Lo Stato italiano è malato. Nel nostro paese la crescita zero e la crisi economica, accentuata ulteriormente e in modo esasperato dall’epidemia, non è certamente un tabù. Qual è il problema? Il problema c’è ed è molto serio. Infatti, uno Stato che va male economicamente ha anche una peggiore gestione della scuola e, più in generale, di tutti i servizi che lo Stato fornisce.
L’istruzione, come la sanità, è stata sempre sottostimata e ogni governo, a partire dall’inizio di questo ventunesimo secolo e non solo, non ha esitato a fare tagli sui fondi a loro destinati, talvolta accompagnati da riforme pessime e negative (è inutile dire che l’Italia, tra i grandi paesi europei, è quella che spende meno nella scuola). Tuttavia l’economia non è l’unico dei fattori di crisi, in questo senso bisogna sommare anche le differenze tra nord e sud, il declino del ruolo degli insegnanti e la mancanza di un insegnamento che si adatti al cambiamento dei tempi. Manca quindi la consapevolezza del ruolo decisivo che la scuola esercita sulla crescita della nostra società.

Una scuola carente
Come già detto, nel nostro paese i fondi relativi alla scuola sono al di sotto della media europea. L’inizio della stagione dei tagli alla scuola iniziò indicativamente con la ministra dell’Istruzione Gelmini durante il governo Berlusconi ed è proseguito fino ad oggi senza che neanche i governi di centrosinistra si preoccupassero di rimediare. Guardando ai dati Eurostat più recenti del 2017 il nostro paese ha speso nella scuola il 7,9% della sua spesa pubblica totale, inferiore ai dati di altri stati come Francia (9,6%) e Germania (9,3%). Mentre la spesa riferita al PIL (prodotto interno lordo) pone la penisola italiana al quart’ultimo posto In Europa con il 3,9% rispetto a una media europea del 4,7%. Per far capire quanto la politica sottostimi la scuola basta citare il caso dell’ex ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti del governo Conte II (proprio quel ministro che invece di formare i giovani alla tutela dell’ambiente nelle aule di scuola avallava chi preferiva scendere in piazza per i “venerdì per il futuro”), il quale nel 2019 si era dimesso proprio in protesta con il governo per i pochi soldi che venivano dati alla scuola.
Differenze tra nord e sud
Tra gli studenti del nord Italia e gli studenti del sud c’è, purtroppo, un grande divario di apprendimento. In questo caso, dati alla mano, gli studenti del settentrione sono più preparati di quelli del mezzogiorno, e la materia in cui il divario è maggiore è proprio l’italiano, ma anche la matematica non è esente. Eppure, Italia del sud e del nord condividono in via di principio la stessa scuola e gli stessi programmi. Come risulta dalle INVALSI e dai dati OCSE (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo) il nord Italia è al di sopra della media (riguardo alla preparazione scolastica) mentre il sud è al di sotto sia della media italiana che di quella OCSE. Il dato strano è che alle elementari il livello di apprendimento è uguale su tutta la penisola, mentre le differenze iniziano a notarsi e a intensificarsi dalle medie in poi, fino alle superiori. Ma questa criticità non viene meno neanche alla fine delle superiori, infatti è rimasta famosa la lettera sottoscritta da seicento docenti universitari e inviata alla ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli durante il governo Gentiloni, in cui si rendeva nota l’inefficacia della scuola testimoniato dall’aumento di studenti che commettevano errori grammaticali di tutti i tipi anche all’università (che è un crogiolo di studenti da tutta Italia).

Declino del ruolo degli insegnanti
Il ruolo dell’insegnante è oggi in crisi. Pochi tendono a voler fare questa professione che un tempo era molto ambita, ed è complice anche il fatto che in Italia, rispetto ad altri paesi europei, il docente è sottopagato. Quindi, uno stipendio ridotto causa di conseguenza un minore prestigio e riconoscimento sociale. Inoltre, si fa sempre più pressante la figura del genitore sull’insegnante, del quale critica e umilia l’operato e si permette di contestare il voto negativo del figlio (sarebbe colpa dell’insegnante se il figlio non ha studiato?), o addirittura minaccia il docente in questione non accettando gli elementi di critica o di disciplina (che la scuola dovrebbe dare) rivolti al giovane. Per sottolineare la mancanza di rispetto verso queste figure chiave della società non si può poi tralasciare i molti casi di bullismo operati dagli stessi studenti nei confronti del loro docente che vanno a finire sulle pagine dei giornali. E se la scuola è lo specchio della società in cui viviamo allora non possiamo certo dire che ci siano ottime prospettive.
Studenti sempre più stressati
Oltre a tutte queste problematiche si aggiunge anche il fatto che gli studenti italiani, secondo un sondaggio OCSE, sono tra i più stressati al mondo insieme ai colleghi giapponesi. Sembra infatti che in Italia ci sia una media a studente di circa otto ore di studio/compiti settimanali extrascolastici e secondo gli studiosi lo stress è dovuto al fatto che i giovani non hanno un quantitativo di tempo libero durante la giornata sufficiente per il loro benessere. Una elevata quantità di studio e di compiti abbassa il loro livello di attenzione e alza il livello di stress, creando quindi nervosismo e stati d’ansia. Ma c’è anche chi addossa parte della responsabilità del calo di rendimento degli alunni alle nuove tecnologie, che i giovani italiani usano per un numero di ore eccessivo condizionando la loro lucidità e le loro prestazioni. Non parliamo poi della situazione giovanile durante la pandemia: queste chiusure hanno comportato seri danni alle future generazioni e la DAD in molti casi non è stato uno strumento completamente efficace.
Il primo fra tutti è il danno psicologico, con il conseguente aumento del numero di ragazzi che va dallo psicologo (alcuni dichiarano persino di volersi suicidare) e l’aumento di giovani che si scontrano fisicamente sempre più spesso nelle piazze (una evidente valvola di sfogo); il secondo riguarda la creazione di un maggiore divario di apprendimento tra studenti che hanno gli strumenti per fare la DAD e proseguire la scuola a distanza e coloro che non hanno nemmeno un Pc; terzo, ma sicuramente non ultimo, è il danno che hanno subito quei migliaia di giovani invalidi e affetti da varie patologie (necessitanti di un sostegno maggiore da parte della famiglia o di un docente di sostegno) che, se avevano già difficoltà nella scuola in presenza, si pensi a come può essere a distanza. La DAD non è scuola, tuttavia è meglio di niente.

Mancanza di un insegnamento adatto ai tempi
Altro tema che riguarda la scuola è la mancanza di un insegnamento adeguato ai tempi che corrono. La scuola dovrebbe essere quel luogo all’avanguardia dove i giovani di tutte le classi sociali ottengono degli strumenti e delle nozioni che li preparano a vivere e a migliorare il loro futuro (un vero e proprio ascensore sociale), tuttavia la scuola sembra essere diventata un apparato rigido e allo stesso tempo vuoto, lontano dalle esigenze delle future generazioni e quindi inefficace a dare un insegnamento adeguato a quello che i tempi odierni richiedono. Manca ad esempio un programma temporale che possa essere condiviso tra insegnanti in modo tale che quando si affronti un certo tema di una materia come storia, lo si affronti anche nell’ambito della letteratura, della filosofia, dell’arte…solo in questo modo lo studente potrà valutare quel periodo storico da tutti i punti di vista, cosa che invece oggi non sempre avviene. Manca anche il serio impegno di molte scuole nell’informare gli studenti sull’orientamento post diploma o post maturità, che nella teoria dovrebbero avere un grande peso (infatti queste scelte hanno la capacità di influenzare il futuro di uno studente). Sarebbe utile poi ridare slancio fin dalle medie a materie essenziali come informatica e aggiungerne altre come diritto (oggi educazione civica, la quale però non ha una importanza rilevante alla pari delle altre materie e non è ben strutturata) e economia.
Attendendo il cambio di passo…
Di proposte per un cambiamento verso una scuola sana ce ne sono, e sono anche tante, sia da parte di studenti che di famiglie, docenti, presidi e sindacati, sta al Governo ascoltare. Per fortuna la politica ogni tanto ascolta, infatti in questi giorni il senatore Matteo Salvini ha dato slancio alla proposta di creare un’ora di “educazione social” o “educazione all’uso delle piattaforme di interazione sociale” a partire dalle elementari (l’uso degli apparecchi mobili in Italia è ormai in voga già dall’età di dieci anni) in modo da dare ai giovani gli strumenti per usare in modo corretto le applicazioni e il web e informarli invece sulle sue minacce e sui suoi lati oscuri. Speriamo che sia il primo passo verso un cambiamento più incisivo.