29 aprile 1945: i tedeschi, sconfitti su tutti i fronti dopo le insurrezioni partigiane italiane, firmano la resa di Caserta determinando la fine della guerra in Italia; il giorno seguente, il dittatore nazista Adolf Hitler, ormai rimasto solo dopo la fucilazione di Benito Mussolini a opera dei partigiani, si suicidava e determinava di fatto la fine del conflitto mondiale in Europa.

Da quel momento l’Europa è libera, ma ha alle sue spalle lunghi anni di guerra che hanno portato solo caos, povertà, morte, distruzione e divisione tra gli europei e gli italiani stessi.
Questa guerra, che gli italiani non volevano e non avevano la capacità di fare, portò discredito verso la monarchia e la famiglia reale che, per più di venti anni, non aveva mai cercato di opporsi a iniziative del dittatore italiano come, ad esempio, le vergognose leggi razziali e altre ancora. In pratica la dittatura era stata tacitamente accettata dalla casa reale che ha cercato di cambiare casacca solo nel momento in cui il fallimento militare era evidente a tutti e l’impero italiano era caduto quasi completamente in mano alleata (uno scaricabarile di responsabilità diretto unicamente su Mussolini per salvare la situazione e la reputazione), dando il governo provvisorio al generale Badoglio. Tuttavia, i partiti italiani, riuniti in un governo di unità nazionale dal 1943, e le formazioni partigiane non avevano dimenticato le responsabilità, pesanti come macigni, sulle spalle di Vittorio Emanuele III e quest’ultimo, consapevole della situazione, abdicò in favore del figlio Umberto II di Savoia.

Finita la guerra era necessario ricostruire e cambiare l’Italia. Ai partiti di governo (Democrazia Cristiana, Partito Comunista Italiano, Partito Socialista Italiano, Partito d’Azione, Partito Democratico del Lavoro) la monarchia non piaceva nonostante il cambio di regnante, e si pensò di istituire un referendum istituzionale per far decidere ai cittadini italiani se preferivano mantenere la monarchia o far diventare il paese una repubblica. Le date stabilite per la votazione furono il due e il tre giugno 1946. La campagna elettorale del tempo a favore dell’una o dell’altra forma fu molto accesa e vide una forte contrapposizione.
Questo referendum fu il primo a suffragio universale e coinvolse più di 23 milioni di votanti. Tra questi c’erano uomini e donne che, essendo vissuti sotto il regime fascista, non avevano mai visto una scheda elettorale prima di allora; inoltre, già il fatto che delle persone potessero far valere la loro opinione con il voto era un importante segno di democrazia che diede al nostro paese una possibilità di rivalsa e di riscatto nei confronti delle potenze vincitrici dando inizio ad una nuova storia, quella della Prima Repubblica. I risultati videro un paese diviso in due: la repubblica vinse con circa 12 milioni di voti a favore, prevalentemente del nord, mentre alla monarchia diedero fiducia circa 10 milioni di italiani, prevalentemente del sud.

La data e il luogo della celebrazione di questo evento, reso ufficiale nel 1949, non è sempre stato fisso negli anni a seguire a causa di vari eventi che influenzarono il nostro paese, e anche la maestosità dell’evento è più volte variata; le parate militari hanno risentito molto spesso dell’andamento economico del paese e quindi, in momenti di crisi economica queste vennero tagliate dal programma per evitare di gravare ulteriormente sulle casse dello Stato.
La giornata del 2 giugno prevede il posizionamento di una corona d’alloro al milite ignoto, sul Vittoriano, seguito dall’inno di Mameli e dallo sfrecciare delle Frecce Tricolori; al seguire una parata militare di tutte le forze armate davanti alle più alte cariche dello Stato. Nel 2020, anno della pandemia, il Presidente della Repubblica Mattarella preferì una cerimonia più semplice, seguita da una visita a Codogno, togliendo la parata militare.