A 50 anni dall’accaduto ricordiamo questa data, il 28 gennaio 1972. Quel giorno muore a Milano Dino Buzzati, colui che insieme ad altri veniva considerato uno dei pilastri della letteratura italiana, dunque uno dei protagonisti del ‘900. Scrittore italiano, giornalista, disegnatore e pittore, redattore e inviato del “Corriere della sera”, è autore di moltissime opere narrative; soprattutto conosciuto per la sua estrema bravura nel collegare la professione del giornalista al mondo estremamente complesso della letteratura. Nei suoi testi affronta in modo delicato quasi sfumando la realtà, la paura della morte.
Quella morte del padre che lo segnò

Possiamo notare dai suoi testi, come accennato prima, che egli ha un grande terrore della morte e sin da piccolo, nello specifico, di morire a causa dello stesso malore che colpì il padre che se ne andò, causa tumore al pancreas, lasciando Dino orfano all’età di quattordici anni. La circostanza lo sconvolse così tanto da avere un ripercussione su quelli che saranno poi i suoi testi. Una volta terminati gli studi, svolge servizio militare presso la caserma della sua città natale, San Pellegrino di Belluno. Nonostante ciò, Dino è attirato dal mondo della scrittura e con il tempo il suo desiderio di dedicarsi completamente ad esso si fa sempre più grande, in particolare per il giornalismo ed è da qui, dal 1928 che parte la sua carriera da apprendista scrittore.
La carriera, tra giornalismo, letteratura e pittura
Senza neanche aver concluso i suoi studi in legge, entra come praticante al “Corriere della Sera”. Ottenuti i primi risultati e dunque i primi successi decide di consegnare il manoscritto del suo capolavoro “Il deserto dei Tartari” che diverrà per l’appunto uno dei testi più amati del ‘900. Il primo lettore che riceve il manoscritto è l’amico Arturo Brambilla che lo passa a Leo Longanesi, il quale stava preparando una nuova collezione per Rizzoli denominata il “Sofà delle Muse”, ne accetta dunque la pubblicazione. In seguito, Buzzati si imbarca a Napoli e parte per Addis Abeba, come cronista e fotoreporter. Nel 1949 esce il volume di racconti “Paura alla Scala” e nel giugno dello stesso anno è inviato dal “Corriere della Sera” al seguito del Giro dell’Italia. Nel 1950 l’editore Neri Pozza di Vicenza stampa la prima edizione degli 88 pezzi di “In quel preciso momento” mentre, quattro anni dopo, esce il volume di racconti “Il crollo della Baliverna”, col quale vincerà il Premio Napoli. Nel gennaio 1957 sostituisce Leonardo Borgese come critico d’arte del “Corriere”. Compone alcune poesie, che entreranno a far parte del poemetto “Il capitano Pic”. Nel 1958 escono “Le storie dipinte”, presentate in occasione della personale di pittura dello scrittore inaugurata alla Galleria Re Magi di Milano.

L‘8 giugno del 1961 muore la madre e due anni dopo egli scriverà la cronaca interiore di quel funerale nell’elzeviro “I due autisti”. Seguono anni di viaggi come inviato del giornale. L’8 dicembre 1966 sposa Almerina Antoniazzi, la donna la quale ispirò in lui la stesura del testo “Un amore”. Nel 1970 gli viene assegnato il premio giornalistico “Mario Massai”. Intanto, prosegue anche la sua attività di pittore ed illustratore, passione sempre sotterranea che non aveva mai abbandonato. Malgrado il suo sostanziale approccio dilettantistico, i suoi dipinti vengono comunque apprezzati dagli estimatori e gli vengono dedicate alcune esposizioni. E’ invece il 1971 quando comincia ad avvertire i sintomi della malattia che colpì anche il padre, che lo porterà alla morte. L’8 dicembre Buzzati entra in clinica e si spegne il 28 gennaio del 1972.