Settimana concitata quella che sta terminando per la politica italiana tra lunghi giri di critiche, insulti, cambi di casacca e dibattiti politici con precedenti solo nella Prima Repubblica, ma analizziamo gli avvenimenti che l’hanno caratterizzata e le prossime tappe che potrebbero mettere in crisi la non più solida leadership del Premier.
«Aiutateci a ripartire» così Conte conquista la Camera
La prima prova affrontata con relativa tranquillità e calma per il presidente del Consiglio è stata il voto di fiducia alla Camera dove il premier ne è uscito con un voto altamente favorevole di 321 deputati (6 voti oltre la maggioranza assoluta di 315). Il risultato in questo caso era ampiamente scontato e previsto da tutti i principali attori politici, restava solo da capire se qualche volenteroso avrebbe voluto aggiungersi alla già forte maggioranza numerica. In questo caso il discorso di Conte è riuscito ad attirare la fiducia di sei ex Cinque Stelle e della forzista Renata Polverini, le cui intenzioni erano rimaste nascoste fino all’ultimo, immediatamente radiata da Forza Italia per il suo voto favorevole.
Nel suo discorso a Palazzo Montecitorio, ripetuto poi il giorno successivo a Palazzo Madama, sede del Senato, il Premier ha lanciato un richiamo a tutti i parlamentari: «Aiutateci a ripartire». Conte ha infatti sottolineato il fatto che la maggioranza è in bilico e che necessita del sostegno di tutti gli europeisti, liberali e socialisti che vogliono aiutare il governo a tirare il paese fuori da questa situazione critica. Le sue parole hanno espresso tutti i principali obiettivi ottenuti in questa pandemia (misure di sostegno ecc.) per poi convertire su nuovi punti che, nelle sue intenzioni, dovrebbero portare questo governo fino alla fine della legislatura.
Quindi non poteva non citare tutti gli investimenti che vorrebbe mettere in atto per risollevare il paese, dalle energie rinnovabili al rinnovamento tecnologico della pubblica amministrazione. Ribadendo poi il punto sulla politica estera dell’Italia ha creato del caos nelle opposizioni la frase mal pronunciata, e quindi risultata ambigua, sull’alleanza dell’Italia con gli Stati Uniti d’America nell’ambito atlantico, affiancata nello stesso tempo all’amicizia con la Cina. Verso la conclusione del discorso, quasi come una frecciatina a chi ha causato questa situazione, si è anche espresso sulla delega ai servizi segreti così tanto contestata da Matteo Renzi (segretario di Italia Viva), annunciando che delegherà l’incarico a un suo uomo di fiducia. Un discorso esaustivo di un’ora in cui il nome di Renzi non è mai uscito.

Fiducia anche al Senato
In un messaggio su Twitter, il Presidente del Consiglio si esprimeva così sul risultato ottenuto al Senato: “Il governo ottiene la fiducia anche al Senato. Ora l’obiettivo è rendere ancora più solida questa maggioranza. L’Italia non ha un minuto da perdere. Subito al lavoro per superare l’emergenza sanitaria e la crisi economica. Priorità a piano vaccini, Recovery Plan e dl ristori“.
A Palazzo Madama, dopo un’intensa giornata dedicata alle dichiarazioni di voto e alle discussioni, Conte ha infatti potuto contare su una maggioranza relativa di 156 sì contro i 140 no delle opposizioni; determinante in questo caso l’astensione dei senatori di Iv che hanno permesso alla coalizione di governo di tirare un respiro di sollievo sul numero di voti favorevoli da ottenere (se Italia Viva avesse votato contro, il governo al Senato sarebbe stato sotto con i numeri). Numero comunque risicato considerando che hanno votato a favore anche i senatori a vita che però solitamente non partecipano in modo costante ai lavori dell’aula. Anche in questo caso ci sono state defezioni da parte di alcuni senatori di altri partiti in soccorso del Premier, infatti Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin, parlamentari di Forza Italia, hanno votato la fiducia a Conte determinando di conseguenza la loro espulsione dal partito di Silvio Berlusconi.

Ha fatto poi scalpore la situazione di stallo avvenuta mentre la votazione andava concludendo. La Presidente del Senato Casellati aveva chiesto di alzare la mano a chi dovesse ancora votare per la seconda chiama, non vedendo nessuna mano alzata stava pronunciando la frase di chiusura del voto quando improvvisamente il senatore Lello Ciampolillo, ex M5S e ora nel gruppo misto, e dietro di lui il senatore Nencini (Psi) rivendicavano di voler votare. Nell’emiciclo si crea subito il caos seguito dalle urla di protesta contraria dell’opposizione e favorevole della maggioranza. La Presidente, dopo essersi consultata con i questori, vista la situazione delicata, si è rivolta alla visione dei video delle telecamere in aula (una specie di Var calcistica applicata alla politica) per controllare che realmente i senatori in questione fossero entrati in aula prima che lei chiudesse la votazione. Accertato quindi che ne avevano il diritto la Casellati ha proceduto a riammettere alla votazione i due parlamentari, entrambi hanno votato la fiducia.
Premier e opposizione al Quirinale
Mercoledì, nel tardo pomeriggio, con i risultati alla mano, il Premier è andato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per informare e discutere della situazione politica e anche delle azioni che intenderà intraprendere. Mentre il giorno dopo sono saliti al Colle i tre principali leader dell’opposizione Matteo Salvini (Lega), Giorgia Meloni (FdI) e Antonio Tjani (Fi); mancavano all’appello invece i leader dei partiti minori di opposizione perché contrari alla proposta di un ritorno alle urne (se si tornasse al voto questi ultimi potrebbero non tornare in parlamento). La proposta politica compatta del centrodestra infatti è quella di dare la parola agli italiani con il voto a giugno.

Cosa che potrebbe essere molto probabile se Conte non riuscisse a raccattare altri senatori per rafforzare la maggioranza; infatti, tranne che per i temi che riguardano le misure di sostegno economico dove tutti i partiti votano a favore, se Italia Viva in futuro votasse come opposizione insieme al cdx la maggioranza resterebbe in stallo. Un’alternativa per Conte sarebbe quella di ascoltare gli appelli ad aprire un dialogo con Matteo Renzi, il quale sarebbe disposto a ritornare in coalizione in cambio di un di una maggiore risposta concreta sui temi decisivi per il paese. Tuttavia, quest’ultima ipotesi sembra non essere avvallata dal M5S, che per il momento continua a mantenere la linea chiusa nei suoi confronti.
Nel frattempo l’Unione Europea guarda con apprensione a quello che succederà, perché l’Italia a differenza di molti altri paesi dell’Ue non ha ancora approvato e inviato la propria bozza per il recovery fund e questa crisi ne ha rallentato ancora di più la prosecuzione dei lavori per migliorarla.