Sfogliando i giornali e navigando sui social ci si imbatte spesso in appelli che richiamano i cittadini al dono del sangue, appelli che si sono intensificati in questo ultimo periodo e che sottolineano con insistenza come la quotidianità ospedaliera dipenda dalla disponibilità di questo prezioso elemento. Per capire quanto il Covid abbia influito su questa situazione abbiamo affrontato l’argomento con Chiara Donadelli, presidente provinciale di Fidas Verona, federazione italiana associazioni donatori di sangue.
Presidente, leggiamo e sentiamo continuamente appelli affinché le persone si rechino a donare, ci può fare il quadro della situazione attuale?

La variante omicron sta impattando in modo molto importante sul sistema sangue, molti donatori che avevano già prenotato la donazione o lo avrebbero fatto a breve si sono visti costretti a riprogrammarla perchè in quarantena. I molti contagi stanno causando gravissime difficoltà nella raccolta di emocomponenti, non solo nella nostra città ma anche a livello nazionale tanto che alcune strutture regionali di coordinamento hanno fatto appello ad altre regioni perché compensassero le loro carenze, che compromettono gravemente sia la programmazione di interventi chirurgici che le terapie,
Da inizio pandemia viene raccomandato di recarsi in ospedale solo se strettamente necessario, pensa possa aver influito questo monito?
Ad inizio pandemia sono stati proprio paura e sconcerto a tener lontano le persone dai centri trasfusionali. Già in quei giorni sono state attivate una serie di procedure per garantire la sicurezza di donatori, personale medico ed infermieristico e, come in moltissime altre occasioni, una volta chiamati a tendere il braccio in aiuto del prossimo, i donatori non hanno fatto mancare il loro supporto, tanto che siamo stati costretti a rallentare la raccolta perché, nel frattempo, l’attività chirurgica era stata ridotta all’osso e non si poteva correre il rischio di raccogliere più sangue del necessario: dovendo intercorrere un lasso di tempo ben definito (tre mesi per gli uomini e sei per le donne) tra una donazione e l’altra, e avendo il sangue un periodo di durata limitato c’era il pericolo di trovarsi senza una volta ripresa la normale attività. Questo messaggio è stato ben recepito dai donatori che con spirito collaborativo hanno donato quando è stato loro chiesto.
Quale il ruolo di un’associazione di donatori in questi frangenti?

L’associazione in questo periodo è stata fondamentale nel dare alle persone una corretta informazione, viste le incertezze e le molte notizie false mai come ora era fondamentale un interlocutore credibile e puntuale. Essenziale è la stretta collaborazione con il dipartimento di medicina trasfusionale che settimanalmente invia dei report con indicati i gruppi sanguigni di cui l’ospedale ha più bisogno in quel determinato momento e su cui i volontari associativi concentrano le telefonate. Continua e costante è inoltre la sensibilizzazione per far si che sempre più persone si avvicinano al dono e diventino donatori di sangue. Il sistema sangue italiano è qualcosa di cui possiamo andar fieri e di cui tutti ci dovremmo prendere cura.
Sentendo la gioia e la continua speranza nelle parole che Chiara ci ha “donato” si può cogliere quanto far parte di un gruppo di persone che praticano il bene e che riescono così a vedere uno spiraglio di luce in periodi che apparentemente sembrano solo bui.