Che il vino rappresenti uno dei pilastri della nostra cultura culinaria si sa e l’azienda Masi è per i veronesi una grande fonte d’orgoglio. Raffaele boscaini, figlio del presidente dell’azienda vinicola nata in Valpolicella, Sandro Boscaini, ci racconta la sua esperienza in questo fantastico mondo.
Com’è stato crescere respirando la passione per il vino della sua famiglia?
La risposta è già nella domanda. Proprio cosí, la mia infanzia è stata caratterizzata dalla forte presenza di questa passione per l’azienda di famiglia. Un amore questo che si è poi fatto strada dentro me in un modo direi molto naturale. Mai nessuno ha cercato di forzare le mie scelte, tutto é avvenuto come “normale che fosse così”. A chi mi chiede “quando hai deciso di continuare l’attività di famiglia” rispondo sempre che non l’ho proprio deciso ma l’ho sempre saputo!

Qual è stata la più grande soddisfazione che questo lavoro le ha regalato negli anni?
E’ sempre nel riconoscimento esterno che, normalmente, si ha evidenza dei propri successi e delle proprie capacità. Nel nostro mondo però le maggiori soddisfazioni sono sempre correlate a situazioni che si sviluppano in tempi lunghi, molto lunghi. Pensiamo ad un nuovo vino, per esempio, dalla sua ideazione possono passare tranquillamente dieci anni prima di poterlo vedere sulla tavola di un ristorante, dalla messa a dimora delle viti passando dalla prima produzione di uva, poi la trasformazione in vino, l’invecchiamento e finalmente l’imbottigliamento. Questo per dire che il risultato del proprio lavoro è sempre e solo parte di uno sforzo e di una dedizione di più persone in un tempo lungo, ecco perché è così appassionante. Festeggiare, qualche anno fa, i 50 anni dalla prima produzione di Campofiorin, un vino ideato da mio nonno, mi ha riempito d’orgoglio o gratitudine per avere il privilegio di essere parte attiva in una storia così ricca.
Cosa la appassiona di più del suo lavoro?
Sicuramente la possibilità di interagire con l’ambiente, la società (in diverse culture) e la natura, che sono per me grandi maestri. Attraverso il vino posso trovarmi a stretto contatto con un contadino, un uomo d’affari, un professionista, un politico o, come in questo caso, con una giovane studentessa. Attorno ad un ipotetico tavolo così composto il vino ha la capacità di abbinare ogni differenza e mettere tutti allo stesso livello. Questo è quello che io chiamo il “miracolo del vino” e mi appassiona tantissimo!
Come sta affrontando il mondo del vino questo periodo?
Da una parte ci sono le stagioni e la natura che continuano a darci il loro frutto, la nostra produzione non si è quindi fermata. Dal lato opposto si sono contratte le occasioni di consumo e il mercato (specie quello relativo alla ristorazione) assorbe molto meno prodotto.
Le aziende sperimentano nuovi canali distributivi (on line in primis) e studiano strategie per favorire nuove occasioni di consumo alternative a quelle tradizionali. I segnali di ottimismo però non mancano, ogni volta che si sono allentate le restrizioni relative alle chiusure dei locali il consumo ha subito ripreso i livelli abituali segno che “il buon bicchier di vino in compagnia” non è passato di moda!
Per concludere, qual è il suo vino preferito?
Ho una passione per una varietà di uva in particolare: il pinot nero. Ha la capacità di trasformarsi e regalarci vini per tutte le occasioni. A seconda di come viene lavorata può diventare un fresco e gioioso vino quotidiano ma anche un elegante vino strutturato fino a divertirci sotto forma di spumante di pregio.
