La pandemia ha cambiato molte delle nostre abitudini e ci ha tolto la possibilità di svolgere diverse attività, tra cui andare ai concerti, allo stadio, al ristorante, e soprattutto a vedere uno spettacolo a teatro.
Il teatro comunque in questi lunghi mesi di pandemia non si è fermato e ha continuato la sua attività in un modo diverso, che ha permesso ai vari attori e registi di farsi conoscere e, talvolta, di vedere premiate le proprie rappresentazioni.
Questo è il caso dell’attore e regista veronese Matteo Spiazzi, che nel 2020 ha collezionato ben tre riconoscimenti; uno a livello personale come miglior artista visivo, e due per i suoi spettacoli “Pinocchio” e “Album di famiglia”, premiati rispettivamente nei mesi di settembre e dicembre.
Di recente il suo spettacolo “Album di famiglia” ha ricevuto il premio come miglior spettacolo sperimentale. Che significato ha questo riconoscimento per lei?
Lo spettacolo è nato a dicembre dello scorso anno e ha ricevuto molto successo sia nel 2019 sia nel 2020, andando spesso in sold out. Questo premio per me è veramente importante perché sottolinea la qualità del lavoro che ho cercato di sviluppare nei miei anni di produzione teatrale e di collaborazione con i teatri all’estero. E’ stato principalmente un lavoro collettivo; infatti nelle mie esperienze lavorative all’estero nel corso degli anni ho cercato di approfondire il rapporto di gruppo, per creare uno spettacolo realizzato a livello collettivo in cui era presente la collaborazione di tutti gli attori della compagnia. Questo fenomeno avviene in quanto la politica dei teatri esteri riguardo alle compagnie di attori è diversa da quella proposta dai teatri italiani. In Italia le compagnie sono mobili e rappresentano il proprio spettacolo in diversi teatri delle grandi città, mentre all’estero le compagnie di attori sono fisse: ciò vuol dire che a ogni teatro è associata una di esse, e ogni sera gli attori propongono uno spettacolo diverso. Per questo il rapporto tra gli attori è più approfondito: essi, lavorando sempre insieme alle loro rappresentazioni, hanno la possibilità di conoscersi meglio e collaborare meglio.

Ci può raccontare che messaggio ha voluto trasmettere con questa sua rappresentazione?
Lo spettacolo parla di una famiglia che vive negli anni ‘90 in Ucraina, periodo di grande cambiamento per il paese; infatti proprio in quegli anni molti paesi dell’Europa dell’Est si trovarono a essere totalmente indipendenti dall’URSS, che si era dissolta nel 1991. Talvolta questa situazione generò un po’ di smarrimento, in quanto i nuovi stati che si stavano via via formando non erano abituati a quella nuova situazione sociale e politica più libera. vCon questo spettacolo ho voluto trasmettere l’importanza del nucleo familiare, che è una micro rappresentazione della società, i cui valori sono rappresentati attraverso le azioni dei componenti della famiglia.

Quest’anno è stato produttivo per i suoi spettacoli. Ci potrebbe spiegare come le è venuta l’ispirazione per i suoi spettacoli “Pinocchio” e “Album di famiglia”?
L’ispirazione per “Pinocchio” mi è venuta anni fa quando decisi di raccontare la storia di Collodi tramite gli attrezzi del falegname, adottando un punto di vista originale e creativo.L’ispirazione per “Album di famiglia” mi è venuta diverso tempo fa, poiché già da un po’, avevo l’intenzione di realizzare uno spettacolo a tema familiare. Questo spettacolo mi è stato commissionato dal teatro ucraino Left Bank Theatre a fine 2019. La rappresentazione dello spettacolo è stata replicata diverse volte tra fine 2019 e inizio 2020 e a Kiev continua tuttora. A gennaio 2020 è stato inserito tra i 10 migliori spettacoli del 2019, pur avendo debuttato solamente a dicembre.

In questo periodo di grande difficoltà a livello sociale il teatro ha cambiato alcuni aspetti della propria normalità. Come ha potuto lavorare in questo periodo di pandemia? Secondo lei quali cambiamenti ci sono stati nell’approccio al lavoro di attore?
All’estero nella prima parte dell’anno ho potuto realizzare i miei spettacoli a cui ha assistito un pubblico ridotto, mentre nei mesi di lockdown ho lavorato principalmente da casa e ho avuto tempo per programmare e studiare per i miei spettacoli futuri. Dopo la quarantena, durante le realizzazione delle prove per altri spettacoli, ho potuto lavorare mantenendo il distanziamento di un metro dagli altri attori. D’estate, in occasione della rassegna “Estate Teatrale Veronese”, ho realizzato “La Bancarotta” di Goldoni, spettacolo scritto nel 1741. Per quanto riguarda l’approccio lavorativo sicuramente ora c’è un utilizzo maggiore dell’informatica nelle comunicazioni, nelle prove per gli spettacoli, nella gestione organizzativa; io già prima della pandemia utilizzavo la tecnologia nelle mie collaborazioni con l’estero, mentre è risultato per me nuovo l’insegnamento a distanza a livello teatrale.

Cosa la appassiona del suo lavoro? Che cosa prova mentre prepara i suoi spettacoli?
Del mio lavoro ho fatto una scelta di vita, perché quando ho scelto di intraprendere una carriera teatrale, sapevo che questa mi avrebbe portato a viaggiare molto e a conoscere molte persone e a vivere diverse esperienze. La parte più appassionante del mio lavoro è quella di riuscire a creare un contatto umano e un unione tra le persone. Grazie al teatro sono in grado di arricchirmi di relazioni ed esperienze di vita molto utili per me.