
Tra circa due settimane, dallo spazioporto europeo di Kourou, nella Guyana francese, decollerà la missione JUICE, progetto con cui l’ESA, insieme ad altri partner, ha intenzione di studiare le tre lune di Giove: Ganimede, Europa e Callisto. L’obiettivo di JUICE, acronimo di Jupiter Icy Moons Explorer, è di cercare di comprendere se i satelliti galileiani siano un ambiente in cui potrebbero esistere o potrebbero essere esistite delle forme di vita, in virtù della presenza certa di acqua ghiacciata sulla loro superficie e della presunta presenza di acqua salata liquida nello strato sotterraneo.
I satelliti di Giove
Giove è il pianeta più grande del Sistema solare che ha almeno 79 satelliti naturali, e tra questi ci sono Io, Europa, Ganimede e Callisto che sono i più grandi e interessanti.

Io è il più vicino a Giove dei quattro ed è coperto di composti di zolfo e prodotti lavici. E’ il corpo vulcanicamente più attivo del Sistema solare a causa dell’enorme gravità del pianeta attorno al quale orbita. Tale satellite non fa però parte degli obiettivi di JUICE per ragioni tecniche: “Per quanto Io sia estremamente interessante, ha spiegato Giulio Pinzan, che fa parte del team dei controllori di volo della missione, non sarà ‘visitato’ da JUICE perché non è una luna ghiacciata, è molto vicino a Giove e ha un campo magnetico troppo forte che metterebbe in difficoltà gli strumenti a bordo”.
Le altre tre lune, Europa, Ganimede e Callisto, sono lune ghiacciate. Si pensa che sotto la crosta di Europa si nasconda un oceano di acqua salata liquida, fatto che potrebbe renderlo un buon candidato per ospitare o aver ospitato forme di vita. Ganimede è il satellite più grande del Sistema solare ed è dotato di un’intensa attività tettonica dovuta all’interazione gravitazionale con Giove; mentre Callisto, un corpo bucherellato di crateri, potrebbe ospitare degli oceani sotterranei di acqua salata liquida.
Le tappe e le sfide di JUICE
La missione è impegnativa per vari motivi. Innanzitutto, la distanza della meta: tra Giove e la Terra ci sono circa 700 milioni di chilometri. Questo comporta una serie di difficoltà:di navigazione, la sonda deve essere sulla rotta giusta; di comunicazione, il veicolo deve essere più autonomo possibile perché l’operazione di inviare e ricevere i segnali impiega più di un’ora e mezzo. Quindi di energia, la distanza dal Sole è tale che l’energia raccolta dai pannelli solari è appena il 4% di quella che si raccoglierebbe sulla Terra.
Un altro problema sono le escursioni di temperatura: JUICE passerà da 125 °C a -230 °C, quindi tutti i suoi strumenti devono essere in grado di resistere a questo sbalzo termico oltre a quello dei raggi cosmici e del già citato forte campo magnetico.

I progettisti sono comunque convinti che si possa fare: “Dopo il decollo del razzo che porterà JUICE nello Spazio”, continua Pinzan, “la sonda impiegherà circa otto anni per raggiungere Giove. La distanza dal pianeta è tale che ci sarà bisogno di quattro manovre di fionda gravitazionale, tre sulla Terra e una su Venere. L’obiettivo è lanciare JUICE sulla traiettoria giusta. Se tutto va come previsto, raggiungerà Giove nel luglio 2031”.
La sonda trascorrerà molti mesi in orbita attorno a Giove, completando 35 sorvoli attorno a Europa, Ganimede e Callisto e infine nel 2034, entrando nell’orbita di Callisto, diventerà il primo satellite artificiale a orbitare attorno alla luna di un altro pianeta.
JUICE è una missione anche italiana
Nello stabilimento di Campi Bisenzio, vicino Firenze, sono stati costruiti alcuni degli strumenti chiave della missione da parte del Gruppo Leonardo, grazie al finanziamento e coordinamento dell’Agenzia Spaziale Italiana, ASI, e la supervisione scientifica dell’Istituto nazionale di astrofisica e il gruppo Thales Alenia Space.
Molti strumenti tecnologici a bordo di JUICE sono italiani e questo deriva dalla collaborazione tra accademia, enti di ricerca e privati. Uno degli strumenti, precisamente il suo clone usato per i test, dato che l’originale si trova già a Kourou, si chiama Janus ed è una camera ad alta risoluzione per il monitoraggio dell’atmosfera di Giove e per lo studio approfondito delle sue lune ghiacciate. Ha una risoluzione tale da poter osservare una pallina da tennis da un chilometro di distanza, inoltre è dotato di una ruota con 13 filtri di colori diversi che consente al suo occhio di rilevare concentrazioni di elementi chimici diversi, per esempio il rosso potrà rivelare la presenza di metano e il giallo di sodio.

La controparte di Janus è un enorme teleobiettivo e si chiama Majis: è una camera iperspettrale che consente di osservare e caratterizzare nubi, ghiaccio e minerali sulle superfici delle tre lune ed è costituito da due strumenti in uno che coprono complessivamente il range dal visibile al medio infrarosso, (equivale circa a un numero di 1016 macchine fotografiche, ognuna delle quali cattura l’immagine in un singolo colore). Combinando opportunamente queste immagini è possibile identificare i minerali che compongono la superficie dei corpi solidi e i gas presenti nelle loro atmosfere, misurandone anche densità, temperatura e movimenti.
Degni di attenzione sono anche i pannelli fotovoltaici di Juice, i più grandi mai realizzati per una missione interplanetaria e gli strumenti Rime, un radar in grado di rilevare la struttura interna degli strati ghiacciati, e 3GM, un occhio che riesce a scrutare ancora più in profondità analizzando le variazioni nel campo gravitazionale.