Michelangelo Merisi, noto ai molti come Caravaggio, divenne celebre grazie al suo abile utilizzo della luce (in particolare di quella teatrale) che rivoluzionò completamente la prospettiva pittorica italiana. Solo pochi sanno però che anche la vita del celebre artista, che visse a cavallo tra il XVI e il XVII secolo, fu un alternarsi di momenti di genialità ed episodi di violenza che lo videro implicato spesso in risse e sommosse; questo suo carattere tenebroso lo portò addirittura ad una condanna a morte. Andiamo quindi a scoprire meglio la storia di questo celebre personaggio.

Michelangelo Merisi nacque nel 1571 in un piccolo comune in provincia di Bergamo, Caravaggio, da cui prese il nome. Già nel 1584, all’età di 11 anni, i molti avevano compreso il suo grande potenziale come pittore e perciò aveva iniziato a lavorare presso la bottega di Simone Peterzano, a Milano; successivamente andò a Roma per continuare la propria formazione tra il 1588 e il 1589.
Nell’Urbe approfondì i suoi studi sull’arte ritraendo soggetti mitologici e religiosi, quali Maddalena, Riposo nella fuga in Egitto e Bacco; in tutto questo periodo dipinse una sola natura morta ,Canestra di frutta”, realizzata per il cardinale Borromeo. La novità di Caravaggio in quest’ultimo dipinto fu la verità di natura che prese posto ai canoni classici, che prevedevano un’astratta idealizzazione della forma.

La sua prima commissione pubblica arrivò nel 1590 con il cardinal Del Monte: si trattò delle storie di San Matteo per la Cappella Contarelli.
Fu in questo momento che il pittore iniziò a studiare le sue opere disponendole in stanze con pareti dipinte di nero, così che la luce, proveniente da una fonte ben determinata, non fosse riflessa dalle pareti chiare ma si concentrasse sulle figure. Nacque così lo “stile Caravaggesco” con scene pittoriche sempre più drammatiche, caratterizzate dalla luce piena e da ombre profonde. Il Merisi, a differenza dei colleghi, dipingeva di getto, senza studiare prima in modo accademico i soggetti, si lasciava trasportare dalle emozioni e dall’istinto.

Con l’arrivo del nuovo secolo, Caravaggio fu riempito di commissioni ufficiali, come la Crocefissione di San Pietro o la Sepoltura di Cristo. Dietro all’apparenza di persona eletta, derivatagli dalle sue indubbie abilità artistiche, la sua vita quotidiana fu avvolta da profonde ombre: anni di violenza, ribellioni, processi e condanne.
Nel 1606, Michelangelo Merisi fu coinvolto in una rissa durante la quale uccise un uomo, Ranuccio Tomassoni, scatenatasi peraltro per motivi banali: un fallo durante una partita a palla! Decise allora di fuggire a Napoli per cercare rifugio dalla condanna a morte che incombeva su di lui.

Nel 1607 andò a Malta dove causò altri guai a causa del suo carattere; decise allora di tornare a Napoli dove, tra il 1609 e il 1610, venne inseguito, sfigurato e ferito gravemente da dei sicari provenienti da Malta.
A Roma giunse la notizia della sua morte: in realtà era riuscito ad imbarcarsi su una nave diretta verso la costa toscana; arrivato a Porto Ercole fu imprigionato per sbaglio e quando venne rilasciato la barca era già ripartita. Morì infine di malaria il 18 luglio del 1610.
Caravaggio aveva dentro di sé due diversi animi: uno gentile e sensibile, che gli permetteva di dar vita a opere eleganti, raffinate, profonde ed autentiche; e uno iroso, violento e permaloso che gli procurò problemi per tutta la vita, facendogli rischiare più volte la morte.
Questi suoi momenti di luce, dati dallo straordinario successo riconosciutogli in campo pittorico, e di ombre, sempre più presenti a causa del suo carattere, li ritroviamo anche nei suoi quadri: grazie alle sue straordinarie capacità era in grado di creare un fascio di luce teatrale che illuminava solo determinati soggetti, a volte neanche completamente. Si può quindi affermare che i suoi quadri riflettano perfettamente i due animi del pittore e quindi, di conseguenza, la vita dello stesso.