Una struttura unica, quella dell’Arco di Giano, la sola a pianta quadrangolare nell’antica Roma. Il monumento del IV secolo d.C., chiuso ai visitatori da 28 anni, è di nuovo visitabile. Era inaccessibile dal luglio 1993, quando la mafia fece esplodere un’autobomba che devastò la facciata della vicinissima chiesa medievale di San Giorgio al Velabro, danneggiando anche l’Arco di Giano.
Per molti anni è stato dimenticato, in attesa di un restauro che tardava, infatti solamente nel 2016 sono arrivati i primi finanziamenti. Il restauro è stato poi concluso nel 2017 con il contributo della Fondazione Alda Fendi che ha consentito anche l’apertura al pubblico.

La riapertura al pubblico, avvenuta il 5 Novembre, diventa anche un modo per dare luce alle logiche opprimenti della violenza di genere di cui le donne sono vittime. L’idea è messa in scena dall’artista Raffaele Curi davanti all’arco a pianta quadrangolare ed è costituita da 70 manichini femminili vestiti di kimono bianchi in seta, che portano sulla fronte un cartello rosso con la scritta cinese Nu-shu “Le parole perdute delle donne“. Le parole appartengono all’unica lingua al mondo esclusivamente femminile, un idioma segreto creato in Cina tanto tempo fa dalle donne del popolo Yao e da loro gelosamente custodito e tramandato per generazioni, con lo scopo di non farsi comprendere dagli uomini.

La storia dell’edificio
L’Arco di Giano è un edificio ancora poco conosciuto: infatti si pensa che il monumento non fosse dedicato a Giano, come si è creduto per secoli, dal momento che il termine deriva dal latino ianus, ossia “porta”.
La scoperta decisiva dei restauratori è avvenuta all’interno, salendo le scale e osservando uno spazio nascosto del monumento: incisa su un blocco di marmo è stata trovata l’iscrizione COS, abbreviazione di Costantino, l’imperatore romano. Furono i figli a dedicargli l’arco quadrifronte dopo la sua morte nel 337, usando marmi di monumenti precedenti.
Tutti materiali, ora in fase di studio, stanno rivelando la loro origine e funzione. Che l’Arco fosse dedicato a quell’imperatore è confermato dai «Cataloghi regionari» romani del IV secolo che citano un arco di Costantino proprio accanto al Velabro (area situata fra il fiume Tevere e il Foro Romano).

Il monumento è comunque molto diverso dal famosissimo Arco di Costantino, dedicato dal senato romano all’imperatore per celebrare il trionfo militare ottenuto su Massenzio. Nel Medioevo l’arco venne poi trasformato in fortificazione dalla famiglia Frangipane, la stessa che aveva convertito in fortezza il Colosseo. Fu più tardi abbandonato, ricoperto dai detriti e depredato delle tante statue, che decoravano le nicchie a forma di conchiglia oggi ben visibili sulle pareti.
Nel Cinquecento si salvò anche dalla distruzione, voluta da papa Sisto V, dei monumenti pagani per utilizzarne marmi e colonne nei nuovi edifici cristiani. Nella volta a crociera all’interno dell’Arco sono comunque ancora scolpite le quattro divinità femminili più popolari in città: la dea Roma con Giunone, Minerva e forse Cerere.
