincimento politico non è ancora interamente formato ed il rischio è che si faccia strumentalizzare

La persona che vota deve almeno porsi la domanda: “cosa voto?“, questo permette la partecipazione ai dibattiti di un soggetto che dev’essere ritenuto da tutti completamente responsabile e ferrato nelle proprie idee. 

Secondo altri, i ragazzi così giovani voterebbero come i loro genitori e, pertanto, riconoscere il diritto di voto anche a loro non amplia veramente la partecipazione politica.

Gli esperti, poi, spiegano che la modifica non potrebbe riguardare solo il diritto di voto ma dovrebbe valere anche per altri ambiti: l’età per sposarsi, per la patente di guida, per essere penalmente responsabili e, dunque, una vera rivoluzione a cui non saremo preparati.

Perché sì.

Anche i 16 anni assumono grande importanza legale in diversi ambiti: ad esempio si può iniziare a lavorare e, in certi ambiti, pagare le tasse

Oggi nelle scuole l’insegnamento dell’educazione civica è sempre più presente, proprio per formare una coscienza politica anche nei più giovani.

I giovani oggi sono molto più sensibili ad importanti temi politici come il clima, l’ambiente, la violenza alle donne, il diritto allo studio. Moltissimi sono scesi in piazza seguendo l’esempio di Greta Thunberg, che ha iniziato a fare politica quando aveva solo 15 anni. I giovani sentono più degli adulti l’esigenza di essere responsabili verso il pianeta.

In un Paese dove le generazioni di voto pendono più verso la terza età, avere una fascia di voto giovane sarebbe utile a riequilibrare lo scompenso nella rappresentanza del voto. Inoltre, numericamente i giovani sono meno degli anziani e, perciò, il loro voto non provocherebbe alcun sconvolgimento.

Abbassare il limite di età è l’occasione per spronare i giovani ad interessarsi di politica, soprattutto oggi che sono sempre di più i delusi che ne stanno lontano perchè sfiduciati.

Nel resto del mondo

L’idea di estendere il diritto di voto ai sedicenni non è una novità: sia in Europa che nel resto del mondo ci sono diversi Stati che hanno già ammesso i minori di 18 anni.

Nel 2007, in Austria, l’età per esercitare il diritto di voto è stata abbassata a 16 anni, ma per essere eletti bisogna essere maggiorenni. 

In Grecia, dal 2016, possono votare anche i diciassettenni.

In Ungheria, i maggiori di sedici anni possono votare solo se sono sposati.

In Scozia, nel 2014, al referendum per l’indipendenza, i sedicenni hanno votato per la prima volta.

In Argentina, Brasile, Nicaragua, Cuba ed Ecuador il diritto al voto è esteso ai sedicenni. In Indonesia bisogna avere 17 anni, come in Corea del Nord.

Il voto è solo una goccia nel mare, ma per l’individuo diventa necessità di esprimersi. Per un giovane lo è ancora di più, soprattutto oggi in cui, grazie ai social, è sempre più cittadino dell’intero globo e non ha limiti nell’informarsi e nell’essere presente.

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