Spettacoli emozionanti, in cui abilità e disabilità si fondono in un unicum artistico. E’ questa la caratteristica principale delle proposte teatrali ideate fin dal 1997 dalla compagnia livornese Mayor Von Frinzius, nota anche a Verona grazie all’opera Up&Down, con l’attore Paolo Ruffini, andata in scena lo scorso 19 novembre 2022 sul palco della Gran Guardia (articolo qui). Questa sera, giovedì 25 maggio, alle 21.00, vi sarà il debutto di Scaraventati nella storica sede della compagnia, il Teatro C. Goldoni di Livorno, con l’augurio di poterlo vedere anche nella nostra città.
Per conoscere l’origine della Mayor Von Frinzius, che riesce ad annullare sul palco ogni confine e differenza tra persone normodotate e disabili, sottolineando come questo dovrebbe essere anche nella vita di tutti i giorni, abbiamo raggiunto telefonicamente il direttore artistico Lamberto Giannini.
Direttore Giannini, innanzitutto la vostra è una “Compagnia teatrale. Punto.” Ci tenete a sottolinearlo.

Sì, ci teniamo. Per un motivo allo stesso tempo semplice e complesso: riprendendo un celebre concetto del filosofo Benedetto Croce “Facciamo teatro per tentare di fare arte”; cerchiamo di creare qualcosa di significativo e profondo, non per forza pedagogico. Nella compagnia sono presenti persone con disabilità perché sono innanzitutto ottimi attori. Inoltre, in loro sono presenti delle anomalie immediate che rappresentano dei veri e propri doni dal cielo.
Come nasce la compagnia e con quale scopo?
Nasce nel 1997 per una mia perenne urgenza di fare teatro: negli anni mi trovavo ad essere insoddisfatto poiché nel teatro ciò che non puoi azzerare del tutto è la finzione, che è una mancanza di verità. Lavorando poi in contesti di marginalità sociale, come carcere e tossicodipendenza, ho scoperto un teatro di maggior contatto. Organizzavo dei laboratori che si chiudevano con uno spettacolo e in quel periodo è nata l’idea di scardinare certi muri e aprire il mondo del teatro a giovani e meno giovani della mia città, Livorno. Il teatro deve essere necessità, una forza che ti scaraventa in una dimensione diversa. Non può essere semplicemente una cosa in più della propria vita.
Andate anche nelle carceri. Un bel messaggio.

Non è tanto per il messaggio che l’ho fatto, ma perché in un ambiente come il carcere nascono delle relazioni e dei significati incredibili. Un fatto meraviglioso è accaduto quando alcuni carcerati hanno voluto regalarci la loro paga di lavoro giornaliero come ringraziamento per le emozioni meravigliose che eravamo riusciti ad esprimere e suscitare.
Come è nato il legame con Paolo Ruffini?
Da buon sclerato quale sono io, ho dovuto trovare qualcuno di simile a me! Con Paolo è nata un’amicizia stupenda: lo incontrai quando si iscrisse a un mio laboratorio. Era potente, un animale da palcoscenico; inoltre, sempre gentile e molto generoso con noi, anche quando la compagnia dovette affrontare delle difficoltà. Insieme realizzammo lo spettacolo Un grande abbraccio (2016 ndr), poi Up&Down.
Una delle caratteristiche di Up&Down è trattenere sul palco per due ore gli attori. Come mai questa scelta?
Tendo a non fare uscire troppo gli attori dalla scena, perché sarebbe come entrare e uscire da una storia d’amore che rischia di rovinarsi, sfaldarsi. E’ importante per noi che il corpo dell’attore rimanga sul palcoscenico, in quanto racconta esso stesso qualcosa.
Si aspettava tutto questo successo, addirittura un film e un libro?
No, non me l’aspettavo. Ci credevo tanto, ho dato me stesso, ma pensavo che rimanesse una mia visione o comunque nella realtà che più mi stava attorno. Poi, come diciamo sempre in compagnia, non è il successo la nostra finalità. Se capita che questo porti fama e visibilità, ben venga; tuttavia, non deve essere la priorità.
Come si lavora sul palco con persone con disabilità, ci sono accortezze particolari?
Il rischio maggiore è quello di trattare una persona con disabilità come se avesse bisogno costante di una cura, mettendo in secondo piano tutto il resto. Fondamentale è conoscersi profondamente, permettere che si crei una relazione significativa. Quando iniziamo a provare, lo ammetto, sono tremendo. Sono intransigente e tutti vengono trattati allo stesso modo, chi ha disabilità e chi non le ha. Abbiamo un obiettivo comune: fare teatro e suscitare interesse. In quei momenti, qualsiasi attore deve dimenticare il proprio vissuto ed essere altro, per creare insieme una nuova dimensione.
Può dirci qualcosa del vostro ultimo progetto?

Scaraventati è il nostro nuovo spettacolo: sentirsi scaraventati nel mondo e cercare delle soluzioni per sopravvivere. Ci sarà tanto movimento di corpo, momenti poetici, con recitazione di testi, ironici, comici e grotteschi. Partiremo dalla nostra casa, il Teatro Goldoni di Livorno, il 25 maggio. Non vediamo l’ora!