“Questa è una casa, non è una casa famiglia, e noi diamo la possibilità ai giovani di trovare qui un punto di riferimento”, questo è ciò che afferma la psichiatra e psicoterapeuta Giuseppina Vellone, nonché Responsabile Scientifico e Dirigente del progetto “La Casa di Deborah”, ideato circa nel 2016 da parte della stessa Giuseppina e della sua socia oltre che amica Deborah e approvato il 18 settembre del 2017, anniversario della morte di Deborah, deceduta un anno prima.
Giuseppina racconta: “Casa di Deborah non è una casa di terapia, ma è un luogo dove arrivano dei messaggi tramite la sensorialità, ovvero i ragazzi si sentono accolti tramite i loro stessi sensi: con l’olfatto possono annusare i profumi che Deborah utilizzava per profumare l’ambiente, oppure possono sentire l’odore del cibo preparato per loro; tramite il gusto possono assaporare la pasta preparata dal cuoco volontario per “La Pranzata” del venerdì, oppure il the e i biscotti offerti dalla casa ai ragazzi ogni mattina; con la vista possono vedere il bello caratterizzato dai capi di arredamento della Casa di Deborah; tramite il tatto possono sentire il caldo delle tazze di the, del pane e dei biscotti e infine con l’udito possono ascoltare la musica dello stereo della casa.
“L’idea mi è venuta in mente tramite il pensiero e l’esperienza di molti ragazzi e persone di una certa età che sono soli: il progetto quindi consiste nell’unire una solitudine ad un’altra affinché si crei una compagnia.”- prosegue la responsabile Vellone- “ a ciò ho unito la mia base scientifica e ho pensato che una casa fosse una buona risposta”.
Giuseppina afferma inoltre che l’ispirazione è giunta pensando anche ad un luogo simile presente al tempo della sua gioventù, ovvero la casa di sua nonna, e poi anche per il fatto che si rivede, in modi diversi, nei suoi ragazzi, in particolare nella sofferenza, nell’entusiasmo, nella contraddizione, nella voglia di spaccare tutto di molti momenti, ma soprattutto nella speranza di altre situazioni, che spesso viene negata.