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Le vacanze estive oramai sono giunte al termine e l’inizio della scuola è imminente. Gli studenti, emozionati di ritornare tra i banchi, si affrettano a concludere la loro estate e a salutarla con un “arrivederci”.

La scuola è sempre stato un elemento importante nella vita di bambini e adolescenti: rappresenta per loro una certezza, poiché trascorrono diversi anni in aula, nella quale apprendono, si formano e vengono accompagnati in un percorso di crescita personale, educativo e anche sociale, dato che a scuola si stringono amicizie e legami che possono durare per tutta la vita.

Ma non tutti hanno avuto la fortuna di sedersi tra i banchi di scuola: si può dire che la scuola italiana nasca con l’Unità di Italia, nel 1861, grazie ad una legge emanata nel 1859 da Gabrio Casati, la quale prevedeva che il percorso scolastico fosse obbligatorio fino al quarto anno di formazione elementare. Con il fascismo l’obbligatorietà della scuola si innalzò fino al quinto anno elementare e con esso ne venne decisa anche la gratuità.

Però, continuava ad esserci un alto tasso di analfabetismo: molte famiglie povere vivevano del frutto del loro lavoro nei campi agricoli e nella gestione del bestiame, perciò impiegavano i propri figli come manodopera per continuare a lavorare la terra e quindi vivere. Per questo molti ragazzi non ebbero un istruzione e rimasero analfabeti.

All’inizio del 1900 e con il fascismo, attraverso le scuole rurali, si cercò di portare il ”sapere” anche nelle campagne. Nel dopoguerra e negli anni ’50 e ’60 anche la radio e la televisione fornirono un grande contributo.

Per l’appunto, negli anni ’60 Alberto Manzi fu per molti italiani l’unico insegnante. Tra il 1960 e il 1968 il suo programma televisivo Non è mai troppo tardi fu uno straordinario strumento di alfabetizzazione: un milione e mezzo di adulti imparò a leggere e a scrivere, conseguì la licenza elementare e gettò le basi di una vita migliore, fondata sull’istruzione e sulla consapevolezza.

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Alberto Manzi in “Non è mai troppo tardi”

Apprendere per tutta la vita è qualcosa che va garantito, perché solo così l’essere umano può tracciare un suo percorso, lasciare un segno

affermava Manzi, il cui pensiero ruotava intorno all’idea di libertà, che si poteva raggiungere grazie allo studio e alla consapevolezza che ne derivava.

Laureato sia in biologia sia in filosofia e pedagogia, Manzi nel 1946, ottenne l’incarico di insegnare nel carcere minorile Aristide Gabelli di Roma. Nonostante le resistenze, riuscì a coinvolgere pienamente questi ragazzi complicati, realizzando il primo giornale di un carcere, La Tradotta, seguito da “Storia di un gruppo di castori“, uno dei primi esperimenti teatrali realizzati in un istituto di rieducazione, che narra la storia di Grogh, un castoro in cerca di libertà. Nato inizialmente per catturare l’attenzione dei ragazzi, questa storia si aggiudicò poi il Premio Collodi per le opere inedite.

Nel 1960 Manzi venne coinvolto in un progetto che lo rese celebre e che potremmo definire il primo “esperimento di didattica a distanza”. Il direttore didattico della scuola romana Fratelli Bandiera, in cui insegnava dal 1954, lo mandò alla Rai per un provino per prendere parte a Non è mai troppo tardi. Si trattava di una trasmissione televisiva nata da un’idea del direttore generale della Pubblica Istruzione, il cui obiettivo era quello d’insegnare a leggere e a scrivere agli adulti non alfabetizzati. Manzi superò il provino e divenne il “maestro d’Italia”. Il suo fu un successo notevole: il programma che in Italia andava in onda prima di cena, fu riprodotto in più di settanta paesi.

Ogni lezione di Non è mai troppo tardi iniziava con un disegno: ” Se in tv fossi rimasto fermo a parlare per venti minuti avrei addormentato tutti. Invece bastava schizzare qualcosa, meglio se incomprensibile all’inizio, così chi stava a guardare era incuriosito dal disegno che prendeva forma e nel frattempo seguiva il mio discorso” rivelò lo stesso Alberto Manzi.

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Alberto Manzi e i suoi disegni per catturare l’attenzione del pubblico durante le sue lezioni

Il Ministero della Pubblica Istruzione, insieme alla Rai, creò duemila posti dove le persone potevano riunirsi per seguire la trasmissione: fu una grande operazione educativa nell’Italia del boom economico e “il maestro d’Italia” venne premiato ricevendo il premio Unesco per la lotta all’analfabetismo nel 1965.

La sua grande empatia era rivolta non solo agli uomini ma anche alla natura, agli animali, all’ambiente. Era considerato un innovatore e talvolta un rivoluzionario. Ai suoi studenti di quinta, una volta terminato il percorso delle scuole elementari, consegnava una lettera:

Non rinunciate mai, per nessun motivo, ad essere voi stessi… Andate avanti serenamente, con l’affetto verso tutte le cose e gli animali e le genti, con onestà, onestà e ancora onestà, perché questa è la cosa che manca oggi nel mondo e voi dovete ridarla, e intelligenza, e ancora e sempre intelligenza, il che significa riuscire sempre a comprendere, il che significa riuscire ad amare. Realizzate tutto ciò, ed io sarò sempre in voi, con voi.

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Ho 15 anni e vivo in provincia di Verona, più precisamente in un piccolo paesino di nome Rivoli Veronese, vicino alla Valpolicella. Fin da bambina ero serena, ma curiosa: osservavo con grande attenzione tutto ciò che mi circondava. Sono cresciuta insieme a mia sorella maggiore, che era, ed è ancora oggi, il mio punto di riferimento e la mia confidente. Quando sono triste o giù di morale so che posso contare su di lei. Nel mio tempo libero adoro guardare le serie televisive e i film. Amo il cinema in ogni sua sfaccettatura, i miei generi preferiti sono il fantasy e il romantico, ma nutro anche una grande passione per il genere drammatico. Mi piace leggere, soprattutto in estate sotto l’ombrellone, con il sole che mi sfiora la pelle e il rumore delle onde in sottofondo oppure in inverno davanti al caminetto acceso, con una bella tazza di tè caldo in mano. Inoltre, durante il fine settimana trascorro alcune ore a passeggiare lungo il fiume Adige insieme alla mia cagnolina, Rendy.

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