Si propone una selezione di cinque letture imperdibili di alcuni degli autori più noti nel panorama della letteratura mondiale. Dalla fredda Pietroburgo di Dostoevskij, alla Francia elegante e vanitosa di Flaubert all’antica Roma di Ovidio. Un viaggio nel tempo, nelle città più famose e nella mente di scrittori di grande valore e ingegno.
Il sosia di Dostoevskij

Il “sosia” è il secondo romanzo dell’autore, dopo “Povera gente”, romanzo d’esordio di Dostoevskij. Il romanzo si concentra, quasi in maniera freudiana, sulla sfera interiore del protagonista e i suoi disagi psichici. L’obiettivo dell’autore è quello di mostrare, attraverso una sorta di flusso di coscienza, la progressiva ascesi verso la follia di un uomo disadattato, in rottura con se stesso, del primo uomo proveniente dal “sottosuolo”: Jakov Petrovic Goljàdkin. Il racconto si dipana lungo quattro giornate, in un inesorabile progressione di dubbi, paure, fraintendimenti e azioni insensate che porteranno Goljàdkin all’annientamento del suo sosia (il signor “Goljàdkin numero due”) e, infine, alla reclusione in una casa di cura.
Uno dei tanti temi indagati riguarda l’alienazione dell’uomo rispetto a una società, che avverte come indifferente alla sua condizione di disadattato. Goljàdkin sprofonda dapprima nella solitudine, poi nel delirio e infine nella vera pazzia, che lo vedrà lottare con un’altra versione di se stesso ed a compiere azioni che non ricorda.
Per gli amanti dei romanzi giocati sul tema del “doppio”, questo testo di Dostoevskij risulta imprescindibile e un punto di riferimento a cui attingere. I monologhi del protagonista sono saturi di un senso di frustrazione, inadeguatezza e fragilità, espresso dall’autore con impeccabile lucidità e filosofica maestria. Solitamente si teme Dostoevskij per la complessità di trame, significati e personaggi che si intersecano nel racconto con nomi russi impronunciabili; ma questo non è il caso, dal momento che si tratta di un testo breve e popolato da pochi personaggi, ma intenso significato. Una lettura che non può lasciare non soddisfatti.
Madame Bovary di Flaubert
La vicenda raccontata da Flaubert in “Madame Bovary” si svolge nella florida Francia ottocentesca. L’opera si apre sulla figura di un ufficiale sanitario abitante in una cittadina di provincia nella regione francese della Normandia, Charles Bovary. Di lui l’autore ci racconta le vicende che compongono la sua vita e le nozze con Emma Rouault, ovvero Madame Bovary.

Presto Emma avvertirà una forte contraddizione fra i suoi sogni letterari, maturati leggendo libri sentimentali, e la realtà mediocre in cui si trova catapultata. Inizia a covare un profondo malessere psicologico. Madame Bovary, per cercare di colmare il suo “vuoto”, trova sollievo, alle sue insofferenza, prima nell’acquisto compulsivo di oggetti di lusso che la indebiteranno, poi nei corteggiamenti del giovane studente di giurisprudenza, Léon Dupuis, e infine nell’ennesima relazione adulterina con Rodolphe Boulanger, che presto si stancherà di Emma e la abbandonerà. Ed ella, ormai, non trovando più una ragione per vivere deciderà di togliersi la vita.
Dopo la morte della moglie, Charles trova le lettere che Emma scambiava con Rodolphe e scopre così l’adulterio; questa rivelazione lo riempie di dolore fino a condurlo al suicidio, lasciando orfana la figlia. La bellezza di questo romanzo risiede nello stile di scrittura e nelle atmosfere create dall’abile ed elegante penna di Flaubert che si mostra, come sempre, attento alla cura della parola. L’autore ci presenta un’anti eroina, ovvero Madame Bovary che è forse la protagonista più fastidiosa e sgradevole di tutta la letteratura, ma proprio per tale caratteristica si è spinti a leggere questo capolavoro. Madame Bovary ci insegna quanto le apparenze e le mode siano vane (soprattutto nella società ottocentesca), nocive e ci indica il baratro a cui può condurci un malessere esistenziale e un’eterna insoddisfazione.
Le Heroides di Ovidio

Le “Heroides” di Ovidio (lett. “Le Eroine”) è un testo composto da ventuno lettere inventate dallo stesso Ovidio, il quale si immedesima in toto nelle protagoniste femminili dei miti tradizionali. Ovidio cerca di empatizzare con tutte quelle donne che, nella tradizione mitica, sono state: violate, tradite, abbandonate o deluse dall’altra parte come Medea, Arianna, Fedra, Didone e molte altre ancora che lamentano, di sovente, la mancanza di tatto della sfera maschile, mostrando la loro ira, delusione, rancore e il proprio sconforto in quegli scritti. Le prime quindici sono epistole prive di una risposta, mentre le altre sei rappresentano una corrispondenza, per esempio quella tra Elena a Paride e viceversa o quella tra Aconzio e Cidippe.
Ovidio parla, attraverso la voce e la psicologia delle donne (come aveva fatto anche Euripide). Si crea una sorta di catalogo dei sentimenti femminili, che Ovidio immagina siano stati provati dalle donne del mito. Da qui ne deriva la modernissima concezione della donna ovidiana, che stupisce ogni lettore, considerando il fatto che Ovidio era vissuto in un’epoca ove il ruolo della donna era in netto subordine a quello dell’uomo. Ovidio instaura una profonda relazione con la sua opera ed è sempre consapevole dell’illusione e della finzione che crea. Lo scopo è meravigliare e stupire il pubblico dotto della sua epoca. Ovidio ritiene fondamentale creare poesia originale e che venga ricordata non come un genere particolare, ma come la mescolanza di vari generi al fine di inventarne di nuovi.
Lo straniero di Camus
Albert Camus fu uno dei grandi scrittori e pensatori del Novecento. Viene comunemente collocato all’interno della cerchia “dell’Esistenzialismo ateo francese” insieme a intellettuali del calibro di Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir.

“Lo straniero” di Camus narra le vicende di un uomo originario di Algeri, di nome Meursault. Egli è un giovane e un modesto impiegato; si tratta di un personaggio apatico, inetto e totalmente indifferente alla vita. Inoltre, nel personaggio, creato da Camus, emergono forti analogie con il protagonista del “Sogno di un uomo ridicolo” di Dostoevskij. L’atonia di Meursault si palesa fin da subito, in particolare, dopo aver ricevuto un telegramma dall’ospizio, nel quale gli viene comunicata la morte di sua madre. Il protagonista nell’udire la notizia destabilizzante reagisce in modo impassibile, pronunciando uno degli incipit più iconici e noti di tutta la storia della letteratura mondiale: «Oggi è morta mia mamma. O forse ieri, non so». In questa affermazione è contenuta tutta l’essenza del romanzo e le intenzioni dell’autore. Il protagonista non versa nemmeno una lacrima al funerale della madre e vive il dramma del momento come se fosse un sogno, intervallato solo dal caldo afoso, dalla fame e dalla stanchezza che lo assalgono. In questo romanzo, a catturare la nostra attenzione è, in particolare, l’affanno che prova il protagonista nei confronti del caldo estivo tipico della sua terra e l’enorme difficoltà nel gestire il suo sonno.
L’indifferenza e il sentirsi straniero nel proprio mondo, sono i tratti distintivi del protagonista, descritto da Camus. Meursault è un uomo visibilmente spoglio dai sentimenti e nella sua anestesia emotiva, nessun coinvolgimento emozionale può travolgerlo. Egli guarda sempre da lontano, ma senza mai partecipare; è straniero per se stesso e anche agli occhi altrui. È lo spettatore della sua stessa vita. È straniero nella sua terra e a Parigi, così come è straniero nella sua casa, tra la sua gente e nel mondo.
«Avevo vissuto in un modo e avrei potuto vivere in un altro. Avevo fatto questo e non avevo fatto quello. Non avevo fatto quella cosa ma avevo fatto quest’altra. E dopo? [..] in fondo, che m’importava della morte degli altri, dell’amore di una madre, che m’importava delle vite che si scelgono, dei destini che si eleggono, se poi era un unico destino a eleggere me e con me miliardi di privilegiati che si dicevano miei fratelli. Capiva, lo capiva adesso? Tutti erano privilegiati. C’erano solo privilegiati. Un giorno anche gli altri sarebbero stati condannati. Anche lui sarebbe stato condannato. Che importava se, accusato di omicidio, fosse stato giustiziato per non aver pianto al funerale della madre?».
Ciò che Camus vuole trasmetterci con questo suo breve capolavoro, è che siamo tutti stranieri fra stranieri. Egli, fin da giovane, è stato capace di vedere ciò che gli altri non riuscivano a vedere o percepire; Camus comprende quanto l’uomo sia alieno a se stesso e al contempo come riesca a non risultarne annichilito dall’eventuale presa di coscienza di tale situazione.
Guerra e Pace di Tolstoj
Si conclude questo elenco di illuminanti letture, inserendo il capolavoro “Guerra e pace” di Lev Tolstoj. Questo romanzo è una pietra miliare della letteratura russa. Si tratta di una lettura imprescindibile, che ha come obiettivo quello di portare l’attenzione su un dilemma eterno: il mistero insolubile dell’unione di libertà e necessità, che si sintetizza nella sfida fra coscienza e ragione. Leggere Tolstoj è sempre un’impresa titanica, che richiede molto tempo per via della mole di pagine non indifferente, ma tutto ciò ci viene sempre ben ricompensato per la qualità di quello che l’autore ci sta tramandando. Tale romanzo, come può essere intuibile dalle dimensioni, non tratta esclusivamente il concetto di storia, guerra, pace, libertà ma narra anche dinamiche familiari controverse.

Il romanzo si basa sulla dicotomia che intercorre tra il concetto di “guerra” e quello di “pace”, come da titolo, e che non è da intendere come un contrasto tra il “bene” e il “male”. A tal proposito, il romanzo si presta a essere “suddiviso” in due parti: la prima parte narra di fatti realmente accaduti e che vengono riportati dall’autore in maniera cronachistica, sullo scenario delle guerre napoleoniche. Invece, la seconda parte si raccontano le vicende private delle tre famiglie protagoniste, i cui destini si intrecciano, ma anche nel modo della “pace” non tutto è positivo, così come rileva Pietro Citati, all’interno del saggio “Tolstoj”; infatti il mondo è fatto di apparenze, ipocrisie e il male opera in maniera subdola. Il bene e il male sono difficili da discernere e (già lo aveva insegnato Euripide con le sue tragedie) e in periodo di guerra, così come nei periodi di pace, c’è sempre il buono e il cattivo, l’inganno e il tradimento, le malelingue e i matrimoni d’interesse. Tolstoj vuole trasmettere, attraverso un nuovo punto di vista, il fatto che non necessariamente l’idea di “pace” debba corrispondere e avere come suo significato il “bene”.