Aurora Montin, giovane ragazza di 18 anni, è la più giovane tra le sue compagne di squadra di pallavolo dell’Arena Volley Team. Sono ormai 11 anni che l’atleta veronese, classe 2004, pratica questo sport e non smette mai di divertirsi. Com’è per una ragazza così giovane ritrovarsi in un ambiente professionistico? Con i suoi 180 centimetri di altezza attacca i suoi palloni dalla prima linea con il ruolo di centrale. Abbiamo la possibilità di vedere più da vicino questa realtà attraverso i suoi occhi.

Aurora, 18 anni e già in serie B. Possiamo parlare di talento?
Trovo che il talento sia naturalmente ciò che mi ha permesso di arrivare dove sono, talento in relazione alla perseveranza, al duro lavoro che sta dietro a qualsiasi realizzazione di obiettivi. Per me i fattori più importanti sono stati la predisposizione, la buona fisicità, saper stare in campo, il desiderio di crescere, e “avere voglia”: ci sono molte scelte che implicano sacrifici. Trovo tutto questo mescolarsi di ingredienti la ricetta che mi ha portata qui.
Cos’è per te la pallavolo?
Per me la pallavolo è tante cose: una valvola di sfogo per i momenti difficili; un “aiuto”, poiché giocando in una squadra trovo supporto anche nelle compagne; è l’occasione per tessere nuove relazioni: trascorro molto tempo con le mie compagne ed è impossibile non trovare momenti di conoscenza. La pallavolo è un sogno: mi piace, sto bene quando gioco e soprattutto mi diverto.
Quando hai iniziato a giocare con i primi palloni?
Ho iniziato a giocare a pallavolo a sette anni dopo un anno di danza classica, e non è stato un gran successo poichè ero anche la più alta… si può capire essendo io ora 180 cm. Una volta entrata nella palestra di pallavolo mi sono innamorata: c’erano molti ragazzi che giocavano e subito mi hanno dato consigli e insegnato come giocare… da lì è nata la mia passione e sono ancora qui.
Un conto è giocare da dilettante, un altro da professionista. Sono molte le rinunce?

Ritengo che questo valga per tutti gli sport: già da dilettante inizi a rinunciare a uscite con amici quando hai allenamento o partita, ma una volta che diventi professionista non hai più scuse: l’unico motivo per cui puoi saltare allenamento è la malattia; rinunci quindi ad attività (come ad esempio pattinare), uscite con amici, aperitivi, specialmente le sere prima delle partite. Bisogna aver cura della propria persona rinunciando a piaceri dannosi per il corpo ai fini sportivi. Mi è capitato di tornare dalle partite all’una di notte e il giorno dopo dovermi alzare presto per scuola e poi affrontare un allenamento nel pomeriggio/sera…
Quali consigli daresti a un giovane che volesse provare ciò che stai facendo tu?
Continuare a provarci, non arrendersi. Appena arrivata nella nuova squadra continuavo a sbagliare e non sapevo fare nulla di ciò che sapevano fare loro. Erano completamente un altro livello: chiamavano il pallone e attaccavano come non avevo mai visto prima. Poi mi hanno insegnato, mi sono state vicine, e questo aiuta molto, soprattutto mentalmente; inoltre bisogna cercare di allenarsi bene fisicamente per presentarsi al massimo e dare tutto. Non darsi per vinti e lottare. È normale sbagliare all’inizio, è importante non mollare e non lasciarsi intimorire.

Come o dove ti immagini tra qualche anno?
Spero di proseguire la mia carriera pallavolistica. non so se resterò qui a Verona, o in altre città: non si può mai sapere dove si sarà, le squadre continuano a chiamare e non è mai sicuro dove sarai in futuro… mi piacerebbe anche proseguire nei miei studi frequentando l’università.
Un sogno nel cassetto?
Mi piacerebbe moltissimo riuscire ad acquisire una maturità tale da aiutare le prossime generazioni di giocatrici a dare il meglio di loro, come stanno facendo ora le mie compagne con me in questi mesi. Prendo come modello la mia compagna di squadra più anziana che non smette di darmi consigli e aiutarmi. Voglio essere quello stesso supporto per chi sarà al mio posto in futuro. La pallavolo mi piace veramente troppo per mollare ora, quindi spero di continuare in un mondo tra professionisti. Inoltre dopo undici anni sarebbe disorientante lasciare la mia compagna di viaggio.