Sandro Boscaini nasce a Marano di Valpolicella il 24 settembre 1938. E’ un imprenditore nel mondo del vino, presidente dell’azienda vinicola Masi e dell’associazione di categoria Federvini. Figura nota come Mister Amarone, nel 2016 ha ricevuto il titolo di Cavaliere del Lavoro per l’impegno dimostrato durante gli anni. Conosciamo insieme la sua storia.
Signor Boscaini, come si è avvicinato a questo mondo e in quale momento ha capito che avrebbe rappresentato il suo futuro tanto da diventare addirittura “Mister Amarone”?
E’ stato molto semplice e naturale essendo nato in una famiglia che dal 1772 si occupa del vigneto per la trasformazione dell’uva in vino, sono cresciuto respirando e nutrendomi di questa cultura e di questo ambiente. C’è stato poi un momento specifico: quando ero all’università e non avevo intenzione di proseguire in questo ambito, il professore con il quale stavo facendo la laurea, rettore della Bocconi, mi ha detto che la fiera di Verona era interessata a fare uno studio di marketing per organizzare ciò che è poi diventato Vinitaly, una fiera specifica del vino. Mi sono presentato e sono stato subito assunto e per due anni ho lavorato per questo progetto parallelamente alla laurea. Mio padre poi mi ha chiesto di ritornare in azienda e di farla crescere insieme a lui e a mio fratello e così ho fatto e da quel momento sono sempre rimasto coinvolto, amorevolmente e con passione, in questo mestiere.
Sappiamo che durante la sua carriera ha attraversato diversi periodi storici: com’è stato vivere il dopoguerra e trascorrere la propria infanzia in quel contesto?
E’ stato molto eccitante e anche difficile, ad esempio sono dovuto stare lontano da casa, in un collegio, per otto anni per poter studiare poiché non c’erano neanche le scuole medie in provincia. Allo stesso tempo era un periodo in cui avevamo davanti degli spazi enormi da conquistare, delle praterie, e per questo c’era una certa eccitazione, pur nella mancanza di alcuni mezzi e nelle difficoltà, nel guardare al futuro con una volontà di conquista e di rinascita, che a volte non vedo in voi giovani e di cui forse ci sarebbe bisogno.

Durante il lockdown abbiamo vissuto una situazione surreale nella quale la tecnologia ha svolto un ruolo fondamentale: in quale modo questo strumento ha permesso a lei e all’azienda di crescere e di farsi conoscere nel mondo? Ha avuto la stessa importanza che ha avuto recentemente e che sta avendo in questo momento?
Sono sempre stato molto attento alle tecnologie, man mano che si riscontravano per utilizzarle sia nella mia vita sia nel lavoro. Erano sicuramente diverse, meno sofisticate, ma avevano il vantaggio di essere molto più vicine alla cultura e al modo di vivere di allora. Di conseguenza non erano aliene e totalizzanti, come lo sono oggi, ma ci accompagnavano nella vita di ogni giorno ed erano mirate al progresso, che oggi è quasi dato per scontato e ne abbiamo visto i risultati nel recente momento di emergenza. Credo che la tecnologia sia stata di estrema importanza e inoltre mi ha permesso di recuperare spazi e tempi e di globalizzare l’azienda.
Quanto, secondo lei, questa emergenza cambierà le nostre vite e in particolare il mondo del vino?
Credo che influirà parecchio, nel mondo del vino e in generale nella vita di ogni persona, perché si è visto il limite delle tecnologie, specialmente quelle mediche, e di come tanto di quello che noi facciamo giorno per giorno sia futile. E’ importante e necessario ritornare ai valori fondamentali e alla qualità vera delle cose, oggi siamo un po’ troppo distratti e pensiamo al consumismo dimenticandoci di ciò che conta davvero. Se tutto questo si attuasse, e so che si attuerà anche nel mondo del vino credo che diventeremo consumatori più accorti ma anche più felici.
Lei è anche un uomo di cultura, tanto da creare un concorso, il Premio Masi. Com’è nata l’idea di far sposare il vino alla letteratura e qual è stata finora la sua soddisfazione più grande legata proprio al Premio?
Non c’è dubbio, il Premio Masi mi ha sempre dato grandi soddisfazioni in sé ma ciò che mi ha reso maggiormente orgoglioso è stato il fatto di trovare tantissimi premiati che sono diventati anche amici. Personaggi importantissimi da Bocelli, il regista Olmi, Genscher, il politico tedesco che ha portato all’unità delle due germanie, sono venuti in cantina per vedere con che amore facciamo il vino e questo mi ha dato la forza di spiegare a tutti il senso del Premio, quello di riconoscere la nostra terra, con la sua cultura e l’imprenditorialità delle sue persone, che si rifanno a figure note come Marco Polo e che hanno la stessa volontà di scoperta e di bellezza. E’ un modo per dare un grazie alla nostra terra per quello che ci ha dato come prospettive.
