A partire dallo scorso 15 febbraio è disponibile sulla nota piattaforma di streaming statunitense La legge di Lidia Poët, nuova serie tv made in Italy creata da Guido Iuculano e Davide Orsini. La fiction si presenta al pubblico come un legal drama ambientato durante gli anni Ottanta del XIX secolo e incentrato sulla storia di Lidia Poët, figura realmente esistita che non solo fu la prima donna avvocato in Italia, ma anche un’audace paladina dell’emancipazione femminile e una vera e propria pioniera della parità di genere.
La protagonista, interpretata dalla talentuosa attrice Matilda De Angelis, è vittima dell’epoca in cui vive: una sentenza della Corte d’Appello di Torino dichiara illegittima l’iscrizione di Lidia all’Albo degli Avvocati impedendole così di esercitare la professione di avvocato solamente perché donna. A questo punto, la legale si ritrova senza soldi ma, mossa da grande determinazione oltre che da una forte passione per la giustizia, trova lavoro presso lo studio dell’avvocato del fratello Enrico, dove si troverà costretta a mettere in gioco le proprie doti investigative per svelare i colpevoli dei diversi casi che deve risolvere. Perciò, mentre si destreggia tra aule di tribunale e interrogatori, Lidia decide di non arrendersi e, colma di orgoglio e tenacia, inizia a preparare il ricorso per quanto deciso dalla Corte.
La serie tv racconta quindi le vicende di una donna che ha lottato e si è battuta a lungo per poter lavorare come avvocato in un mondo che glielo impediva poiché non pronto e caratterizzato da una società fortemente retrograda.
Tuttavia, la sua vera storia rimane ancora oggi sconosciuta a molti.
Lidia Poët: andare contro corrente nel 1800

Lidia Poët nasce in una famiglia agiata il 26 agosto del 1855 a Traverse di Perrero, un comune in provincia di Torino.
Trasferitasi a Pinerolo durante l’adolescenza, la giovane prosegue gli studi per poi iscriversi alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Torino, dove si laurea nel 1881, dopo aver discusso una tesi sulla condizione femminile nella società e sul diritto di voto per le donne. A questo punto, svolto il praticantato e superato brillantemente l’esame di abilitazione alla professione forense, chiede l’iscrizione all’Ordine degli Avvocati e Procuratori di Torino. Nonostante alcune proteste iniziali, la richiesta viene accettata e così il 9 agosto del 1883 Lidia Poët divenne la prima donna ammessa all’esercizio della professione di avvocato.
Solo alcuni mesi dopo, però, il procuratore generale del Regno, mettendo in dubbio la legittimità dell’iscrizione, prende in mano la decisione e fa ricorso alla Corte d’Appello di Torino, la quale decide quindi di cancellare Lidia dall’albo. Nonostante sia consapevole che il periodo storico in cui vive non permetta alle donne grandi libertà e soprattutto emancipazione e indipendenza, Lidia non si lascia scoraggiare e presenta un ricorso alla Corte di Cassazione che, tuttavia, conferma quanto decretato dalla Corte d’Appello, sostenendo che “la donna non può esercitare l’avvocatura” e che la professione forense doveva essere qualificata come un “ufficio pubblico”, cosa che comportava una ovvia esclusione, visto che l’ammissione delle donne agli uffici pubblici doveva essere esplicitamente prevista dalla legge.
Al termine della prima guerra mondiale, la Legge n. 1179 del 17 luglio 1919 abolisce l’autorizzazione maritale, norma che sanciva la predominanza dell’uomo nella famiglia, e autorizza le donne a entrare nei pubblici uffici, tranne che nella magistratura, nella politica e in tutti i ruoli militari. Perciò, dopo aver praticato per anni la professione forense insieme al fratello senza mai che le venisse riconosciuto il suo lavoro, nel 1920 Lidia Poët, all’età di 65 anni, entra finalmente nell’Ordine degli avvocati, divenendo ufficialmente la prima donna d’Italia ad esservi ammessa.
Oltre a questo, Lidia Poët contribuisce attivamente alla realizzazione dell’attuale diritto penitenziario e, nonostante si abbiano poche informazioni a riguardo, partecipa ai Congressi Penitenziari Internazionali dedicandosi ai diritti dei carcerati e dei minori, incentivando l’istituzione dei tribunali dei minori e affrontando il tema della riabilitazione dei detenuti mediante l’educazione e il lavoro.
Per quanto riguarda invece il suo ruolo nella difesa dei diritti delle donne, Lidia aderisce al Consiglio Nazionale delle Donne Italiane (CNDI), prende parte alla realizzazione del programma del Primo Congresso delle donne italiane tenutosi a Roma nel 1908 e arriva anche ad essere presidente del Comitato pro voto donne di Torino.
Lidia Poët muore a Diano Marina a 94 anni il 25 febbraio 1949.