Il 23 aprile 2021 a Madrid, il quotidiano El Paìs ha svelato che tre membri della famiglia spagnola madrilena Pérez de Castro, che è a capo della Scuola di Moda e di Design di Madrid, sono i proprietari del dipinto che si ipotizza possa essere stato realizzato da Michelangelo Merisi, detto Caravaggio.

I tre fratelli hanno poi confermato la notizia, affermando che si erano affidati alla galleria Colnaghi, diretta da Jorge Coll, per la gestione dell’opera e per eventuali comunicazioni.
Successivamente, l’Accademia Reale delle Belle Arti di San Fernando ha spiegato in un comunicato che nel 1823 Evaristo Pérez de Castro, avo dei tre proprietari del quadro, aveva ottenuto da questa istituzione pubblica uno scambio tra un quadro di sua proprietà, attribuito al pittore spagnolo Alonso Cano, e uno registrato negli archivi come un Caravaggio.
L’opera era stata inserita nel catalogo della casa d’aste di Madrid Ansorena, che aveva pianificato per l’8 aprile un’asta col prezzo di partenza di 1.500 euro.
Il dipinto
L’opera è un olio su tela di misure 111 x 86 cm ed è intitolata Coronación de espinas (“L’incoronazione di spine”): in quest’ultima viene ritratto Cristo con una corona di spine sul capo, come dice il titolo stesso, prima di essere crocefisso.
Il dipinto era stato già esaminato da diversi studiosi, i quali ne avevano attribuito la paternità a Jusepe de Ribera, detto lo Spagnoletto, che è stato un pittore seicentesco molto importante, soprattutto a Napoli. Successivamente però, fu esaminato da altri storici d’arte, quali Pulini, Terzaghi e Sgarbi, che hanno affermato che era stato dipinto da Michelangelo Merisi.
«Più Caravaggio di così si muore» afferma Stefano Causa, professore dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli.
Tuttavia i tre fratelli Pérez de Castro, che avevano ereditato il dipinto dal padre Antonio, non avevano idea che ci fossero dubbi sulla corretta attribuzione del dipinto.

Come si è arrivati a ciò
La storia comincia circa a fine marzo 2021, quando Giancarlo Ciaroni, fondatore e direttore della Galleria Altomani di Milano, riceve la foto del dipinto da un amico collezionista.
Subito decide di chiedere un parere allo storico dell’arte Massimo Pulini, professore dell’Accademia di Belle Arti di Bologna: «È un quadro di Caravaggio, dove diavolo l’hai trovato?» domanda Pulini a Giancarlo Ciaroni dopo pochi minuti.
Tramite diversi elementi, Pulini è riuscito ad intuire che si trattava di un’opera dipinta da Caravaggio: l’utilizzo della luce e dei toni scuri caratteristici del pittore, l’inclinazione del capo di Cristo e il volto del soldato che si vede in penombra alle sue spalle, che può ricordare quello del “Bacchino malato”, una delle sue opere più famose.

Secondo la storica dell’arte Cristina Terzaghi, professoressa all’Università di Roma, è stata rivelatoria anche la rappresentazione delle mani di Pilato, alla destra di Cristo, che riprende lo stesso utilizzo dei gesti presente in altre opere di Caravaggio, come la “Madonna del Rosario”.
Inoltre, Massimo Pulini afferma che Caravaggio aveva promesso l’opera in questione all’aristocratico Massimo Massimi nel 1605: questo viene dimostrato in una nota, situata negli archivi della famiglia, in cui il pittore si impegnava «a pingere all’Ill.mo Massimo Massimi, per essere stato pagato, un quadro di valore e grandezza come è quello ch’io gli feci già della Incoronazione di Crixto, per il primo di Agosto 1605».
L’opera sarebbe poi arrivata in Spagna per via della cosiddetta “damnatio memoriae” (condanna della memoria), una consuetudine che prevedeva la distruzione o l’allontanamento delle opere di artisti che avevano commesso reati o che avevano colpe ritenute gravi.
Alcune testimonianze, infatti, dimostrano che nel 1605 Caravaggio aveva commesso alcuni reati, quali deturpazione, aggressione e omicidio.
Giancarlo Ciaroni non fu il solo ad aver ricevuto l’informazione che il dipinto potesse essere di Caravaggio: infatti, quando suo figlio aveva incontrato i fratelli Pérez de Castro a Madrid per concludere un accordo privato per la vendita dell’opera, i tre, ignari dei dubbi sull’attribuzione del dipinto, gli avevano detto di essere rimasti sbalorditi dal fatto di aver ricevuto altre due offerte di 3 milioni di euro ciascuna.
L’enorme interesse nei confronti dell’opera è aumentato quando Ciaroni ha mostrato loro una copia della critica di Massimo Pulini, in cui il critico d’arte diceva che poteva essere stata dipinta da Caravaggio.
Cosa accadrà ora all’opera
L’opera è stata provvisoriamente ribattezzata “Ecce Homo”, titolo dell’opera originale di Caravaggio: essa indica la frase che, secondo la Bibbia, Ponzio Pilato pronunciò nell’indicare Cristo flagellato e che identifica diverse opere d’arte con lo stesso soggetto.
Il ministro della Cultura spagnolo José Manuel Rodríguez-Uribes ha dichiarato che il dipinto non è esportabile, su consiglio degli esperti del museo di Prado: «con questa doppia garanzia ci assicuriamo che rimanga in Spagna e che le cose possano essere fatte bene» afferma.
Secondo il rapporto preliminare di questi ultimi, ci sono diverse ragioni formali e documentali per ritenere che probabilmente il dipinto sia un’opera originale di Caravaggio e, attualmente, si attende che gli esperti, che lo stanno esaminando, diano il loro parere definitivo.
La regione di Madrid ha iniziato il procedimento per dichiararlo bene d’interesse culturale. In questo modo, si sono automaticamente attivati meccanismi di protezione per garantire la conservazione del quadro e permettere la valutazione della possibile autenticità.
Secondo Vittorio Sgarbi, politico e critico d’arte, se sarà stabilito che l’opera sia stata dipinta effettivamente da Caravaggio, potrebbe essere venduta tra i 100 e i 150 milioni di euro, in caso di vendita ad un privato, o tra i 40 e i 50 milioni di euro, se acquistata da un museo.