Il 24 aprile del 2013 avvenne la tragedia di Rana Plaza a Dacca, città del Bangladesh, dove crollò un edificio di otto piani dove erano collocate cinque diverse fabbriche tessili di abbigliamento per marchi internazionali. L’incidente causò 1.129 morti e più di 2.500 feriti.
In seguito a questa tragedia il mondo ha iniziato a capire che le condizioni dei lavoratori delle multinazionali dovevano cambiare drasticamente. Così diverse persone si sono unite per creare un progetto che mira alla sostenibilità sociale e ambientale nel settore della moda. Questa realtà ha preso il nome di Fashion Revolution.

In occasione della Settimana della Moda, che si svolge dal 20 al 26 aprile, l’associazione ne ha organizzata una parallela, la Fashion Revolution Week durante la quale è stato lanciato un hashtag diventato virale.
Ogni anno circa l’80% dei vestiti che compriamo vengono gettati via e solo il 20% di essi può essere riciclato a causa delle componenti in plastica. Per questo l’hashtag consiste nel postare una foto con #whomademyclothes, chiedendo a tutti di indossare un proprio capo di abbigliamento al rovescio, in modo da far vedere l’etichetta e indirizzare la domanda ai brand che hanno prodotto il capo. L’obiettivo è quello di fare pressione alle case di moda e chiedere trasparenza e rispetto dei diritti umani e ambientali, temi principali di Fashion Revolution.
Diversi influencer hanno apprezzato e condiviso a loro volta il messaggio che questa realtà cerca di trasmettere, incoraggiando i loro followers a riciclare, riparare e riutilizzare i vestiti prima di buttarli.
Aderire è semplice e il tempo che richiede è davvero poco, quindi perchè non farlo?