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“La Libertà che guida il popolo” di Delacroix, sulle Tre Gloriose Giornate del 1830 a Parigi

Partiamo con una breve premessa del contesto storico che portò allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. La nuova Europa disegnata dalla Rivoluzione Francese vive, dopo il 1789, alcuni decenni di pace. Si tratta però di una pace labile perché non si sono mai sopiti nelle varie potenze reconditi propositi di conquista, di rivincita o di supremazia. Seguono infatti anni di conflitti, l’impero di Napoleone Bonaparte e la restaurazione con il congresso di Vienna (1815), la nascita di nuove nazioni, tra cui l’Italia grazie alle sanguinose guerre d’indipendenza contro l’Austria, e ulteriori colonizzazioni da parte dei Paesi più potenti.

Nel vecchio continente alla fine del XIX secolo regna, dunque, una pace armata e agli inizi del Novecento la tensione va paurosamente crescendo, toccando livelli di sempre più difficile gestione: da ultimo l’assassinio, avvenuto a Sarajevo il 28 giugno 1914, dell’erede al trono austro-ungarico Francesco Ferdinando, innesca la miccia che porterà, di lì a poco, all’esplosione della Grande Guerra.

Opera dedicata all’assassinio di Francesco Ferdinando

L’anniversario

La nascita dell’impero tedesco, il primo Reich, nel 1871, porta la Germania ad uno sviluppo economico e tecnologico. La grande ricchezza che ne scaturisce induce Guglielmo II, salito al trono imperiale nel 1888, a maturare rinnovate ambizioni coloniali nel territorio africano e più. Anche per scoraggiare iniziative espansionistiche delle altre potenze – in particolare di quella britannica – dà avvio all’armamento di una gigantesca flotta da guerra; la Germania, fra l’altro, ha anche bisogno di tutelare il suo intenso traffico commerciale marittimo. Con tale iniziativa, però, ottiene l’effetto contrario perché la Gran Bretagna, da sempre detentrice della supremazia sui mari, allarmata da quanto avviene nell’impero tedesco, incrementa a sua volta il potenziamento della flotta e stringe alleanze precauzionali con Francia e Russia (Intesa). Guglielmo II, per non rimanere isolato, si allea a sua volta con l’Austria-Ungheria.

Francesco Giuseppe I

All’alleanza tra gli Imperi Centrali (tedesco ed austro-ungarico), nel 1914 si unisce quello Ottomano, in conflitto con la Russia.

L’assassinio di Sarajevo determina la “crisi di luglio”, l’inasprimento cioè dei rapporti fra Austria e Serbia, che indurrà Francesco Giuseppe I, marito di Sissi, alla dichiarazione di guerra alla Stato balcanico, dando così avvio ad un devastante effetto domino e scatenando la Prima Guerra Mondiale il 28 luglio del 1914. Nell’agosto 1914 la Russia e la Francia con le sue colonie si mobilitano in favore della Serbia ricevendo, di conseguenza, la dichiarazione di guerra da parte della Germania, alleata dell’Austria.

La prima azione di guerra si ha nell’agosto 1914 con l’invasione tedesca del Lussemburgo e del Belgio, Stati neutrali, ma passaggi obbligati per arrivare in Francia, che viene invasa riuscendo però ad evitare, con la battaglia della Marna, che il nemico giunga ad occupare Parigi.

La Gran Bretagna e i suoi dominion (Canada, Australia, Nuova Zelanda e Sudafrica) si vedono costretti ad entrare in guerra contro la Germania. Nello stesso mese di agosto anche il Giappone, alleato dell’Inghilterra ed interessato alle colonie tedesche in Cina, entra nel conflitto. Nel settembre è la volta della Turchia, alleata degli imperi centrali.

A questo punto gli schieramenti sono definiti: mancano soltanto l’Italia e gli USA, che si schiereranno a fianco dell’Intesa rispettivamente nel 1915 e nel 1917, e la Bulgaria che nel settembre 1915 affiancherà gli Imperi Centrali.

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Il ruolo dell’Italia

Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale l’Italia si trova alleata ad Austria e Germania in virtù del trattato risalente al 1882 che aveva dato vita alla Triplice Alleanza. Nel dichiarare guerra alla Serbia, però, l’Austria viola l’impegno di consultare preventivamente l’Italia, che si ritiene a quel punto svincolata dal patto e dichiara, il 3 agosto 1914, la propria neutralità. Il passo successivo è la sottoscrizione, il 26 aprile 1915, del Patto di Londra, un accordo segreto con l’Intesa la quale, in cambio dell’entrata in guerra dell’Italia le assicura, in caso di vittoria, le città di Trento e Trieste, ora in mano austriaca, insieme ad una serie di territori sull’Adriatico ed in Asia Minore. Il 24 maggio 1915, dunque, l’Italia entra in guerra affiancando le potenze dell’Intesa.

Le tappe del conflitto

Dopo alcuni successi iniziali degli imperi centrali, con l’occupazione del Lussemburgo e del Belgio e, il 6 novembre 1915, di Belgrado, e con l’avvio della micidiale guerra sottomarina tedesca contro le navi mercantili, inizia una fase di stallo: l’offensiva tedesca di Verdun, dal febbraio al luglio 1916 e la risposta dell’Intesa della Somme, da luglio a novembre 1916, si sono trasformate in guerre di trincea senza un sostanziale esito, a parte l’occupazione di Bucarest da parte degli austro-tedeschi nell’autunno dello stesso anno.

Nel novembre 1917, però, sul fronte italiano le forze austro-tedesche sfondano le linee a Caporetto, e su quello orientale la resistenza russa si va affievolendo in vista di una pace separata che i bolscevichi – che in seguito alla Rivoluzione di Ottobre hanno preso il potere demolendo il regime zarista – stanno concludendo con gli imperi centrali. Le guerre di posizione che si svolgono su tutti i fronti, intanto, mietono centinaia di migliaia di vittime. Dopo Caporetto, l’avanzata austro-tedesca viene però bloccata dalla durissima resistenza dell’esercito italiano sul Piave, mentre Francia e Gran Bretagna riscuotono successi sul fronte occidentale contro quelli che sono ormai colpi di coda delle forze nemiche, grazie anche all’intervento americano che, con il fenomenale potenziale bellico dei suoi centomila uomini, costituisce una forza d’urto irresistibile che accelera inesorabilmente la fine del conflitto.

Gli effetti

L’assurda e devastante guerra, che per la prima volta nella storia coinvolge circa 40 Paesi – oltre alle colonie tedesche, inglesi, francesi, italiane, portoghesi e belghe – assumendo connotati mondiali, anche in virtù dell’utilizzo di nuovi micidiali strumenti come mitragliatrici, mine a percussione, gas asfissianti, sommergibili e, soprattutto, aerei, nei quattro anni e tre mesi della sua durata provoca la spaventosa cifra, tra caduti e dispersi, di oltre 16 milioni di vittime tra i militari e 10 milioni tra i civili.

La partecipazione dell’Italia, che a Vittorio Veneto si è resa determinante per la conclusione vittoriosa del conflitto e che ha contribuito con 650.000 morti e 600.000 dispersi, assume peraltro – anche aldilà della molta retorica che è stata fatta in proposito – caratteri epici.

L’esultanza e la soddisfazione di Diaz e degli italiani, purtroppo, verranno presto mortificate da una profonda crisi economica conseguente ai costi della guerra e dal venir meno degli alleati agli impegni assunti nel Patto di Londra. Per l’Italia si parlerà di “vittoria mutilata” e presto maturerà la coscienza della “follia” di quel conflitto. Una consapevolezza che, purtroppo, non si tradurrà in saggezza: l’Italia, l’Europa e il mondo intero, dopo appena due decenni, si ritroveranno a rivivere quella follia.



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Amo il mio nome, dotato di una duplice sfaccettatura: dolce e affettuosa, ma, al contempo, forte e decisa. Mi chiamo Camilla e il mio carattere rispecchia questa duplicità. Amo scrivere e leggere romanzi, anche storici, perché possono farci vivere momenti di vita passata da non dimenticare. Però i libri fantasy e di fantascienza mi hanno aperto le ali della fantasia, portandomi a trovare sublime anche la più minuziosa descrizione. Amo l’aria aperta, vivere ciò che può essere vissuto, percepire il vento sulle guance e i raggi solari che si intrecciano alle ciglia. Mi piace l’attività fisica: da cinque anni pratico tennis, seppur la mia carriera sportiva nasca con la danza classica e la pallacanestro. Suono il pianoforte che, al pari di me, è dotato di note alte e basse, tasti bianchi e neri. Apprezzo tutte le materie nelle loro diversità: da quelle umanistiche centrate sul pensiero, la filosofia e l’animo umano fino a quelle scientifiche che con numeri e formule ci portano alla statistica, al concetto illuminista e alla ragione. Avere 15 anni vuol dire trovarsi nell’inquieta adolescenza, da attraversare e vivere cercando di trovare ogni giorno la sfaccettatura migliore.

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