Lo scorso venerdì si celebrava in tutto il mondo il Giorno della memoria per ricordare le vittime della Shoah nella seconda guerra mondiale, con il messaggio perenne di non ricreare più scenari di questo genere.
Purtroppo questo messaggio non è arrivato ad un ragazzino di 13 anni che ha seminato il terrore in una sinagoga ferendo due israeliani portando poi il bilancio a sette vittime, compreso lui, e a 42 arresti.
Non è la prima volta che accadono degli attentati terroristici nel Giorno della memoria, la maggior parte avvengono proprio in Israele (stato ebraico). L’attentatore della sinagoga è stato ucciso dalla polizia e tra le persone arrestate ci sono anche i membri della famiglia dell’attentatore.
Questa sparatoria è stata la più sanguinosa dal 2008 è avvenuta nel quartiere di Neve Yaakov a Gerusalemme. Inoltre, dopo aver fermato l’assalitore, la nazione ha dichiarato un elevato stato di allerta in tutto il Paese.
Questo scenario fa riflettere molto riguardo al rispetto non dovuto alle vittime di nazionale ebrea il 27 gennaio, soprattutto ai parenti di questo ragazzo di 13 anni che è stato educato nel modo più sbagliato possibile.