Fino ad oggi sono almeno 475 i manifestanti uccisi e 18240 quelli arrestati, secondo l’agenzia di stampa degli attivisti per i diritti umani Hrana, ma da qualche giorno è stata eseguita anche la prima condanna a morte per uno dei rivoltosi: Mohsen Shekari.
Le proteste in Iran, che vanno avanti da più di due mesi, scatenate a causa della morte della giovane Mahsa Amini, hanno portato nel paese scompiglio, disordine e violenza per la lotta alla libertà da parte di molti iraniani. Secondo i medici intervistati dal Guardian le forze dell’ordine sparano durante le proteste alle donne da distanza ravvicinata colpendole al volto, agli occhi, al petto e ai genitali. Inoltre adesso sono cominciate le prime sentenze, con il governo dell’Iran che infatti ha dichiarato che le proteste sono istigate dai nemici stranieri del Paese, ordinando perciò alle forze di sicurezza di “affrontarle con decisione”; è stato annunciato che sono 11 le persone condannate a morte finora per le proteste.

Shakari è stato impiccato la mattina dell’8 dicembre dopo essere stato giudicato colpevole per “inimicizia contro Dio” da un tribunale rivoluzionario; secondo la Magistratura l’udienza si è tenuta il 10 novembre nella quale l’imputato pare si sia dichiarato colpevole. È stato accusato di aver creato disordini, di aver estratto un arma con l’intenzione di uccidere, di aver bloccato una strada e di aver ferito intenzionalmente un ufficiale delle forze dell’ordine nel giorno del 25 settembre.
Mahmood Amiry-Moghaddam, direttore di Iran Human Rights, la cui sede in Norvegia, ha twittato che le rivolte dei manifestanti aumenteranno sempre ogni giorno a meno che il governo iraniano non sia messo di fronte a “rapide conseguenze pratiche a livello internazionale”.
Uno degli oppositori contro il regime, Hossein Ronaghi, recentemente scarcerato, ha lanciato anche lui un appello, scrivendo su twitter che “Non chiudiamo un occhio sulle esecuzioni. L’uccisione di qualsiasi manifestante avrà gravi conseguenze.” Descrive la morte di Shakari come “Una ferita che è stata inflitta a tutti i manifestanti in Iran e tutto l’Iran sente dolore, la rabbia riempie tutto il popolo iraniano.”

Le misure prese dal governo iraniano non hanno scatenato disordini e indignazione solo fuori e dentro il Paese, ma anche all’interno della famiglia della Guida Suprema del Paese, Ali Khamenei. Infatti la stampa ha pubblicato una lettera della sorella, Badri Hossein Khamenei, nella quale dice che “il popolo iraniano merita libertà e prosperità, e la sua rivolta è legittima e necessaria per ottenere i suoi diritti. Spero di vedere presto la vittoria del popolo e il rovesciamento di questa tirannia che governa l’Iran. Che la giusta lotta del popolo per raggiungere la libertà e la democrazia si realizzi il prima possibile.” Questo è avvenuto in seguito all’arresto di sua figlia Farideh Moradkhani, nipote di Ali Khamenei, dopo che si era dichiarata a fianco dei manifestanti.
“Nel nome di Dio perdere un figlio ed essere lontano da tuo figlio è una grande tristezza per ogni madre. Molte madri sono rimaste in lutto negli ultimi quattro decenni. Penso che sia opportuno ora dichiarare che mi oppongo alle azioni di mio fratello ed esprimo la mia simpatia per tutte le madri che piangono i crimini del regime della Repubblica islamica, dai tempi di Khomeini all’attuale era del despotico califfato di Ali Khamenei.”
Badri Hossein Khamenei conclude poi la lettera così dicendo: “L’opposizione e la lotta della nostra famiglia contro questo sistema criminale sono iniziate pochi mesi dopo la rivoluzione. I crimini di questo sistema, la soppressione di qualsiasi voce dissidente, l’imprigionamento dei giovani più istruiti e ispirati di questa terra, le punizioni più severe e le esecuzioni su larga scala iniziarono fin da subito. Come tutte le madri in lutto iraniane sono anche triste per il fatto di esser lontana da mia figlia. Quando arrestano mia figlia con violenza, è chiaro che applicano migliaia di volte più violenza ad altri ragazzi e ragazze oppressi che sono sottoposti a crudeltà disumana.”
Il presidente iraniano Ebrahim Raisi però non cambia idea dicendo che “il popolo dell’Iran non si fa ingannare dagli slogan sulla libertà. Coloro che tentano di seminare discordia tra le persone con belle parole devono essere identificati.”
L’azienda di telecomunicazioni satellitari Eutelsat, con sede a Parigi, ha chiesto alle sue emittenti di togliere le trasmissioni di Press Tv, il canale iraniano in lingua inglese e francese molto vicino al governo dell’Iran. Le autorità di Teheran hanno contestato questa decisione e il portavoce del ministero degli esteri iraniano ha scritto in un post twitter che tutto ciò si fonda sulle sanzioni dell’Europa contro l’Iran, aggiungendo che l’unione europea ospita molti canali dove si promuove il terrorismo contro lo Stato iraniano.
Da fonti diplomatiche occidentali pare che l’Iran stia avendo trattative con i suoi alleati in Venezuela per organizzare l’asilo dei funzionari del regime e le loro famiglie, qualora la situazione peggiori e aumenti il pericolo di un cambio di governo.