Da venerdì 18 febbraio 2022 anche Verona può fruire del suo museo archeologico; qui sono raccolti reperti archeologici della Preistoria portati alla luce grazie a oltre cento anni di ricerche in un secolo, il Novecento, che è stato molto proficuo per quanto riguarda il ritrovamento di reperti archeologici nei siti di scavo veneti.
I reperti preistorici sono accompagnati da elementi multimediali e pannelli didascalici che descrivono la loro storia, mostrando l’evoluzione degli insediamenti veneti nel corso della preistoria.
Le altre sezioni del museo metteranno in mostra reperti di origine celtica e romana, per poi arrivare al piano terra in cui verranno accolti reperti risalenti all’Alto Medioevo.
Paleolitico e Neolitico tra Lessinia e Valpantena
In questa sottosezione del museo sono presenti i primi reperti che documentano la presenza umana nell’area dei Monti Lessini e delle valli sottostanti che si allungano fino alla pianura; questa presenza risulta essere il più antico popolamento dell’Italia settentrionale.
Il rinvenimento di attività di officina litica e di resti di orso delle caverne (Ursus Spelaeus) rimandano alla presenza umana a prima di 200.000 anni fa, che si intensifica con l’ultimo glaciale che ha inizio circa 115.000 anni fa.

In questo periodo, con l’espansione progressiva dei ghiacciai, l’uomo di Neanderthal e successivamente l’homo Sapiens mise in pratica tutte le proprie capacità di adattamento alle condizioni climatiche di un territorio vario e ricco di risorse.
Poi con il Tardoglaciale, circa 16.000 anni fa, grazie al progressivo ritirarsi dei ghiacciai nelle vallate alpine, che assumevano gradualmente la fisionomia attuale, comunità di cacciatori si stabilirono definitivamente nell’arco montano.
L’industria litica del Paleolitico superiore antico
A partire da 41.000 anni fa i reperti documentano la presenza di comunità di homo sapiens che ci hanno lasciato testimonianza di una cultura più avanzata, ossia quella Aurignaziana.
Questo processo evolutivo dipende in primo luogo dalla capacità da parte dell’uomo di sfruttare le risorse minerarie del territorio. La caccia migliora grazie all’utilizzo di rudimentali punte di selce. Dal livello aurignaziano del sito di Fumane possediamo oggetti ornamentali rappresentati da conchiglie marine di 40 tipi diversi, da appendere agli abiti. Il possesso di questi materiali marini mostra la presenza di una fitta rete di scambio tra comunità di cacciatori di zone differenti.
L’arte figurativa dell’homo sapiens
Sempre da Fumane provengono alcuni esempi delle prime forme di arte dell’homo sapiens, il quale iniziò a usare roccia locale decorandola con pigmenti naturali quali ematite e ocra, rappresentando spesso felini e sciamani.
Il Paleolitico medio e superiore coincidono rispettivamente con la massima espansione della civiltà neandertaliana e dell’homo sapiens in Europa. In questi periodi si sono alternati cicli glaciali a periodi più temperati che hanno favorito il popolamento del Vecchio Continente, incluse le zone montuose; così gli uomini hanno gestite con maggior efficienza le risorse fornite dall’ambiente.
La differente provenienza dei Neanderthal e dei Sapiens si nota nelle diverse produzioni di utensili in pietra che documentano la diversità culturale legata all’Europa per quanto riguarda i Neanderthal e legata all’Africa per quanto riguarda l’homo Sapiens.
L’arrivo dell’homo Sapiens in Europa avviene nel pieno dell’ultima glaciazione, intorno a 45.000 anni fa durante il Paleolitico superiore. Molto probabilmente in questo periodo l’homo sapiens e quello di Neanderthal hanno convissuto per qualche millennio nelle stesse regioni, scambiandosi conoscenze, prima dell’estinzione della civiltà neanderthaliana avvenuta intorno a 40.000 anni fa.
La posizione strategica della grotta di Fumane
La grotta di Fumane, con le sue stratificazioni dà un registro dettagliato dei modi di vita dei gruppi neandertaliani vissuti nella valle di Fumane da 90.000 a 43.000 anni fa. Con l’arrivo dell’homo Sapiens, furono introdotte innovazioni tecnologiche facilitate anche dai cambiamenti climatici, che resero i paesaggi più adatti alla caccia.
In questo caso, la Grotta di Fumane si rivelò essere strategica per la sua posizione; essa si trovava al confine tra due ecosistemi differenti, la prateria alpina e il bosco. Questo fattore permetteva ai cacciatori di spostarsi facilmente nella prateria, i cui terreni aperti erano frequentati da stambecchi e camosci che venivano facilmente cacciati.
Nella zona boschiva sottostante venivano cacciati cervi, caprioli, fagiani di montagna.
Le sepolture di Riparo Tagliente
Nel 1973 furono rinvenute le prime tracce della frequentazione epigravettiana della zona datata circa 16.000 anni fa; ci fu infatti il ritrovamento della sepoltura di un giovane intorno ai 24 anni con un corredo semplice di ciottoli di calcare colorati d’ocra rossa e del frammento del corno di un bovide.

L’industria litica ad uso domestico e venatorio
Durante la frequentazione epigravettiana ci fu una grande produzione di manufatti litici scheggiati che documentano un intenso impiego di utensili nelle attività quotidiane. Oltre alle selci locali, si attesta la presenza di selci provenienti dalla zona umbro-marchigiana che registrano contatti con le zone centrali della penisola.
Dall’analisi delle selci si è dedotto che venissero utilizzate sia come utensili domestici (grattatoi e perforatori) sia come oggetti da caccia. La presenza di oggetti così distinti documenta una buona strutturazione degli spazi abitativi e delle aree artigianali.
Epigravettiano e mesolitico
Gli anni compresi tra l’ultimo massimo glaciale alpino (24.000 anni fa) e il termine della glaciazione (11.700 anni fa) videro lo sviluppo della cultura epigravettiana in Italia e in Europa.
In questo periodo nascono comunità sempre più frammentate che possiedono elementi in comune quali le forme artistiche, il culto dei morti e le tecnologie.
In particolare nell’Italia settentrionale il ritiro dei ghiacciai come conseguenza della fine della glaciazione vide il ripopolamento delle vallate alpine da parte dei gruppi di cacciatori.
Scomparsi gli erbivori del periodo glaciale, la caccia ora è rivolta ad animali di diverse taglie e risulta facilitata dall’utilizzo di armi dotate di piccole punte e lamelle in pietra.
Con l’inizio del periodo interglaciale si genera un clima temperato, che permette all’uomo di stabilirsi negli archi alpini fino a 2000 m, mentre in pianura la tundra è sostituita da boschi temperati.
Nel Mesolitico (11.700-7600 anni fa) l’uomo acquisisce maggior efficacia nello sfruttare gli ambienti disponibili e le loro risorse. Nell’area alpina sono posti bivacchi di montagna, utilizzati come rifugi stagionali in quota.
Riti e culti religiosi nel Neolitico
Il Neolitico, oltre alle innovazioni economico-tecnologiche, si caratterizza per un cambiamento anche a livello ideologico-culturale, che documenta possibili contatti con l’area del Mar Egeo e dei Balcani. Infatti iniziano a diffondersi manufatti in ceramica raffiguranti figure femminili.
Queste sono identificate come dee madri, legate alla natura e all’agricoltura, elemento che porta gli studiosi a vederle come elementi celebrativi dell’importanza della donna in ambito agricolo.
Le innovazioni del Neolitico
Come confermato dai ritrovamenti di manufatti di uso agricolo ritrovati nei siti archeologici veronesi, il Neolitico si caratterizza per un importante passo avanti nell’ambito economico; si passa infatti da un’economia legata principalmente alla caccia ad un’economia legata all’agricoltura e all’allevamento del bestiame. Questo permise all’uomo di produrre da sé il proprio cibo per la prima volta.

Alle innovazioni economiche si affiancarono quelle tecnologiche, che videro la fabbricazione di vasi in ceramica tramite la lavorazione dell’argilla, lo sviluppo della tessitura, dei forni per le ceramiche e nuove tipologie di strutture abitative.
Gli insediamenti del periodo più articolati rispetto al passato, potevano avvalersi di una fitta rete organizzativa di scambi, che divenne sempre più vasta con l’allargamento a zone del Medio Oriente da cui vennero introdotte le pratica di allevamento e agricoltura.
Da questa rete di scambi si ottenevano materiali anche pregiati usati per realizzare manufatti a scopo ornamentale e commerciale. Con questo allargamento della rete di scambi vennero selezionati siti da cui ricevere approvvigionamenti di qualità maggiore e con cui commerciare.
Le ceramiche e l’industria litica di Lugo
Durante il Neolitico i gruppi stanziati in pianura e nelle vallate alpine affidarono alle decorazioni del vasellame la principale espressione della propria identità culturale.
I reperti del sito archeologico di Lugo di Grezzana hanno permesso di riconoscere gli influssi presenti nelle decorazioni. Alcune rimandano alla sfera del mondo agricolo mentre altri vasi a fiasco documentano contatti con altri insediamenti della penisola centro-meridionale.
I reperti di Lugo rappresentano un unicum nel panorama del Neolitico padano e alpino. Il ritrovamento di manufatti in selce elaborati ha fatto pensare che qui ci fosse un’avviata attività di lavorazione e di commercializzazione della selce della Lessinia.

Questi manufatti raggiungevano le zone dell’Appennino settentrionale grazie alla rete di scambi tra comunità stabilite in zone diverse dell’Italia.
La pianura veronese tra fiumi e valli
La pianura che degrada dolcemente da nord verso sud si distende tra il comparto prealpino e le Valli Grandi Veronesi.
Questa ha assunto la sua attuale conformazione al termine delle glaciazioni quando, con il ritiro dei ghiacciai, si depositarono grosse quantità di detriti che andarono a formare le colline moreniche nelle zone del Benaco.
Un altro elemento caratterizzante della pianura sono i fiumi: a partire da quelli di portata maggiore come l’Adige, passando per i torrenti che scendono dai Monti Lessini per arrivare alle risorgive presenti a sud di Verona e nella bassa veronese come il Tartaro, il Tione e il Menago (risorgive presenti a Bovolone, Castel d’Azzano…).
La loro presenza ha sempre provveduto al mantenimento di una ricca rete idrografica; essa rappresentava una grande risorsa per lo sviluppo di villaggi preistorici nella pianura veronese. I fiumi veronesi inoltre dalla Preistoria in avanti furono luoghi di vita e prosperità, navigabili per comunicare e commerciare con altre comunità.
L’età del rame
L’età del Rame in Italia è documentata intorno alla seconda metà del IV millennio a.C. e il III millennio a.C. In questo periodo l’uomo iniziò a sfruttare il rame per produrre i manufatti che prima realizzava in pietra e argilla, materiali non riutilizzabili a differenza del rame.
Il rame ebbe una diffusione graduale, in quanto a lungo si continuò a usare oggetti in selce; in quest’epoca l’uomo iniziò a sfruttare tutti i tipi di paesaggi presenti, stabilendosi in collina e nell’arco montano. Alle pratiche di agricoltura e allevamento si aggiunse la pastorizia, specialmente nei pascoli montani.
Ci fu un aumento considerevole della produzione dei prodotti derivati dall’allevamento come burro, latte e formaggio. Gli animali erano usati anche come forza lavoro durante la coltivazione dei campi o per trainare carri. Proprio a questo periodo risalgono i primi esempi di aratri e ruote di carri.
La necropoli di Nogarole
Una famosa necropoli risalente al periodo dell’età del Rame è stata rinvenuta a Nogarole Rocca durante gli scavi tra il dicembre 2017 e il febbraio 2019; essa si trovava lungo le sponde di un’antica valle fluviale. Qui sono presenti circa quaranta sepolture, di cui circa otto risalgono all’Età del Rame e 25 all’Età del Bronzo.
Le sepolture presenti erano di due tipi: ad inumazione om a cremazione. Questo testimonia la presenza di questi due riti di sepoltura nell’Italia settentrionale.
Tra i corredi spiccano elementi ornamentali tra i quali boccali, conchiglie e pietre decorate. Importanti anche i vasi offerti durante la celebrazione del rito funebre
Artigianato e sussistenza nel 2000 a.C.
I reperti dei siti dislocati sul territorio veronese ci permettono di avere una visione chiara di quali fossero le attività di sussistenza, dedicate al sostentamento e quelle artigianali finalizzate alla produzione e talvolta al commercio di manufatti quali armi, strumenti e ornamenti.
Per la prima volta viene documentata una nuova attività, ossia quella della pesca, grazie al ritrovamento di ami, arpioni e remi provenienti da Vallese di Oppeano.

Alle attività agricole rimandando i falcetti realizzati in legno e selce o bronzo.
La metallurgia in questa epoca assunse un ruolo sempre più predominante tra le attività artigianali.
Tra le altre attività artigianali spiccano la tessitura e la filatura, documentate attraverso aghi e spade da filatura provenienti sempre dagli scavi di Oppeano.
Una grande eredità del lavoro artigianale sono i numerosi elementi con funzione ornamentale di splendida fattura quali spilloni, fibule e pettini.
Le necropoli: Olmo di Nogara, Cellore d’Illasi e Valserà di Gazzo Veronese
Nell’Età del Bronzo antico (tra il 2100 a.C. e il 2600 a.C.) sono documentate alcuni elementi caratterizzanti i riti funerari, ossia l’uso di cavità naturali e dell’inumazione in fosse dei defunti.
Le tombe a fosse sono presenti in abbondanza nei siti di Arano di Cellore d’Illasi e di Valserà a Gazzo Veronese. Il primo dei due siti, il più esteso tra i due, contava circa 60 tombe di tipo singolo o doppio in alcuni casi.
I corredi delle sepolture di Cellore erano composti principalmente da gioielli e ornamenti di perle di conchiglia, pendagli in osso e, più raramente, in metallo.

Nella necropoli di Valserà sono stati rinvenuti due fermatrecce in oro, particolarmente pregiati.
Un’altra necropoli importante è quella di Olmo di Nogara, che dagli studi condotti sui reperti sembra essere riservata a cittadini di alto rango.
L’elemento più caratteristico, simbolo del loro status di guerrieri è appunto la spada. In particolare i modelli di spade qui ritrovati documentano contatti con le comunità dell’Europa centro orientale.
Talvolta oltre alla spada nel corredo si trovavano un pugnale e un elmo con borchie bronzee.
A volte si potevano trovare vasi di ceramica, simbolo dell’antica usanza del banchetto tra i principali capi delle tribù locali.
Nel corredo femminile si trovavano spesso oggetti ornamentali per le vesti quali spilloni di bronzo e collane d’ambra. Nei corredi infantili, i più spogli (talvolta non vi era alcun oggetto) si era soliti inserire pettini e pendagli realizzati in osso e in bronzo
Un caso particolare tra le sepolture femminili riguarda il ritrovamento nelle tombe di un pugnale, probabile segno dell’elevata posizione sociale della famiglia dei defunti in questione (tre bambini e una donna).
La necropoli di Bovolone
Durante l’ultima fase dell’Età del Bronzo nei territori veronesi erano ancora in uso le tecniche di inumazione e incinerazione, che divenne in seguito più diffusa.
Interessante notare come nei corredi di quest’epoca non siano presenti armi, mentre c’era grande abbondanza di spilloni di splendida fattura.
In particolare dalla grande necropoli di Bovolone, risalente all’Età del Bronzo medio, abbiamo ricevuto circa 200 sepolture, in gran parte a cremazione.
Visitando il museo di Verona e i suoi reperti ritrovati sul suolo veronese possiamo comprendere quanto fossero evolute le comunità di homo Sapiens che si sono succedute tra il Paleolitico e il Neolitico nella pianura Padana; in particolare possiamo osservare l’evoluzione socio-culturale che ha avuto luogo nel corso delle diverse età.
Se ti interessa questo argomento: https://ermesverona.it/2021/05/04/e-se–roma-non-ci-fosse-stata/