In Italia circa il 2,2% della popolazione è ipovedente e lo 0,3% è affetto da cecità completa. Questi numeri mostrano chiaramente quanto sia importante potersi fidare di un sistema internazionale di lettura e scrittura, e per questo il codice Braille può essere definito una delle più grandi invenzioni della storia. Offre infatti alle persone con disabilità un livello di qualità della vita che probabilmente non avrebbero mai potuto raggiungere senza di esso.
Il sistema, inventato da Louis Braille agli inizi dell’Ottocento, permette, attraverso una tavoletta con incisi simboli definiti e universalmente riconosciuti, a non vedenti e ipovedenti di poter scrivere e leggere i testi.
Il codice Braille è formato da lettere scritte in combinazioni di sei punti in una cella, disposte su tre o due linee verticali, ciascuna lettera rappresentata da uno o più punti. Anche la punteggiatura segue la stessa logica, con la combinazione dei sei punti in una sola cella. Ad oggi è possibile scrivere in Braille a mano (tramite punteruolo e tavoletta), attraverso apposite macchine o con speciali tastiere per computer che riproducono nei tasti la combinazione dei punti. In questo modo, al tatto, è possibile individuare la lettera corrispondente.
La storia

Louis Braille, cieco dall’età di tre anni, inventò il codice Braille agli inizi dell’Ottocento grazie all’incontro con il militare Charles Barbier de la Serre, nel 1821, il quale lo istruì su un metodo speciale per scrivere messaggi in rilievo, basato sui 12 punti usati dai militari per inviare messaggi di notte. Questo metodo lo ispirò a creare una barra Braille quando aveva solo 15 anni. Nei mesi successivi, Louis testò vari sistemi, combinando sei punti per trovare la soluzione perfetta. Questa combinazione è stata successivamente estesa alla matematica (Németh Braille) e alla musica (codice musicale Braille). Inizialmente, il codice sviluppato da Braille incontrò molte difficoltà, tra cui il rifiuto di alcuni insegnanti.
Il primo libro scritto in Braille fu pubblicato nel 1827, ma Louis, che morì di tubercolosi nel 1852 (più di vent’anni dopo la pubblicazione), non riuscì ad assistere al momento in cui il suo lavoro divenne un successo mondiale.