Tempo di lettura articolo: 5 minuti

Lo dimostrano diversi studi scientifici: il nostro corpo sta cambiando. Non si tratta di trasformazioni evidenti, ma leggere mutazioni quasi impercettibili della nostra anatomia, che confermano come l’evoluzione, in modi imprevedibili e nel giro di poche generazioni, potrebbe renderci leggermente differenti da ciò che siamo oggi.

Una vena in più

Una delle principali alterazioni che sta subendo il nostro organismo riguarda lo sviluppo di un ulteriore vaso sanguigno al centro dei nostri avambracci: lo ha riscontrato un gruppo di ricercatori dell’Università di Flinders e dell’Università di Adelaide in Australia.

Si tratta di una vena che progredisce in fase fetale e che, di solito, scompare dopo poche settimane dalla nascita. Gli scienziati, però, hanno notato come questa tendenza stia estremamente diminuendo nelle nuove generazioni e come questo “nuovo” vaso sanguigno sia sempre più presente nelle braccia di individui adulti. Lo studio di questa arteria, definita “mediana”, è presente fin dal XVIII secolo, ma gli studi australiani dimostrano che, se un tempo la presenza della vena aggiuntiva era stata rivelata in circa il 10% dei nati nella metà del 1800, al giorno d’oggi è aumentata al 30% sui nuovi nati durante il XX secolo. Nella fase fetale, infatti, questa arteria ha l’obiettivo di trasportare il sangue lungo le braccia fino alle mani per favorire loro il nutrimento necessario affinché crescano. Solitamente inizia a scomparire a otto settimane dalla nascita, sostituita nelle sue funzioni da altri due vasi: il radiale, quello che si sente quando si vuole sentire il battito di una persona, e le arterie ulnari.

Sangue agli arti

La persistenza della vena potrebbe essere causata da mutamenti genetici nell’arteria mediana, da problemi di salute alle madri durante la gravidanza o da entrambi i fattori. I ricercatori possono solo ipotizzare i motivi per cui la selezione naturale ci stia portando verso questo sentiero di sviluppo progressivo: forse, per favorire un maggior flusso di sangue nei nostri arti superiori, così da renderli più resistenti.

Tuttavia, questa condizione potrebbe aumentare il rischio di ulteriori e nuove patologie, come la sindrome del tunnel carpale. In ogni caso, se questa evoluzione dovesse continuare, alla fine del 2100 l’uomo sarà dotato di una vena aggiuntiva.

Ci stiamo raffreddando!

Un altro cambiamento micro-evolutivo in atto riguarda la nostra temperatura corporea, il cui valore medio ideale è di 37° Celsius. Tale valore, misurato nel 1868 da August Wunderlich, dopo avere effettuato oltre un milione di misurazioni, si sta abbassando. Una squadra di scienziati dell’Università californiana di Santa Barbara ha voluto studiare gli Tsimane, una tribù indigena abitante della Bolivia. Così facendo, ha scoperto che, dal 2002 al 2018, la temperatura corporea media degli adulti è scesa di 0,03° Celsius ogni anno, trasformandosi da 37° in 36,53° Celsius per le donne, invece, per gli uomini, in 36,57°.

Le analisi sono ritenute affidabili, in quanto basate su un vasto campione di 5.500 adulti e circa diciotto mila osservazioni a lungo termine, tenendo anche conto di numerosi fattori che potrebbero variare la temperatura corporea. Inoltre, i dati confermano un recente studio eseguito anche sulla popolazione statunitense. In tale studio, infatti, si era già notato che gli esseri umani che vivono in Paesi con alto reddito hanno una temperatura media attuale di 36,4° Celsius.

La teoria di questa trasformazione si fonda su diversi fattori, fra cui le maggiori possibilità che si hanno di accedere ad un aiuto medico-sanitario; questo comporterebbe una maggiore igiene, e le migliori condizioni di vita permetterebbero al corpo di “risparmiare energia” per combattere le infezioni. Al contempo, la maggiore disponibilità di antibiotici e altri trattamenti rispetto al passato favorirebbero una minore durata delle infezioni e delle malattie attuali.

Cambiamenti recenti

L’evoluzione umana è ancora in corso? Poiché si tratta di un processo graduale, che trasforma il DNA nell’arco di più generazioni, i suoi segnali, nei secoli più vicini a noi, sono troppo deboli per poter rispondere con certezza. Tuttavia, molti studi ormai dimostrano che la selezione naturale ha operato sul nostro codice genetico cambiamenti recenti, in un processo di adattamento allo stile di vita moderno (“recenti”, in termini evolutivi, significa nell’arco delle ultime migliaia di anni). E ora altre due nuove ricerche aggiungono sostanza all’ipotesi che sì, siamo ancora una specie in trasformazione.

Il primo lavoro (dell’Università di Zurigo) sancisce come ci siano stati dei mutamenti genetici nel DNA umano all’avanzata della civiltà moderna, favorita da innovazioni quali la nascita dell’agricoltura e la formazione di nuclei sociali sempre più complessi. I ricercatori hanno confrontato il DNA di 150 europei vissuti tra i 5500 e i 3000 anni fa con quello di 305 europei moderni loro discendenti. Questa comparazione ha consentito di studiare alcuni processi evolutivi avvenuti negli ultimi 6000 anni. Sono state così per esempio osservate, nel tempo, alcune variazioni su geni che regolano il metabolismo dei carboidrati: dalla dieta ricca di proteine dei cacciatori-raccoglitori passammo a un’alimentazione tipicamente zuccherina, a base di cereali. Abbiamo dovuto adattarci e non abbiamo ancora finito.

Altre prove di cambiamenti evolutivi sono state osservate nel sistema immunitario, ma non è chiaro che cosa comportino queste trasformazioni. A innescarle potrebbe essere stata la vicinanza abitativa con altri umani che, attorno a 6000 anni fa, portò a sviluppare una risposta all’esposizione a determinate malattie, diffuse per il sovraffollamento o per il contatto ravvicinato con gli animali da allevamento. Due processi invece sono parsi particolarmente “protetti” da mutazioni, con pochi cambiamenti evolutivi nell’arco di tempo considerato: quello che porta alla formazione di cellule uovo e il potenziamento a lungo termine (il processo di consolidamento delle connessioni neurali alla base dell’apprendimento).

Occhi e carnagione

In un secondo studio, un gruppo di scienziati dell’Università di Copenhagen ha sviluppato un nuovo metodo per riconoscere i segni della selezione naturale nel DNA umano moderno, senza lasciarsi confondere dalla separazione o dalla fusione di antiche popolazioni di antenati. Grazie a questa tecnica si è scoperto, per esempio, che una variante genetica implicata nel colore di pelle e capelli, la SLC45A2, è diventata più comune nei moderni europei: potrebbe aver giocato un ruolo nell’evoluzione di una carnagione più pallida, che si pensa essere avvenuta negli ultimi dieci mila anni.

Perché cambiamo oggi?

 La tecnica ha permesso anche di identificare alcuni cambiamenti evolutivi nel DNA delle popolazioni dell’Asia orientale (meno studiato rispetto a quello occidentale), che coinvolgono il sistema immunitario. Più di una prova fa pensare che l’evoluzione sia un processo veloce e tipico anche dell’era moderna. Per capire come stia agendo ora occorre – dicono gli scienziati – identificare le pressioni selettive moderne, cioè le molle interne o ambientali che innescano le trasformazioni. Probabilmente, sono molto diverse da quelle di 5 mila – 10 mila anni fa.

Dall’Università di Padova un’analisi dei primi esseri umani

Previous articleCatcalling, una forma di “complimento” che si trasforma in molestia
Next articleL’intelligenza artificiale e l’uomo si combinano grazie al team NaoNexus
Amo il mio nome, dotato di una duplice sfaccettatura: dolce e affettuosa, ma, al contempo, forte e decisa. Mi chiamo Camilla e il mio carattere rispecchia questa duplicità. Amo scrivere e leggere romanzi, anche storici, perché possono farci vivere momenti di vita passata da non dimenticare. Però i libri fantasy e di fantascienza mi hanno aperto le ali della fantasia, portandomi a trovare sublime anche la più minuziosa descrizione. Amo l’aria aperta, vivere ciò che può essere vissuto, percepire il vento sulle guance e i raggi solari che si intrecciano alle ciglia. Mi piace l’attività fisica: da cinque anni pratico tennis, seppur la mia carriera sportiva nasca con la danza classica e la pallacanestro. Suono il pianoforte che, al pari di me, è dotato di note alte e basse, tasti bianchi e neri. Apprezzo tutte le materie nelle loro diversità: da quelle umanistiche centrate sul pensiero, la filosofia e l’animo umano fino a quelle scientifiche che con numeri e formule ci portano alla statistica, al concetto illuminista e alla ragione. Avere 15 anni vuol dire trovarsi nell’inquieta adolescenza, da attraversare e vivere cercando di trovare ogni giorno la sfaccettatura migliore.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here