Come stanno fronteggiando l’emergenza del Covid-19 coloro che hanno un ruolo di responsabilità in un’azienda importante? Abbiamo intervistato Massimo Nalli, presidente di Suzuki Italia, che ci ha spiegato quali sono state le soluzioni che hanno permesso all’azienda di andare avanti anche durante questo momento difficile.
Lei ha frequentato il liceo classico per poi passare ad un percorso di studi successivo di tipo tecnico, così anche come il suo lavoro; ritiene che le sia stata utile la formazione umanistica?
Certamente, la formazione umanistica ha aggiunto parecchio al mio percorso di studi e osservandola con gli occhi di adesso, a posteriori, devo dire che nè la formazione umanistica o nè quella scientifica siano determinanti ai fini di possibilità di scelta di uno studio successivo. È importante capire i meccanismi che stanno alla base della crescita culturale, come per esempio nell’area umanistica analizzare il testo di un autore significa conoscerne e capirne la storia e il significato, mentre nella tecnica riuscire a comprendere il movimento di un oggetto è figlio dello studio delle leggi della dinamica. Quindi nonostante questi due ambiti siano opposti, lo studio delle relazioni di ciò che è “ingresso” ed “uscita”, fatte le dovute distinzioni, non è così diverso tra umanistico e scientifico. Inoltre, al liceo classico,le discipline non umanistiche come la matematica, le scienze e la fisica mi sono state insegnate e successivamente di grande beneficio.
Quando è iniziata la sua passione per le auto?
Avrò avuto poco più di dieci anni, mi attraeva il fatto che degli oggetti di ferro, inanimati dessero vita a delle emozioni fortissime. Infatti nelle strade vicine alla casa dove abitavo vedevo passare le macchine da corsa durante le gare di corsa su strada, e per me erano come dei mostri e in parte lo sono ancora. Ricordo le Lancia Stratos, delle vetture tutt’ora mitiche, che creavano con il loro motore un rumore che faceva vibrare il torace e che trasmettevano una sensazione di potenza infinita. Questo mi ha sicuramente aiutato ad appassionarmi al settore, e da lì non è stato difficile appassionarmi anche a tutto ciò che possiede due ruote, come le moto. Ora, per lavoro, ho imparato ad apprezzare anche i motori marini fuoribordo, che costituiscono un altro ambito applicativo della motoristica.
Quali sono state le tappe più importanti della sua carriera?
Facendo l’università la prima inclinazione è quella di applicare immediatamente quello che si è studiato e quindi ho iniziato in ambiti strettamente tecnici cominciando a sperimentare e a “sporcarmi le mani” con i motori a combustione interna. Successivamente ho iniziato a pormi delle domande chiedendomi quali motori venivano installati e su quali vetture, a che prezzo venivano venduti, se erano stati un successo o un insuccesso sul mercato. Ho iniziato quindi a interessarmi non solo all’aspetto tecnico, ma anche a quello commerciale e distributivo del settore dell’automotive. Questo è stato il primo momento importante, un bivio dove ho dovuto scegliere su quale abito focalizzarmi; decisi così la sezione distributiva, un po’ più ampia dell’intero spettro del business. Il secondo momento importante è stato quello della flessibilità, ovvero essere disposto ad andare dove mi si presentavano le migliori opportunità. Questo mi ha portato, nei primi anni e anche successivamente, a lavorare all’estero. Sono stato sempre supportato dalla mia famiglia, all’epoca composta solo da me e da mia moglie, che mi ha seguito un po’ anche sacrificando la giusta ambizione per la propria carriera.
Com’è arrivato in Suzuki? Si aspettava di arrivare ad un ruolo così di prestigio?
Sono arrivato in Suzuki cercando di cogliere le opportunità che mi si presentavano, sono quindi giunto in questa azienda dopo un periodo all’estero, nel Regno Unito, dove lavoravo per un’altra grande casa giapponese, la Honda. È stato interessante poiché la Suzuki permetteva di vedere l’intero settore dell’automotive, sia le auto sia le moto, di cui ero molto appassionato. Riguardo al ruolo di responsabilità, se chiediamo ad un bambino il mestiere che vuole fare, egli non dirà mai di voler fare il direttore o il presidente, dirà l’astronauta o il macchinista. Ai bambini interessa andare in orbita e osservare la Terra dallo spazio, non desiderano diventare qualcuno nell’ambito di un’azienda, così è stato per me, infatti mi interessava solo lavorare nel settore dell’automobile e dell’automotive. Inoltre la carriera non deve essere mai un obiettivo,dal momento che potrebbe essere fuorviante, ma una conseguenza del modo di lavorare con passione, di sbagliare anche a volte, cercando di non ripetere gli stessi errori, di essere pronti a mettersi in discussione e se necessario anche di cambiare idea.
Essendo il suo settore uno di quelli più colpiti dall’emergenza del Coronavirus, quali sono state le prime soluzioni che avete deciso di attuare per far fronte a problemi legati all’organizzazione e gestione dell’azienda?
Per un qualunque business, non solo quello delle automobili, questo è stato come mettere la testa sott’acqua e per riuscire a rimanere “in buona salute” fino a quando non sarebbe stato possibile tirare la testa fuori dall’acqua, ed è perciò essenziale avere polmoni e ossigeno. Una grande multinazionale come Suzuki ha naturalmente le risorse per farlo. Innanzitutto ci siamo rivolti a coloro che non avevano i mezzi per farlo ovvero i nostri concessionari, piccoli e medi imprenditori che non hanno le risorse finanziarie per portare il loro business a zero e continuare a prosperare. Siamo intervenuti quindi dal punto di vista finanziario, per dare “l’ossigeno”, ovvero le risorse di cui noi disponevamo anche ai piccoli e medi imprenditori della rete dei concessionari Suzuki, che per i nostri clienti rappresentano, e sono, la Suzuki. Infatti quando si parla del concessionario, ci si riferisce a quello che è proprio la sede del marchio e perciò proteggere il concessionario è stato come proteggere noi stessi. In secondo luogo abbiamo lavorato verso i clienti, dal momento che loro non potevano venire verso di noi. In realtà da diversi anni la Suzuki ha una parte del suo sito web adibita alla vendita di vetture e, anche se in serie limitata, di moto. In questa fase abbiamo quindi aperto tutta la gamma ed è tutt’ora possibile fissare il prezzo di una vettura che ci soddisfi, e dopo aver fatto tutte le valutazioni necessarie, è possibile confermare il prezzo, un colore, una versione senza nessuno impegno proprio come vuole l’etichetta di internet. È inoltre possibile tornare indietro sulla scelta in qualsiasi momento, e se la scelta non viene confermata con la firma di un contratto, i soldi di deposito tornano automaticamente sul proprio conto. Si può così dire che abbiamo aperto le nostre porte entrando nelle case dei nostri clienti. I risultanti sono molto interessanti, infatti abbiamo già decine di moto e vetture vendute. L’ultimo aspetto, riguarda quello del prodotto, e grazie a fortuna, ma soprattutto a bravura, siamo riusciti ad avere una gamma perfettamente allineata con la domanda del momento. Infine tutta la gamma di Suzuki è ibrida ed è in questo momento, la soluzione di mobilità più apprezzata dal mercato.
A causa dell’impatto causato da questa situazione, quali sono le sue prospettive future riguardo il campo dell’automobilistica in generale?
La necessità di mobilità individuale in Italia non nasce con il Coronavirus, ma c’è sempre stata. Abbiamo infatti un’ orografia del territorio che ci impedisce facili spostamenti senza l’utilizzo di un’automobile. Fatta eccezione per alcuni grandi centri metropolitani che dispongono di efficienti sistemi di trasporto pubblico, la vettura rimane una necessità. lo è a maggior ragione anche adesso, in un momento in cui le regole per limitare le possibilità di contagio suggeriscono una mobilità individuale ancora più spinta. Quindi io sono ottimista, infatti è meglio essere ottimisti e sbagliarsi, che essere pessimisti ed aver ragione, come diceva Albert Einstein. Ritengo che il mercato italiano sia particolarmente appassionato, poiché amiamo il prodotto automobile e il prodotto moto, mi auguro quindi che riusciremo a trovare velocemente la fiducia per fare un investimento sull’automobile.
Infine, cosa possiamo dire che ci ha insegnato questa pandemia?
Ci ha insegnato diverse cose, sia negative che positive. Il tempo è uno di queste, che ci è apparso essere in modo chiarissimo relativo. Fino a poco prima del lockdown non avevamo il tempo per fare nulla, e improvvisamente ci siamo accorti che il tempo e i nostri impegni sono assolutamente relativi alle nostre priorità. Abbiamo imparato che se tutti corriamo nessuno si avvantaggia, se tutti ci fermiamo nessuno resta indietro. Rimangono solo le priorità, alle quali noi possiamo assegnare il tempo a cui facciamo solitamente riferimento, il tempo dell’orologio. Questa è stata quindi la lezione più intensa che personalmente ho ricevuto.