In occasione della Giornata Internazionale della Donna, celebrata pochi giorni fa, sono comparsi dovunque i nomi di donne d’ogni età e d’ogni tempo, che hanno mostrato, nel corso della storia, come anche una donna possa contribuire al cambiamento. Ne è un esempio Cecilia Venier Baffo, giovane veneziana diventata, quasi per caso, sultana del grande Impero Ottomano.

Cecilia nacque nel 1525 a Paro, dalla relazione tra Nicolò Venier (signore dell’isola, membro di una illustre famiglia veneziana) e Violante Baffo. In quanto figlia naturale di Nicolò Venier, Cecilia era imparentata con Sebastiano Venier, comandante della flotta veneziana durante la battaglia di Lepanto (1571), in cui si scontrarono veneziani e ottomani, e doge tra il 1557 e il 1558.
All’età di dodici anni, nel 1537, fu rapita dal corsaro ottomano Khair ad-Dîn, detto Barbarossa, che la portò ad Istanbul, dove fu destinata da Solimano il Magnifico, per la sua straordinaria bellezza e per la sua raffinata intelligenza, all’harem del figlio, diventato poi il sultano Selîm II (1524-1574).

Convertitasi all’Islam, prese il nome di Nûr Bânû (che significa Donna di Splendore), e il soprannome di Selifé (la Pura). Favorita del sultano, diede alla luce nel luglio del 1546 il principe e futuro sultano Murâd III.
Nel 1558 fu inviato a Venezia un messo che, con la scusa di acquistare armi, aveva ricevuto ordine dal sultano di indagare sulle origini di Cecilia, per assicurarsi che discendesse da un’antica e prestigiosa famiglia.
Il Senato della Serenissima si mostrò collaborativo, fornendo accurate informazioni sui parenti della sultana: Venezia infatti si dimostrò sempre accomodante con le richieste di Nûr Bânû e con quanto la riguardava, dato che con la sua grande influenza sulle decisioni del marito, cercò sempre di appianare i conflitti tra le due potenze.

Il potere nelle mani della sultana non fu tuttavia sufficiente per evitare il conflitto del 1571 di Lepanto, in cui si scontrarono l’Impero Ottomano e la Lega Santa (di cui faceva parte anche la Repubblica di Venezia).
Durante la battaglia, quando la sultana risiedeva presso la Reggia di Topkapi, “le sue due patrie”, quella nativa e quella acquisita con il matrimonio si scontrarono: il sultano Selîm combatté contro un cugino della moglie, Sebastiano Venier (1496-1578), che conduceva vittoriosamente la flotta veneziana.

Nel 1574, alla morte di Selîm, gli succedette il figlio, e Nûr Bânû diventò Sultana Madre, Validè Sultan, esercitando una grande influenza su Mûrad, e acquistando sempre più potere politico.
Venezia, per mantenere buoni rapporti con la sultana, sfruttando le sue origini veneziane, stanziò nel 1583 duemila zecchini d’oro, da spendere nell’acquisto di doni per la sovrana.
Nonostante non abbia mai fatto ritorno nei territori veneziani, Nûr Bânû mantenne sempre ottimi rapporti con la sua patria d’origine, al punto che, in una lettera del 1582, indirizzata al doge Nicolò da Ponte, si dichiarò ben disposta ad esaudire qualsiasi favore a vantaggio di Venezia.

Tra questi spicca sicuramente l’influenza della sultana riguardo un’azione militare: il figlio, e nuovo sultano, voleva infatti privare Venezia dell’isola Creta, ma, a causa dell’insistenza della madre, che non desiderava vedere nuovamente le sue due patrie scontrarsi, abbandonò il progetto (che vide la sua realizzazione solo nel 1669, dopo ben ventidue anni di assedio).
Prima di morire, lasciò libere le sue centocinquanta schiave, e diede a ciascuna mille zecchini, in segno di riconoscenza per l’aiuto che le avevano fornito nel corso della vita.
Nûr Bânû morì il 7 dicembre 1583, e fu sepolta accanto al marito, in un mausoleo presso l’ex basilica, ad oggi moschea, di Aya Sofya (Santa Sofia).