
Da almeno due settimane le forze dell’ordine della città liberata lo scorso novembre cercano di convincere i pochi civili rimasti ad abbandonare Kherson, dove rimangono, ad oggi, ancora 80.000 civili rispetto ai 300.000 abitanti originari.
Le forze russe, dalle nuove postazioni sulla riva destra del fiume, tengono sotto assedio l’intera area urbana sotto attacco, con un numero impressionante di attacchi di mortaio e missilistici, aumentati sino a 150 al giorno.
Gli abitanti, che quando lo scorso 11 novembre le truppe ucraine avevano fatto il loro ingresso nella città abbandonata dai russi, pensavano di aver superato la fase più dura del conflitto, si stanno adattando alla situazione, tenendosi pronti a ripararsi ogni volta che il sibilo delle bombe in arrivo rompe il silenzio, pochi secondi prima che il le nuove esplosioni portino altra distruzione e aggravino il bilancio dei feriti e delle vittime della guerra.
Gli abitanti sono convinti che si tratti di una sorta di vendetta di Putin per lo smacco della perdita di Kherson, che era la città simbolo delle più importante delle province ucraine occupate dai russi sin dallo scorso marzo, all’inizio dell’invasione.
I continui bombardamenti, creando una vera e propria emergenza umanitaria, destinata a restare, sono il messaggio del dittatore russo per la popolazione: se lui non può tenere la città, nemmeno gli abitanti della stessa potranno restare al sicuro nelle loro case. E per fare questo, i russi colpiscono a casaccio, senza mirare specifici obiettivi, per terrorizzare la popolazione e costringerli ad abbandonare la loro vita e le loro case.