Piazza San Pietro, mercoledì 13 maggio 1981, ore 17:17. Papa Giovanni Paolo II, a bordo della sua Papamobile scoperta, sta passando attraverso la folla. Ad un tratto, si sentono due spari e il Pontefice cade all’indietro, venendo sostenuto dal proprio segretario. Colpito all’addome dal primo proiettile e all’indice sinistro e al braccio destro dal secondo, i proiettili ferirono anche le pellegrine statunitensi Ann Odre e Rose Hall, rispettivamente alla milza e al braccio sinistro. A sparare era stato il turco Mehmet Ali Ağca, terrorista e cecchino infallibile. Aveva sparato da soli tre metri di distanza. Il turco venne subito catturato e, successivamente condannato all’ergastolo.

Vivo per miracolo
Portato subito al Policlinico Gemelli di Roma, Giovanni Paolo II era dato per spacciato: un proiettile all’addome, che gli aveva perforato l’intestino tenue e il colon, è normalmente fatale per chiunque. Inoltre, gli stessi medici erano quasi certi che non sopravvivesse. Dopo un’operazione di cinque ore e mezza da parte del chirurgo Francesco Crucitti, il Papa si salvò incredibilmente. In giugno e in agosto venne operato altre due volte a causa di problemi derivanti dall’avvenimento, ma sopravvisse e si riprese completamente dopo poco tempo.

Rimangono però ancora parecchi misteri sul fattaccio, a partire dalla miracolosa sopravvivenza del Papa polacco. Giovanni Paolo II nel Natale del 1983 andò a trovare in prigione il suo attentatore per rivolgergli il proprio perdono. Perdonò colui che aveva voluto senza motivo togliergli la vita. «Ho parlato con lui come si parla con un fratello, al quale ho perdonato e che gode della mia fiducia. Quello che ci siamo detti è un segreto tra me e lui» affermerà Wojtyla. Nel 1986 fece delle dichiarazioni riguardo al suo incontro con il turco, e disse: «Ali Ağca era rimasto traumatizzato non dal fatto di avermi sparato, ma dal fatto di non essere riuscito, lui che come killer si considerava infallibile, a uccidermi. Era questo, mi creda, che lo sconvolgeva: il dover ammettere che c’era stato Qualcuno o Qualcosa che gli aveva mandato all’aria il colpo». L’attentatore era infatti infallibile, era quasi uno scherzo per lui colpire il punto giusto per uccidere un uomo, in particolar modo in quelle condizioni: esattamente di fronte e a tre metri dal Pontefice. L’obiettivo era semplicissimo per uno come lui.
Salvato dalla Madonna di Fatima?
Ciò che lascia ancor più stupiti è che Ali Ağca non aveva sbagliato mira: il proiettile era destinato a recidere l’arteria aorta. Dunque, Wojtyla sarebbe dovuto morire dopo pochi minuti. Eppure, come notò con stupore Francesco Crucitti, la pallottola seguì una «strana traiettoria» a zig-zag all’interno del corpo: entrò nell’addome, schivò tutti gli organi vitali, passò in mezzo tra l’arteria aorta e la colonna vertebrale, evitando entrambe di pochi millimetri, e uscì dal bacino in un punto leggermente spostato rispetto a quello da cui sarebbe realmente dovuto uscire.
Giovanni Paolo II in quell’evento vide la mano di Maria. Il 13 maggio, infatti, è anche la ricorrenza dell’apparizione, nel 1917, della Madonna di Fatima. Molti ritengono che il Terzo segreto di Fatima si riferisca proprio a questo evento, ma la questione è comunque ancora oggetto di discussione. Comunque sia, visto il fatto il Pontefice era certo dell’intervento provvidenziale della Madonna: «Mi salvò la Vergine», disse. Affermò che era stata la mano di Maria a guidare il proiettile e a deviarne la traiettoria. Esattamente un anno dopo l’attentato, il 13 maggio 1982, Wojtyla si recò a Fatima e inserì nella corona della statua di Maria il proiettile che l’aveva colpito all’addome, in segno di devozione.

Il mandante dell’attentato
I misteri proseguono anche nella causa dell’attentato: Ali Ağca ha dato cinquantadue versioni diverse del suo gesto, ma ha affermato che non aveva agito per se stesso, ma l’omicidio «venne preparato da un’organizzazione eversiva rimasta nell’ombra». L’ipotesi sostenuta da alcuni che abbia agito per diventare un eroe del mondo musulmano è molto difficile da sostenere. L’ipotesi che pare più probabile è che l’attentato sia stato progettato dal KGB, i servizi segreti dell’Unione Sovietica. Un Papa polacco, proveniente dunque da un Paese sotto l’egemonia sovietica, era parecchio scomodo per il leader sovietico Breznev e per il Partito Comunista che governava il Paese. L’URSS era un Paese anticlericale giurato, quindi il fatto che possa aver pianificato l’assassinio di un Pontefice che avrebbe potuto causare non pochi problemi alla sopravvivenza della dittatura sovietica non è da escludere. Alcuni suggeriscono che il KGB abbia messo in contatto i servizi segreti della Bulgaria (Stato sotto il controllo sovietico) con il terrorista.

Altre ipotesi conducono a un possibile coinvolgimento della Mafia o dell’ayatollah Khomeyní (capo supremo dell’Iran) nell’attentato. Nonostante tutto, le ipotesi sono rimaste tali e non sappiamo ancora chi sia stato il reale mandante dell’attentato, ammesso che ce ne sia stato uno.
Forse non lo sapremo mai, ma la cosa più importante è che il Papa si sia salvato e abbia potuto proseguire con il suo pontificato per altri ventiquattro anni, fino al 2005. Egli ha cambiato radicalmente il volto della Chiesa, ma non avrebbe potuto se, come pareva essere destino, fosse stato ucciso da quel proiettile deviato da qualcosa… o forse Qualcuno.