325 imputati, 438 capi di imputazione, 913 testimoni d’accusa e 58 collaboratori di giustizia, sono questi i numeri degli imputati del maxi processo Rinascita-Scott contro la ‘ndrangheta calabrese che è iniziato il 13 gennaio a Lamezia Terme, che rappresenta un barlume di speranza nella lotta contro la criminalità organizzata in Calabria.

In aula anche il presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra che in un post su Facebook scrive che la lotta alle mafie è ancora lunga ma che in questo processo lo Stato dimostra di voler combattere la criminalità organizzata.
Agli imputati presenti in aula vanno aggiunti quelli che hanno optato per il rito abbreviato che in totale sono 91 e saranno davanti al giudice a fine gennaio.
Tra gli accusati c’è anche Giancarlo Pittelli, ex parlamentare di Forza Italia e legale del narcotrafficante Luigi Mancuso, oppure Piero Giamborino, ex consigliere regionale del Partito Democratico, accusati entrambi di associazione mafiose.
Le accuse sono tante, i reati contestati gravi: associazione mafiosa, omicidio, estorsione, usura, fittizia intestazione di beni, riciclaggio e altri reati aggravati dalle modalità mafiose.
Come nasce il processo

Il processo nasce dalla maxi operazione del dicembre del 2019 dalla procura antimafia di Catanzaro, che ha scoperto intrecci con la politica, la massoneria e forze dell’ordine che ha permesso l’espansione a livello globale della ndrangheta, organizzazione criminale che iniziò a diffondersi all’estero a seguito delle emigrazioni di inizio ventesimo secolo. Si segnalano ‘ndrine in Australia, Colombia, Germania, Canada e paesi sia africani sia asiatici.
Il primo maxi processo d’Italia
Maxiprocesso di Palermo o Cosa nostra, fu il primo maxi processo d’Italia, fu istituito per crimini mafiosi, omicidio, traffico di droghe, concussione e molti altri.

Il maxiprocesso deve il proprio soprannome all’elevato numero di imputati che erano in tutto 460 con circa 200 avvocati, numero che lo fanno diventare il più grande processo penale al mondo
Durò dal 10 febbraio 1986 al 30 gennaio 1992 . Tuttavia spesso per maxiprocesso si intende il solo processo di primo grado, durato dal 10 febbraio 1986 al 16 dicembre 1987.
Un processo senza telecamere
A far discutere e a far sobbalzare sulla sedia la Federazione Nazionale della Stampa Italiana è la decisione del Tribunale di non ammettere in aula, per questioni di sicurezza, le telecamere. Come dichiara al quotidiano Il Giorno il presidente dell’Unione nazionale dei cronisti italiani della Calabria, Michele Albanese, «impedire le riprese giornalistiche audiovisive del maxi processo Rinascita Scott significa privare la storia di una testimonianza formidabile, necessaria e insostituibile. Ciò che come giornalisti siamo riusciti a documentare in relazione al maxiprocesso di Palermo a Cosa nostra, dal 10 febbraio 1986 in avanti, non lo potremo documentare nel nuovo millennio, nell’era di internet e della informazione cross-mediale, con riguardo alla ‘ndrangheta».
Un vero peccato, se pensiamo che questo nuovo maxi processo, almeno dal punto di vista della visibilità, è già partito con un handicap vista la crisi di governo italiana e l’insediamento alla Casa Bianca di Joe Biden che hanno monopolizzato l’attenzione della stampa e dei cronisti in queste ultime settimane.
