Up&Down è il titolo dello spettacolo che lo scorso 19 novembre ha commosso tutti i presenti nell’auditorium della Gran Guardia. Il progetto é stato fondato nel 2015 da Paolo Ruffini e la compagnia teatrale Mayor Von Frinzius, formata per la maggior parte da attori con disabilità. L’obiettivo della serata benefica é stato quello di raccogliere fondi per promuovere un programma di valenza sociale focalizzato sull’inclusione, con la volontà di unire abili e disabili facendo condividere fra di loro spazi, attività e laboratori.

La rappresentazione teatrale ha visto come protagonisti Paolo Ruffini e alcuni attori della compagnia (cinque con sindrome di Down e uno affetto da autismo), che attraverso degli “sketch” comici hanno parlato delle relazioni umane, ironizzando anche sulla loro disabilità con lo scopo di normalizzarla e di essere visti per quello che sono (attori,persone) e non come ragazzə non abili a fare qualcosa, dando vari spunti di riflessione. Un’indagine diretta e poetica sulla società: l’ironia e l’irrilevanza accompagnano gli spettatori in un viaggio che racconta la bellezza che risiede nelle diversità.
«Sei felice?» Ha chiesto Ruffini ad uno degli attori.

«Si, perché ho avuto la fortuna di nascere con un cromosoma in più».
Ruffini ha voluto concludere lo spettacolo dicendo: «Il disabile non é qualcuno che si sente abile a, il disabile è qualcuno che incontra qualcun altro per strada, lo indica e gli dice “tu non sei abile a-».
«Quante persone disabili al sorriso e alla leggerezza incontriamo ogni giorno? Ecco: siamo disabili se ci neghiamo la meraviglia, se ci neghiamo la felicità […] Ho capito che io e gli attori di questo spettacolo abbiamo la sindrome di “Up”, a volte siamo come la nostra vita, a volte la nostra vita invece é migliore di noi, perché la nostra vita lo sa che siamo fatti di alti e bassi, la nostra vita lo sa che siamo fatti di Up&Down: siamo tutti up quando le cose vanno come vogliamo e siamo tutti down quando non rispettano le nostre aspettative[…] Abbiamo una grande opportunità, quella di tenerci stretti, uniti, belli, meravigliosi, straordinari, così come siamo»
Queste sono le parole che hanno incantato e commosso l’intera platea, che ha colto non solo il bel legame tra Ruffini e gli attori, ma anche il messaggio che questi volevano trasmettere: con le varie esibizioni nei teatri delle città sono stati in grado di riqualificare alcuni canoni culturali e concettuali riguardante la disabilità, parlandone con leggerezza e senza attribuirgli pesantezza, senza quindi giustificare queste persone. Ruffini sostiene che siano attori che vengono regolarmente pagati, come lui e altri suoi colleghi. Infatti, come ha affermato in un’intervista che per lui la parità si raggiunge anche attraverso questo. Ritiene, inoltre, che oggi ci sia la tendenza di dire “poverino”, e che le persone disabili non abbiano voglia di sentirsi dire ciò, ma magari “tu vali quanto me”.