La difficoltà nel trovare lavoro è un dilemma che affligge moltissime persone, e specialmente tanti giovani. Molti di essi non hanno la possibilità di dare alla luce i propri progetti e le loro idee per svariati motivi: mancanza di convinzione, mancanza di stimoli, incertezza sulle proprie vere passioni e sogni…
Abbiamo dunque deciso di intervistare Giorgia Bissoli, la presidente di Verona FabLab, un’impresa sociale che mette a disposizione conoscenze, strumenti e spazi che permettono ai cittadini di imparare, sperimentare e condividere.
Presidente Bissoli, innanzitutto cos’è Verona FabLab? Come e quando è nata?

Verona FabLab nasce a Grezzana nel 2014 come un’associazione di promozione sociale. Il termine FabLab è in realtà globale ed è stato inventato al MIT (Massachusetts Institute of Technology) a Boston. L’idea è quella di creare uno spazio aperto di condivisione in cui gli utenti, le persone e i privati possano venire a sviluppare e sperimentare le proprie idee. Abbiamo dunque acquistato macchinari molto costosi e ingombranti, quali stampanti 3D, tagli laser e prese CnC, e li abbiamo messi a disposizione dei cittadini. In seguito è nata una parte di condivisione, competenze e saperi ovvero di percorsi di formazione legati sia ai macchinari che, più in generale, alla tecnologia. Nel settembre 2020 abbiamo deciso di diventare un’impresa sociale.
Com’è arrivata ad essere il presidente di Verona FabLab?
Un po’ deriva dal fatto che mi sono trovata nel posto giusto al momento giusto. Grazie allo sviluppo delle nostre attività e all’incremento dei progetti siamo passati dall’essere un’associazione ad essere un’impresa sociale, pertanto abbiamo dovuto fare una trasformazione di natura più organizzativa. Sono riuscita a diventare presidente grazie a tutti i collaboratori, gli utenti e i fondatori che hanno creduto e credono tuttora nel progetto e hanno voluto portarlo avanti insieme.
In cosa consistono le vostre attività principali?
L’obiettivo principale è quello di facilitare l’accesso alla tecnologia e alle competenze digitali per tutte le fasce d’età. Gestiamo dunque dei laboratori di avvicinamento alla tecnologia per bambini, attività di PCTO per i ragazzi delle superiori, un servizio di laboratorio per sviluppare le idee mettendo a disposizione macchinari, facendo servizio e dando un supporto nella progettazione, e infine svolgiamo le attività di “nonni digitali”, che consistono in attività base di alfabetizzazione digitale per la fascia di popolazione non digitalizzata.

Quali sono stati i maggiori cambiamenti che avete adottato a causa della pandemia?
Prima della pandemia vivevamo di laboratorio per tutte le attività di formazione, che sono, appunto, tutte laboratoriali. La pandemia ha influito drasticamente sotto questo aspetto. Abbiamo però iniziato ad utilizzare i simulatori online, che ci permettono di proseguire con le nostre attività anche online. Ci manca molto però la parte di laboratorio e di condivisione con gli altri.
Secondo lei, quanto è importante FabLab per i giovani?
Mi auguro che sia importante per i giovani e che lo diventi sempre di più. Credo che l’impatto sul territorio ci sia già, dal momento che abbiamo coinvolto circa millecinquecento giovani nell’ultimo anno e mezzo. Spero che l’affluenza sia sempre maggiore, poiché la filosofia che sta alla base delle attività che facciamo, è quella di imparare non solo la parte tecnologica, ma anche l’approccio corretto da adoperare di fronte alle difficoltà, cogliendo gli errori e vedendoli come un nuovo punto di partenza per arrivare alla soluzione finale, piuttosto che come un punto di fine.

Vuole mandare un messaggio a tutti quei giovani scoraggiati dalla difficoltà di trovare un’occupazione?
Credo che ogni generazione abbia un po’ il suo problema nel trovare un’occupazione. Consiglio di prenderla un po’ con la filosofia del provarci e riprovarci senza mai arrendersi e di ricercare ciò che piace fare seguendo la propria passione. Ciò che diciamo sempre quando facciamo le attività di orientamento è che colui che viene e comprende ciò che non vuole fare nella vita, va anche meglio rispetto a colui che viene ed è convinto di ciò che gli piace. Infatti, la comprensione di ciò che non si vuole fare è orientamento tanto quanto capire ciò che si vuole fare.