Con la chiusura dei negozi e degli stabilimenti di produzione di abbigliamento durante gli scorsi mesi, sta iniziando ad aprirsi, con l’inizio della ripresa dell’economia, un nuovo orizzonte per il mondo della moda.
Il Coronavirus ha costretto moltissimi brand a sviluppare quelle che sono chiamate “tecnologie immersive dei prodotti” che hanno lo scopo di suscitare nel cliente la stessa sensazione fisica apprezzata prima della quarantena. Per questo motivo entrano in gioco l’abbigliamento e lo shopping online. Diversi marchi, quindi, riscontrando difficoltà con la produzione e dovendo così posticipare l’uscita delle collezioni, hanno iniziato ad utilizzare le piattaforme online per la presentazione degli indumenti, in modo da permettere ai clienti di visionarli in anteprima e di preordinarli.
I consumatori, invece, hanno avuto tutto il tempo per riflettere riguardo quali brand meritano davvero il sostegno rispetto alla creatività, all’innovazione e alla sostenibilità, punto che sta acquisendo sempre più importanza e verso il quale il pubblico sta mostrando molto interesse e sensibilità. Soprattutto le nuove generazioni iniziano ad interessarsi e a mostrare entusiasmo verso il fashion sostenibile. Il fatto è, quindi, che quei brand che si impegneranno a riorientare il loro business intorno alla sostenibilità, saranno maggiormente selezionati e preferiti e saranno in grado di attirare un maggior numero di consumatori.
Il concetto di moda sostenibile, inoltre, deve essere inteso nel modo più ampio possibile, poiché comprende la responsabilità verso le comunità in difficoltà dei Paesi di provenienza dei creator e designer dei brand stessi, l’utilizzo di tessuti organici, l’approccio “zero waste” e l’upcycling.

Ad esempio Thebe Magugu, fondatore di una casa di moda africana, mantiene la produzione nelle zone nelle quali lui stesso è cresciuto, cercando l’uso di materiali sostenibili. In questo modo favorisce le comunità locali e porta avanti un forte messaggio sociale ed etico.

Invece, Young N Sang, duo creativo della Corea del Sud, si presenta come brand sperimentale che recupera i prodotti di scarto delle aziende o i capi non utilizzati, basandosi così sull’upcycling, ovvero il riutilizzo creativo, che trasforma materiali inutili e di scarto in nuovi materiali o prodotti che vengono percepiti di maggiore qualità. In particolare i tessuti interessati nelle collezioni, derivano direttamente dal loro Paese, così da limitare al massimo ogni trasporto non necessario.
Infine, nel panorama italiano, vediamo Carlotta Boldracchi che si serve di materiali trasformati attraverso il processo dell’upcycling, in un’ottica totalmente artigianale. La designer utilizza tessuti destinati ad essere buttati, recuperando ogni materiale e trasformandolo in una creazione completamente diversa. Boldracchi realizza tutti i capi da sola e insiste sui valori di artisticità, qualità e impatto ambientale.