Una delle pratiche principali che si svolgono per la coltivazione di viti, è la potatura invernale. Da essa dipendono molti fattori determinanti, come la quantità, la qualità e la sanità dell’uva prodotta. Proprio grazie a questa pratica viene mantenuta una costante produzione, e le energie della vite vengono distribuite in modo corretto, riducendo così il rischio di malattie.
Anche in Valpolicella, terra notoriamente vocata alla produzione di vino e ricoperta per quasi tutto il suo territorio di vigneti, la potatura viene svolta ogni anno durante il periodo invernale che può variare, in base alle temperature, da dicembre fino a marzo, periodo di riposo vegetativo della pianta; tuttavia, è presente un’eccezione: nel primo anno dopo l’impianto della vite vanno evitati grossi tagli, in modo che possa crescere e che riesca a sviluppare l’intero sistema radicale.
La potatura, in Valpolicella, viene vissuta quasi come un rito propiziatorio che dà vita a un processo che poi genera il prodotto prezioso, il vino. Centinaia di agricoltori sono coinvolti nei mesi invernali nei campi e l’attività si estende per molti mesi.

In primavera, infatti, la vite emette un germoglio che durante la seguente stagione lignifica, attuando il processo di agostamento, da quel momento il germoglio diventa tralcio, e l’anno seguente potrà dare vita a nuove gemme, che porteranno a loro volta a germogli fruttiferi. I tralci, a seguito della potatura invernale, vengono chiamati “capi a frutto”, e hanno svariate lunghezze, in base alle gemme che sono rimaste, se, infatti, il tralcio ha solamente 2 o 3 gemme, prende il nome di “sperone”.
La potatura è quindi un intervento di taglio, un insieme di operazioni colturali da eseguire su alberi e piante, in particolare quelle da frutto, e vi sono modalità differenti per quanto riguarda la vite, che variano a seconda della tipologia di coltivazione che viene scelta.

La forma di coltivazione a guyot, che prevede il fusto della vite alto circa tra 80 e 100 cm dal suolo, può essere potata con due modi differenti. Il primo è chiamato “tralcio di rinnovo” o “potatura mista”, e chiede di mantenere un capo a frutto disteso orizzontalmente sul filo di metallo. Il secondo modo, invece, è il “cordone speronato” che prevede tralci sia produttivi che vegetativi come speroni, ovvero potati fino a tre gemme al massimo. Quest’ultimi vengono disposti come piccoli prolungamenti del fusto, detto cordone, in verticale.
Nella forma di coltivazione a pergola, invece, la vite è coltivata alta, con una composizione di pali verticali di sostegno in cemento, fili di metallo e stanghette, che permettono alla vite di arrampicarsi attraverso organi di presa, chiamati viticci. Anch’essa ha due forme di potatura. La prima è a “pergola semplice”, che prevede la stesura di tralci in modo perpendicolare ai fili di metallo, ma solo da una parte della vite. La seconda è a “pergola doppia”, che, come la precedente, richiede la stesura allo stesso modo, ma da entrambe le parti della vite.
L’ultima forma di coltivazione è chiamata a “GDC”, essa vuole il cordone sdoppiato su tre file posto in orizzontale, parallelo ai fili metallici. In questo modo garantisce la ricaduta in basso della vegetazione che mantiene così i grappoli ben illuminati dal sole.
In base alla forma di coltivazione, quindi, è possibile scegliere un tipo di potatura. Esso durante il corso di vita della vigna può essere cambiato, ma richiede diversi anni e lavori.
Queste svariate forme, influiscono sulla qualità di uva e di vino presenti ogni giorno sulle nostre tavole, rendendoli speciali e differenti l’uno dall’altro, dandogli un sapore unico.
