«Tuvalu potrebbe essere il primo Paese al mondo a esistere unicamente nel cyberspazio, ma se il riscaldamento globale continuerà a peggiorare non sarà l’ultimo» sono queste le provocatorie dichiarazioni di Simon Kofe, ministro della Giustizia e degli Affari esteri di Tuvalu, un arcipelago della Polinesia, pronunciate durante la conferenza COP27 avvenuta il mese scorso.
Una delle tante voci insorte negli ultimi anni riguardo ai cambiamenti climatici che stanno causando molti problemi ma soprattutto che vanno a minare il patrimonio terreno e ambientale che consegneremo alle future generazioni.
L’affermazione di Kofe, che per certi versi può apparire fantascientifica e assurda, in realtà è nata come un’istigazione: estrema sicuramente, ma efficace per rendere l’idea di quanto sia delicata e precaria la situazione ambientale odierna nelle località marine e non solo.
Se però la provocazione può lasciare un po’ il tempo che trova, il reale significato che si cela dietro a questa dichiarazione è tutt’altro che ironico. Simon, infatti, crede che il rendere virtuale una realtà fisica sia, viste le situazioni precarie anche a livello di accordi tra nazioni, la soluzione più efficace per preservare e rendere eterna una bellezza che altrimenti si deteriorerebbe giorno dopo giorno.

Compreso il pensiero di Kofe e interpretato il significato più profondo della sua affermazione, è necessario anche notare che questo suo immaginario è abbastanza utopistico. Il trasferimento di una nazione intera, anche se piccola, in una realtà virtuale richiederebbe un’organizzazione umanamente irraggiungibile e una quantità d’energia insostenibile. Oltre a queste divergenze di carattere tecnico, il problema principale è quello dell’inquinamento.
Se questa idea è nata infatti come un ripiego per “scappare” dal problema, accogliendo questa proposta ci troveremmo ad averlo semplicemente circondato senza effettivamente eliminarlo. Infatti una rete così complessa e intersecata come quella virtuale necessita di infrastrutture, server e visori la cui produzione causa un inquinamento notevole e per nulla marginale. La realtà virtuale purtroppo ci è stata mostrata come la soluzione a impatto zero: perchè rapida, comoda, innovativa e moderna. In verità la realizzazione degli apparecchi elettronici e dei sistemi di rete, di ecologico hanno gran poco.
Quindi, come si poteva intuire, la proposta di Kofe non è realizzabile: la sua dichiarazione infatti, nata come una provocazione, resterà tale e si limiterà a sensibilizzare tutti coloro che non vedono i problemi collettivi come un qualcosa che, prima di riguardare l’insieme, colpiscono il singolo.
Pertanto quella di Simon Kofe diverrà, come quella di altre autorità e figure istituzionali, una delle varie voci “fuori dal branco”.