L’abbazia benedettina in Santa Maria in Organo si trova nel quartiere di Veronetta a Verona vicino al Teatro Romano. Famosa per le tarsie del coro e per la sacrestia opera di Frà Giovanni e lodata dal Vasari come la sacrestia più bella d’Italia, nella cappella di San Benedetto conserva la “Muletta”, un’opera lignea di scuola tedesca risalente al XIII- XIV sec.

che rappresenta Gesù benedicente sul dorso di un asino che entra in Gerusalemme nella domenica delle Palme.
Per lungo tempo è stata celata, dal ‘700 in poi, perché stilisticamente superata, ma ora è esposta ed è in una posizione ben visibile.
Una leggenda vuole che questa statua, arenata davanti alla porta della chiesa, dopo varie vicissitudini venne raccolta e portata finalmente in Chiesa.
Secondo una tradizione popolare parallela, la statua conserva al suo interno le pelle dell’asino che portò Gesù Cristo a Gerusalemme. L’asino della domenica delle Palme capitò a Verona e venne ospitato e alla sua morte le sue reliquie vennero poste nel ventre della Mussetta lignea.
La statua veniva portata in processione nei riti della domenica delle Palme dai frati olivetani. Poiché alcune feste cristiane erano la continuità dei riti pagani, mai completamente sradicati, che in questo caso l’asino rappresentava un animale totemico già sacro nell’ antico Egitto dove rappresentava Set fratello di Iside o come Marduk dio Mesopotamico dalle lunghe orecchie. In queste processioni la muletta era venerata come il Cristo che la cavalcava.
Vi furono, di conseguenza, delle polemiche legate alla contestazione per il culto cattolico delle immagini e per un certo periodo non se ne sentì più parlare e non venne più esposta.
Quando il premio Nobel Dario Fo vide la statua affermò che molto probabilmente il Cristo benedicente che cavalca l’asino fosse stato in origine un Dioniso e che la mano che scolpì l’asino è sicuramente diversa da quella che intaglia il Cristo molto ricco di particolari e molto raffinato.